Numero: 262
Data: 1275
Luogo: Minobu
Destinatario: Destinatario sconosciuto

Sovrani della terra degli dèi

A un’attenta analisi, vediamo che il Giappone è chiamato anche Mizuho-no-kuni [Paese delle fresche piante di riso], Yamato1, Akitsushima [Isola delle Libellule] e Fuso [Albero del sole]. Esso è composto di sessantasei province e due isole, per un totale di sessantotto province. Da est a ovest si estende per oltre tremila ri e da nord a sud ha una lunghezza imprecisata.

Fra le varie province vi sono le cinque province intorno alla capitale e quelle che compongono le sette circoscrizioni o regioni periferiche.

Le cinque province intorno alla capitale sono: Yamashiro, Yamato, Kawachi, Izumi e Settsu. Le sette circoscrizioni sono costituite dalle quindici province del Tokaido, dalle otto province del Tosando, dalle sette province dell’Hokurikudo, dalle otto province del San’indo, dalle otto province del San’yodo, dalle sei province del Nankaido e dalle undici province del Saikaido, chiamato anche Chinzei o Dazaifu2. Queste sono le province del paese.

Passando adesso ai sovrani del paese, vediamo che nell’epoca degli dèi vi furono dodici regni, sette delle divinità celesti e cinque delle divinità terrene. La prima delle sette divinità celesti fu Kuni-no-tokotachi-no-mikoto e la settima fu una coppia, formata da Izanagi-no-mikoto, il marito, e Izanami-no-mikoto, la moglie. La prima delle cinque divinità terrene fu Amaterasu Omikami, la Dea del Sole del Grande santuario di Ise, figlia delle divinità Izanagi e Izanami. La quinta delle cinque divinità terrene fu Hiko-nagisa-takeugaya-fukiaezu-no-mikoto. Egli era il figlio della quarta divinità terrena, Hiko-hohodemi-no-mikoto; sua madre era la figlia di un drago. Questi sono i cinque regni delle divinità terrene, che, insieme ai regni precedenti, formano i dodici regni dell’epoca degli dèi.

Per quanto riguarda i sovrani umani, ci furono forse un centinaio di regni. Il primo dei sovrani umani fu l’imperatore Jimmu, figlio di Hiko-nagisa. Tralasciando gli altri, si giunge al quattordicesimo sovrano, l’imperatore Chuai (padre di Hachiman), il quindicesimo sovrano, l’imperatrice Jingu (madre di Hachiman), e il sedicesimo sovrano, l’imperatore Ojin, figlio di Chuai e Jingu, ora noto come Grande Bodhisattva Hachiman. Proseguendo nella linea di discendenza si giunge al ventinovesimo sovrano, l’imperatore Senka. Fino a quel momento, anche se l’insegnamento del Budda esisteva già in India e in Cina, non era ancora stato introdotto in Giappone.

Il trentesimo sovrano, l’imperatore Kimmei, era il figlio e l’erede del ventisettesimo sovrano, l’imperatore Keitai; egli regnò per trentadue anni. Il tredicesimo giorno (segno ciclico kanoto-tori) del decimo mese del tredicesimo anno del suo regno (anno con segno ciclico mizunoe-saru [552]), il re Syo˘ngmyo˘ng, sovrano del regno di Paekche, offrì alla corte giapponese una statua di bronzo dorato del Budda Shakyamuni. Essa è l’immagine ora nota in tutto il Giappone a tutte le persone, di alta o bassa condizione sociale, come Budda Amida.

Nel documento che la accompagnava era scritto: «Il vostro servo ha udito che, di tutte le diecimila dottrine, la migliore è quella del Budda. Negli affari mondani la dottrina del Budda è di gran lunga superiore. Anche la Vostra Maestà imperiale dovrebbe praticarla. Perciò, con tutto il dovuto rispetto, ho affidato al mio inviato questa immagine buddista, che vi offro insieme alle sacre scritture e ai maestri buddisti. Esorto Vostra Maestà a prender fede in essi».

Tuttavia, durante i trent’anni e più in cui regnarono gli imperatori Kimmei, Bidatsu e Yomei, il Buddismo non fu venerato. Fra le varie cose che accaddero in quel periodo vi furono strani e insoliti fenomeni nei cieli e sulla terra, assai simili a quelli di oggi, anche se quelli attuali sono molto peggiori.

Dal tempo del trentatreesimo sovrano, l’imperatore Sushun, il Buddismo cominciò a essere onorato dal popolo, e al tempo del trentaquattresimo sovrano, l’imperatrice Suiko, ebbe una grande fioritura.

In quel periodo furono introdotte per la prima volta le scuole dei Tre trattati e dell’Affermazione della verità. La scuola dei Tre trattati fu la prima scuola di dottrina mahayana ad apparire in India, Cina e Giappone e dunque si può definire la progenitrice di tutte le scuole buddiste.

Nel regno del trentaseiesimo sovrano, l’imperatrice Kogyoku, fu introdotta la scuola Zen, e in quello del quarantesimo sovrano, l’imperatore Temmu, la scuola delle Caratteristiche dei dharma. Nel regno del quarantaquattresimo sovrano, l’imperatrice Gensho, fu portato per la prima volta in Giappone il Sutra di Mahavairochana, e nel regno del quarantacinquesimo sovrano, l’imperatore Shomu, si diffuse ampiamente la scuola della Ghirlanda di fiori. Nel regno del quarantaseiesimo sovrano, l’imperatrice Koken, furono introdotte le scuole dei Precetti e del Loto, ma dei loro insegnamenti, solo quelli dei Precetti furono ampiamente propagati, mentre quelli della scuola Tendai Loto non lo furono.

Nel regno del cinquantesimo sovrano [l’imperatore Kammu], visse un santo di nome Saicho che scelse la scuola del Loto e, su tale base, criticò gli insegnamenti delle sei scuole del Tesoro dell’Abhidharma, dell’Affermazione della verità, dei Precetti, delle Caratteristiche dei dharma, dei Tre trattati e della Ghirlanda di fiori. In più, avendo appreso dell’esistenza della scuola Mahavairochana3 in Cina, vi si recò, e là apprese gli insegnamenti delle quattro scuole chiamate scuola del Loto, della Vera parola, Zen e dei Precetti mahayana. Al suo ritorno in Giappone però non propagò gli insegnamenti della scuola Zen, ma solo quelli delle scuole del Loto e dei Precetti.

Egli cancellò la parola “scuola” della denominazione “scuola della Vera parola”, ma permise ai preti dei sette maggiori templi di Nara di partecipare alla cerimonia di unzione della Vera parola. La gente di allora però, non essendo a conoscenza dei fatti, era convinta che in Cina Saicho avesse studiato approfonditamente la scuola del Loto, ma che non conoscesse bene le dottrine della scuola della Vera parola.

Durante lo stesso regno [dell’imperatore Kammu], un prete di nome Kukai si recò in Cina e vi studiò gli insegnamenti della Vera parola. Tuttavia non ritornò in Giappone durante il regno dell’imperatore Kammu, bensì nel regno successivo, quello del cinquantunesimo sovrano, l’imperatore Heizei. Al tempo del cinquantaduesimo sovrano, l’imperatore Saga, il diciannovesimo giorno del primo mese del quattordicesimo anno dell’era Konin [823], anno con segno ciclico mizunoto-i, a Kukai venne offerto il tempio To come luogo di pratica per la scuola della Vera parola e il tempio ricevette il nome Gokoku Kyo’o-in [Tempio per la difesa del paese attraverso il re delle dottrine]4. Fu un anno dopo la morte del Gran Maestro Dengyo.

Nel regno del cinquantaquattresimo sovrano, l’imperatore Nimmyo, il Reverendo Ennin andò in Cina a studiare gli insegnamenti delle scuole del Loto e della Vera parola e li riportò in Giappone. Nel regno del cinquantacinquesimo sovrano, l’imperatore Montoku, durante le ere Ninju e Saiko [851-57], Ennin scrisse il Commentario al Sutra della Corona di diamanti e il Breve commentario al Sutra Susiddhikara, in tutto quattordici volumi, che insieme al Commentario al Sutra di Mahavairochana [di Shan-wu-wei] costituiscono i tre testi fondamentali della scuola della Vera parola. Fondò anche il tempio Soji sul monte Hiei per la propagazione degli insegnamenti della scuola della Vera parola, che ebbe inizio sul monte Hiei in quel tempo.

Quindi, poiché la propagazione della scuola della Vera parola era stata autorizzata sul monte Hiei, Ennin, che ne era diventato il capo dei preti, studiò e insegnò entrambe le dottrine, del Loto e della Vera parola. Tuttavia, poiché dichiarò che «la scuola del Loto è paragonabile alla luna, mentre la scuola della Vera parola è paragonabile al sole», molte persone ne dedussero che la scuola della Vera parola fosse in qualche misura superiore. Ma, visto che lo stesso capo dei preti studiava e insegnava entrambe le dottrine, la maggior parte dei preti del Monte Hiei fece lo stesso.

Durante lo stesso regno, un uomo chiamato Reverendo Enchin si recò in Cina e vi studiò sia la scuola del Loto sia quella della Vera parola. Tornò in Giappone nel secondo anno dell’era Ten’an [858] del regno dell’imperatore Montoku.

Quest’uomo, mentre era in Giappone, non solo aveva accuratamente studiato sia gli insegnamenti del Loto sia quelli della Vera parola sotto Gishin, il primo capo dei preti del Monte Hiei, sotto Encho, il secondo capo dei preti, sotto il Sovrintendente Kojo e sotto il terzo capo dei preti, Ennin e altri, ma aveva anche studiato le dottrine della Vera parola del tempio To. In Cina finì di approfondire la sua conoscenza degli insegnamenti del Loto e della Vera parola. Egli è l’uomo che adesso è ritenuto il fondatore degli insegnamenti del Loto e della Vera parola del lignaggio del tempio Onjo, cioè il Gran Maestro Chisho.

Quello che ho delineato è un resoconto dei quattro grandi maestri [Saicho, il Gran Maestro Dengyo; Kukai, il Gran Maestro Kobo; Ennin, il Gran Maestro Jikaku; Enchin, il Gran Maestro Chisho].

Complessivamente in Giappone ci sono otto rami nella scuola della Vera parola. I cinque rami legati al tempio To considerano loro fondatore il Gran Maestro Kobo e i tre rami legati alla scuola Tendai considerano loro fondatore il Gran Maestro Jikaku.

L’ottantunesimo sovrano fu l’imperatore Antoku. Suo padre era il figlio maggiore dell’ex imperatore Takakura; sua madre era Kenreimon’in, la figlia del Gran ministro dello Stato [Taira no Kiyomori]. Il ventiquattresimo giorno del terzo mese del primo anno dell’era Genryaku [1184]5, anno con segno ciclico kinoto-mi, il sovrano perse la vita sul mare al largo dell’isola di Yashima. Fu attaccato dalle forze dello Shogun Minamoto no Yoritomo e costretto a diventare cibo per i pesci.

L’ottantaduesimo sovrano [l’imperatore Gotoba] in seguito fu chiamato ex imperatore di Oki. Era il terzo figlio dell’imperatore Takakura e ascese al trono nel primo anno dell’era Bunji [1185]6, segno ciclico hinoe-uma.

L’ottantatreesimo sovrano [imperatore Tsuchimikado], che era il figlio maggiore dell’ex imperatore di Oki, fu chiamato in seguito ex imperatore di Awa. Ascese al trono nel secondo anno dell’era Kennin [1202]7.

L’ottantaquattresimo sovrano [imperatore Juntoku], chiamato poi ex imperatore di Sado, era il secondo figlio8 dell’ex imperatore di Oki. Ascese al trono il ventiseiesimo giorno del secondo mese del terzo anno dell’era Jokyu [1221], segno ciclico kanoto-mi. Nel settimo mese dello stesso anno fu esiliato sull’isola di Sado.

Questi tre sovrani, il padre e i figli, ovvero l’ottantaduesimo, l’ottantatreesimo e l’ottantaquattresimo sovrano, furono tutti attaccati da Hojo Yoshitoki, che era al servizio del generale della Destra [Minamoto no Yoritomo] a Kamakura.

Adesso io Nichiren vorrei sollevare la seguente questione assai importante. L’essere chiamato il Budda è il sovrano del triplice mondo, il maestro, il sovrano e il genitore del grande re celeste Brahma, del re demone del sesto cielo, di Shakra, degli dèi del sole e della luna, dei quattro re celesti, dei re saggi che mettono in moto la ruota e di tutti gli altri re. Tutti i sovrani del triplice mondo sono stati assegnati a una certa zona e hanno ricevuto uno specifico territorio da questo Budda Shakyamuni e, grazie a lui, sono diventati sovrani di queste terre. Perciò Brahma, Shakra e gli altri foggiano tutti statue lignee e dipinti del Budda e gli tributano rispetto.

Se, anche per un istante, dovessero voltargli le spalle, allora l’Elevata Terrazza9 sulla quale si erge Brahma crollerebbe, il palazzo di Shakra, Gioia per gli Occhi10, si sgretolerebbe e le corone dei re che mettono in moto la ruota cadrebbero al suolo.

Allo stesso modo, gli esseri chiamati dèi sono onorati e riveriti in quanto incarnazioni viventi dei sovrani defunti delle varie terre. Per i re e gli abitanti di queste terre essi sono come genitori, sovrani e maestri, e se anche per un istante si rivoltassero contro di loro, non ci sarebbe più pace e sicurezza nel paese. Ma, fintanto che saranno onorati, al paese saranno risparmiate le tre calamità e i sette disastri, i suoi abitanti non saranno afflitti da malattie, bensì godranno di lunga vita e, nelle esistenze future, rinasceranno nei regni umano e celeste come seguaci dei tre veicoli o come Budda.

Il nostro paese è il supremo nell’intero continente di Jambudvipa, è superiore all’India e alla Cina, è superiore a tutte le altre ottantaquattromila terre! Dico questo perché, secondo Cronache delle regioni occidentali, anche se in India gli insegnamenti del Budda prevalgono in circa settanta e più stati, gli altri stati sono interamente devoti a credenze non buddiste.

I templi buddisti della Cina sono 108.040, ma i templi nel nostro paese sono 171.037. Come dimensioni il nostro paese, paragonato all’India o alla Cina, non è più grande dell’isola di Oshima di Izu, paragonata al Giappone nel suo complesso. Eppure, per numero di templi, supera di gran lunga sia l’India sia la Cina. Inoltre, in quei paesi alcune terre sono devote agli insegnamenti mahayana, altre a quelli hinayana, e anche quelle che aderiscono agli insegnamenti mahayana seguono gli insegnamenti mahayana provvisori. Qui in Giappone ogni tempio comunque studia l’una o l’altra delle otto o delle dieci scuole di Buddismo, e ogni famiglia e ogni casata legge e recita le scritture mahayana. In India e in Cina solo una persona su mille segue gli insegnamenti buddisti, ma nel nostro paese non c’è nemmeno una persona che segua insegnamenti non buddisti.

Inoltre i nostri dèi comprendono: primo, la Dea del Sole; secondo, il Grande Bodhisattva Hachiman; terzo, il Re della Montagna11 e le altre divinità dei tremila e più santuari. Essi proteggono il nostro paese giorno e notte; mattina e sera vegliano su di esso. Inoltre la Dea del Sole è venerata nel palazzo imperiale dove la sua forma si riflette nel sacro specchio conservato nei quartieri delle dame di corte12, mentre si dice che il grande Bodhisattva Hachiman, avendo abbandonato il suo sacro santuario, risieda adesso sul capo del sovrano del paese.

Ma se il paese gode della protezione del Budda e della vigilanza degli dèi, perché allora i suoi sovrani, come l’imperatore Antoku, l’ex imperatore di Oki, l’ex imperatore di Awa e l’ex imperatore di Sado, sono stati attaccati da quelli che per generazioni erano stati loro sudditi, e perché hanno incontrato la morte o patito l’esilio in terre lontane, o sono diventati spiriti malvagi, o sono caduti in un grande inferno?

Quando viene eseguita anche la più piccola cerimonia buddista sul Monte Hiei, nei sette maggiori templi di Nara, al To-ji, all’Onjo-ji o in uno qualsiasi dei 171.037 templi e monasteri sulla montagna del paese del Giappone, in ogni caso si offrono preghiere per “la continuazione del cielo, la durata della terra e la pace e il benessere della persona dell’imperatore”. Inoltre il Grande Bodhisattva Hachiman formulò specificamente il grande voto di proteggere e difendere i sovrani supremi. Così, nel regno del quarantottesimo sovrano entrò nella persona dell’imperatrice Takano13 e annunciò: «Nel nostro paese sin dall’inizio del tempo nessun suddito è mai stato in grado di assurgere alla posizione di sovrano. Coloro che ascendono al trono imperiale devono invariabilmente appartenere alla linea di discendenza della Dea del Sole». Inoltre, quella grande divinità14 dichiarò attraverso la persona del prete Gyokyo15: «Faccio voto di proteggere e difendere cento sovrani».

Ne consegue dunque che i cento sovrani, a partire dall’imperatore Jimmu in poi, non avrebbero mai dovuto subire alcun danno alla loro imperiale persona, indipendentemente da qualsiasi accadimento, e nessuno doveva riuscire mai a spodestarli.

Si dice che un bodhisattva destinato a succedere a un Budda in una esistenza futura non avrà mai vita breve16 e che un santo non morirà mai prematuramente. Come mai allora questi quattro sovrani che ho citato non solo sono stati scacciati dal trono e hanno perso il loro regno, ma sono stati anche costretti a perdere la vita in mare o a essere esiliati su una qualche isola? Forse la Dea del Sole non è entrata nella persona dell’imperatore? Cosa ne è stato del voto del Grande Bodhisattva Hachiman di proteggere cento sovrani?

Si dovrebbe poi osservare che, nel regno dell’imperatore Antoku, il capo dei preti del tempio Enryaku sul monte Hiei, Myoun, era considerato il maestro di tutto il paese. Il Gran ministro dello stato e tutti i membri della sua famiglia sottoposero una petizione al capo dei preti in cui si diceva: «Come il tempio Kofuku è il tempio del clan Fujiwara e come [la divinità del] santuario di Kasuga è la divinità del clan Fujiwara, così noi chiediamo che il tempio Enryaku sia scelto come tempio del clan Taira e [la divinità del] santuario di Hie sia nominata divinità dei Taira».

A quel tempo presso il Monte Hiei il capo dei preti Myoun e i tremila preti della sua assemblea eseguirono la grande cerimonia dei cinque altari17.

Tutti i diversi rami del clan Taira, a partire dal Gran ministro dello stato in giù, tributarono rispetto alla dharani dell’Onorata Vittoriosa18 e al re di saggezza Inamovibile, vennero presentate offerte ai vari templi e monasteri di montagna e non si lasciò intentata alcuna grande cerimonia o rituale segreto [degli insegnamenti della Vera parola].

Nuovamente, all’epoca del tumulto di Jokyu, Jien, il capo dei preti della scuola Tendai, il prelato del tempio Ninna e i preti di alto rango dell’Onjo-ji e di altri templi si unirono per condurre ogni sorta di grandi cerimonie e riti segreti giunti in Giappone. Nel terzo anno dell’era Jokyu [1221], segno ciclico kanoto-mi, il diciannovesimo giorno del quarto mese, furono eseguite quindici cerimonie.

Il capo dei preti della scuola Tendai condusse la cerimonia della ruota d’oro di un unico carattere19. Il secondo giorno del quinto mese il prelato del tempio Ninna eseguì la cerimonia del re di saggezza Bramoso secondo il metodo del gioiello che esaudisce i desideri20, al palazzo Shishinden. E, nell’ottavo giorno del sesto mese, il prelato condusse la cerimonia del Sutra della Protezione21. Le suddette cerimonie furono svolte da quarantuno fra i preti più rinomati. Era la seconda volta che in Giappone si svolgevano queste quindici importanti cerimonie.

L’amministratore incaricato [Hojo Yoshitoki] non era a conoscenza di queste cerimonie religiose e tantomeno ne eseguì qualcuna per ottenere la sconfitta dei suoi avversari. In realtà, anche se lo avesse fatto non sarebbe riuscito a eguagliare gli elaborati riti dei suoi avversari, né a competere con loro per numero di persone coinvolte.

Da un lato vi era il potere dei rituali buddisti e l’autorità di cui è investito il re, il sovrano del paese, protetto e difeso dai vari re del triplice mondo. Dall’altra vi era un suddito del paese del Giappone, a malapena vegliato da qualche spirito di bassa lega, la cui famiglia nei vari regni successivi era sempre stata fedelmente sottomessa al sovrano e, per generazioni e generazioni, aveva servito il clan Minamoto. Se chi detiene l’autorità del re dovesse attaccare uno dei suoi sudditi, sarebbe come se un falco cacciasse un fagiano, un gatto divorasse un topo, un serpente ingoiasse una rana, un leone massacrasse un coniglio. Perché dovrebbe affannarsi tanto a invocare gli dèi del cielo e quelli della terra o a stupire i Budda e i bodhisattva? Quando il leone, re degli animali, cattura un coniglio, ha forse bisogno di sforzarsi tanto? Quando un falco divora un fagiano, deve forse pregare per riuscire a farlo? Un potente re non ha bisogno di alcuna preghiera, ma può uccidere i suoi sudditi facilmente come una grande acqua spegne un piccolo fuoco e un grande vento scaccia una piccola nuvola.

Ma, come a voler aggiungere legna secca a un fuoco già ruggente, o una forte pioggia a un fiume già in piena, al potere rivestito dal sovrano fu aggiunto quello di queste grandi cerimonie, come se si volesse far strappare la forza vitale e lo spirito di Minamoto no Yoritomo e di Hojo Yoshitoki dagli dèi Brahma e Shakra. Era come attaccare qualcuno che è già ubriaco di vino d’annata, o come se un serpente togliesse la vita a un ranocchio. Le vite, i nomi e cognomi di Yoritomo e Yoshitoki furono iscritti su carta, e si pregò affinché gli onorati e gli dèi li calpestassero sotto i loro piedi. Di certo doveva essere più che sufficiente ad assicurarne la distruzione!

Perché allora, dopo nemmeno un anno, nemmeno un mese, a dire il vero, addirittura in un giorno o due, l’esercito imperiale fu sconfitto? Coloro che regnano nei paesi in cui prevalgono le dottrine buddiste dovrebbero riflettere attentamente sulla questione e, se tengono al destino che li attende nelle esistenze future, dovrebbero fare attenzione al tipo di preghiere che offrono.

Io, Nichiren, mi sono arrovellato sull’argomento sin da quando ero giovane; ho studiato sia gli insegnamenti essoterici sia quelli esoterici, ho esaminato tutti i sutra delle varie scuole, qualche volta seguendo la guida di altri, qualche volta svolgendo ricerche personali, e alla fine ne ho compreso la ragione.

Per esaminare il proprio volto basta guardare in uno specchio limpido e, per capire l’ascesa e la caduta delle fortune di un paese, non c’è specchio più rivelatore degli insegnamenti buddisti.

Esaminando i vari sutra mahayana come il Sutra dei Re benevolenti, il Sutra della Luce dorata, il Sutra dei Sovrani, il Sutra della Protezione, il Sutra del Nirvana e il Sutra del Loto, si può vedere che ci sono casi in cui, aderendo agli insegnamenti buddisti, un paese prospera e il popolo gode di lunga vita, e altri in cui, pur aderendo agli insegnamenti buddisti, il paese va in rovina e la vita delle persone si accorcia. È come il caso dell’acqua che può far galleggiare una barca, ma può anche capovolgerla, o come i cinque tipi di cereali che a volte nutrono la vita umana e a volte la danneggiano.

Piccole onde e una leggera brezza difficilmente potranno recare danno a una grande nave, ma onde alte e forti venti possono facilmente capovolgere una barchetta. Allo stesso modo, irregolarità di poco conto nella conduzione degli affari mondani da parte del sovrano saranno come piccole onde o una leggera brezza, e potranno fare ben poco male a un grande paese o a un grand’uomo. Ma gli errori nell’applicazione degli insegnamenti buddisti saranno come onde alte e forti venti che rovesciano una barchetta, e potranno senz’altro condurre alla distruzione del paese.

Il Budda predisse che dopo la sua morte, nell’ultima epoca che sarebbe seguita, ci sarebbero stati insegnamenti malvagi e persone malvagie che avrebbero distrutto il paese. Ma, se avessero cercato di distruggere anche l’insegnamento buddista, non ci sarebbero mai riusciti.

Anche se si usassero tutte le erbe e gli alberi di un sistema maggiore di mondi come combustibile per bruciare il monte Sumeru, non si riuscirebbe mai a distruggerlo. Ma, quando giunge il kalpa del declino, anche una fiamma non più grande di un fagiolo di soia si svilupperà ai piedi del monte Sumeru e lo brucerà completamente. Lo stesso vale, disse il Budda, per gli insegnamenti buddisti.

Essi non saranno distrutti dalle persone malvagie, dai maestri non buddisti, dal demone celeste Papiyas o dai possessori dei cinque poteri sovrannaturali. Saranno invece coloro che sembrano Budda o arhat in possesso dei sei poteri sovrannaturali, i monaci che osservano i precetti, avvolgendosi il corpo nelle tre vesti ammesse dalla disciplina monastica e tenendo riverentemente davanti agli occhi la ciotola per le elemosine, i monaci di alto rango la cui fama è come un grande vento che travolge l’erba e gli alberi, saranno questi individui che distruggeranno il corretto insegnamento del Budda.

Il Budda predisse che, quando sarà giunto il tempo, Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna e i quattro re celesti, furibondi per questi eventi, provocheranno grandi cambiamenti nel cielo e prodigi sulla terra a titolo di ammonimento. E, se questi ammonimenti non saranno ascoltati, faranno in modo che nel paese scoppino i sette disastri. Genitori e fratelli, sovrano e sudditi, e tutta la massa delle persone comuni, si attaccheranno furiosamente l’un l’altro e, come il gufo che divora la propria madre o la bestia hakei che uccide il proprio padre, causeranno la rovina del loro stesso paese che alla fine sarà assalito dai paesi nemici.

Adesso io, Nichiren, uso i sacri insegnamenti della vita del Budda come specchio luminoso nel quale osservare la situazione di questo paese del Giappone. E questo specchio rivela che, senza alcun dubbio, qui vi sono persone che sono nemiche del paese e nemiche del Budda.

Fra i sacri insegnamenti della vita del Budda, il Sutra del Loto non è soltanto uno specchio luminoso, è uno specchio divino. Uno specchio di bronzo rifletterà la forma di una persona, ma non la sua mente. Il Sutra del Loto rivela non soltanto la forma esteriore, ma anche la mente. E non rivela soltanto la mente, ma riflette anche le sue azioni passate e future, senza la minima omissione.

Il settimo volume del Sutra del Loto afferma: «Dopo l’estinzione del Tathagata, questa persona conoscerà i sutra predicati dal Budda, le loro cause e condizioni, la sequenza corretta, e li predicherà fedelmente in accordo con i princìpi. Come la luce del sole e della luna può fugare oscurità e tenebre, così questa persona, mentre passa nel mondo, può liberare gli esseri viventi dall’oscurità»22.

Questo passo significa che chi intende esporre anche una sola parola o frase del Sutra del Loto deve comprendere con molta chiarezza la profondità relativa dei vari sacri insegnamenti della vita del Budda e la loro sequenza corretta. È come un calendario per i 360 giorni dell’anno: se c’è un errore nella numerazione anche di un solo giorno, tutti gli altri giorni nel calendario saranno fuori posto. O come le trentuno sillabe che compongono una poesia: se c’è anche una sola parola o sillaba fuori posto, le trentuno sillabe non formeranno una poesia.

Allo stesso modo, anche se qualcuno legge e recita solo un sutra, se è confuso o si sbaglia riguardo alla sequenza nella quale i sutra furono predicati, a partire da quello esposto sul luogo dell’illuminazione del Budda per finire con quello predicato nei suoi ultimi momenti quando giaceva sotto gli alberi di sal, se quella persona non comprende la loro profondità relativa, allora, anche se non ha commesso nessuno dei cinque peccati capitali, cadrà nell’inferno di incessante sofferenza e i credenti laici che si affidano alla sua guida cadranno anch’essi nella grande fortezza dell’inferno Avichi.

Ancor peggiore dunque sarà la situazione quando sulla scena apparirà un uomo saggio che comprende pienamente i meriti relativi e la profondità dei vari sacri insegnamenti della vita del Budda. In quel tempo certi preti, tramandando le dottrine confuse ed errate che hanno ereditato dai fondatori delle rispettive scuole, diventeranno maestri del paese o maestri di importanti famiglie e, seccati all’idea che i loro sotterfugi siano portati alla luce o che gli altri possano disprezzarli, cercheranno di calunniare il suddetto uomo saggio presso il governante del paese, o di indurre gli altri a parlar male di lui. Quando ciò accadrà, gli dèi celesti che proteggono e difendono il paese faranno piovere la devastazione su di esso, come un forte vento che spezza le fragili foglie del banano zoge, o grandi onde che capovolgono una piccola imbarcazione.

Il Sutra degli Innumerevoli significati, nominando i sutra e il periodo nel quale furono predicati, spiega chiaramente che tutti i sutra esposti, dal primo sermone del Budda sul luogo dell’illuminazione fino all’epoca dei sutra della Saggezza, sono opere nelle quali il Budda “non aveva ancora rivelato la verità”.

Il Sutra del Nirvana fu l’ultimo a essere esposto dal Budda. Come il Sutra degli Innumerevoli significati, esso spiega che, dei vari insegnamenti esposti dal Budda durante i cinquant’anni successivi alla sua illuminazione, quelli predicati nei primi quarant’anni e più sono sutra che contengono visioni errate, e chiama invece il Sutra del Loto il suo signore e sovrano.

Nel Sutra del Loto stesso, il Budda Shakyamuni afferma esplicitamente che quello del Loto è il supremo fra tutti i sutra che egli ha predicato, che ora predica e che predicherà23. E il Budda Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni avvalorarono questa dichiarazione con la loro testimonianza prima di fare ritorno alle proprie terre d’origine.

In India i ventiquattro successori degli insegnamenti di Shakyamuni si limitarono a propagare le dottrine hinayana o mahayana provvisorie e non esposero i veri princìpi del Sutra del Loto. E in Giappone, anche se ci furono persone come il Bodhisattva Gyoki24 o il Reverendo Ganjin, che conoscevano i princìpi del Sutra del Loto, non li propagarono.

In Cina i maestri a capo delle dieci scuole buddiste della Cina settentrionale e meridionale25 dentro di loro non avevano realmente compreso la superiorità o l’inferiorità relativa dei vari insegnamenti buddisti, e nel predicarli si confusero riguardo a quali fossero veramente profondi. Allo stesso modo, Chi-tsang della scuola dei Tre trattati, Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori e Tz’u-en della scuola delle Caratteristiche dei dharma erano confusi nella propria mente e perciò predicavano in maniera distorta. Poiché la loro aspirazione alla via era salda, alla fine misero da parte fama e reputazione per aderire ai princìpi esposti da T’ien-t’ai. Ma è impossibile sapere se il potere del loro pentimento fu sufficiente a liberarli dalle sofferenze di nascita e morte o se invece il loro pentimento fu troppo leggero rispetto al peso dell’offesa alla Legge e alla fine, come il re Ajatashatru o l’Erudito Vimalamitra, caddero nell’inferno.

Tutti i maestri della Vera parola concordano nell’affermare che i tre maestri del Tripitaka Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung erano quinti o sesti nella linea di successione del Tathagata Mahavairochana e che essi sono i maestri fondamentali del conseguimento della Buddità nella propria forma presente. Ma io, Nichiren, ho l’ardire di dichiarare che essi furono i fondatori del lignaggio di coloro che rubano la Legge, i maestri fondamentali dei ladri!

Quando essi giunsero in Cina dall’India portarono con sé i sutra di Mahavairochana, della Corona di diamanti e Susiddhikara. Questi sutra non solo sono inferiori a quelli della Ghirlanda di fiori, della Saggezza e del Nirvana, ma, in confronto al Sutra del Loto, sono sette volte inferiori! Per rendersi palesemente conto che è proprio così basta guardare i testi dei sutra stessi.

Ma, quando questi uomini arrivarono in Cina e videro i trenta volumi del Gran Maestro T’ien-t’ai, come Grande concentrazione e visione profonda e altre opere, ne rimasero sconvolti e cominciarono a scervellarsi perché avevano capito che, se non fossero riusciti a eguagliare un tale livello di eccellenza, difficilmente potevano ambire a propagare i sutra che avevano portato e, se avessero affermato che questi sutra erano superiori, sarebbe stata una palese bugia.

Così, riflettendo sul da farsi, decisero di mettere in atto un enorme inganno. Presero i trentuno capitoli del Sutra di Mahavairochana e li collocarono a fianco dei ventotto capitoli del Sutra del Loto e ai tre capitoli del Sutra degli Innumerevoli significati. Affermarono quindi che il Sutra di Mahavairochana e quello del Loto erano uguali in quanto entrambi contenevano uno dei tre misteri del corpo, della bocca e della mente, vale a dire il mistero della mente. Ma fecero notare che il Sutra di Mahavairochana conteneva anche le mudra, che esprimono il mistero del corpo, e i mantra che esprimono il mistero della bocca. Perciò dissero che il Sutra del Loto esprime la verità in forma abbreviata, mentre il Sutra di Mahavairochana la esprime in forma più ampia ed estesa.

[E riferendosi alla frase del Budda che «Tra quelli che ho predicato, che ora predico e che predicherò, questo Sutra del Loto è il più difficile da credere e il più difficile da comprendere»] essi dichiararono che il Sutra di Mahavairochana non appartiene alla categoria dei sutra “che ho predicato” o a quelli “che adesso predico” o “che predicherò”, equiparandolo così al Sutra del Loto e superando le difficoltà sollevate dalla frase del Budda sulle tre categorie di sutra. Poi essi fecero notare che il Sutra di Mahavairochana, a differenza di quello del Loto, contiene mudra e mantra, e usarono questo fatto per disprezzare il Sutra del Loto; fu sulla base di queste asserzioni che fondarono la scuola della Vera parola.

Possono essere paragonati alle tre donne dei tempi antichi26 che diventarono consorti reali e determinarono la caduta dei tre sovrani. Questo intende il nono volume del Sutra del Nirvana, un’opera che riguarda la propagazione del Sutra del Loto, quando predice che dopo la morte del Budda monaci malvagi cercheranno di distruggere la Legge corretta e che essi saranno paragonabili a certe donne27.

Per questa ragione, a un certo punto il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei fu legato con sette corde di ferro e trascinato davanti a Yama, il signore dell’inferno. Quella volta riuscì a malapena a fare ritorno alla terra dei vivi; tuttavia, quando morì una seconda volta, si narra che la pelle del suo corpo diventò nera e tutte le ossa vennero in superficie, il che indicava che sarebbe caduto nell’inferno di incessante sofferenza. Infatti, come spiegano i sacri insegnamenti della vita del Budda, se dopo la morte la pelle diventa nera, significa che la persona cadrà nell’inferno.

Da ciò si può esser certi che Chin-­kang-chih e Pu-k’ung subirono un simile destino. Anche se apparentemente rinunciarono ai loro precedenti insegnamenti e ammisero il loro errore, evidentemente il loro pentimento non fu veramente profondo o sincero. Ma i maestri della Vera parola dei nostri giorni sembrano non sapere niente di queste cose. Quanto detto serve a spiegare anche perché il regno dell’imperatore Hsüan-tsung della dinasta T’ang fece una fine tanto sfortunata.

In Giappone Kobo, Jikaku e Chisho studiarono e trasmisero questa offesa alla Legge senza rendersene conto e senza che altri lo sospettassero. Per un certo periodo i membri della scuola [Tendai] Loto dibatterono con loro sull’argomento, ma poi la scuola Tendai gradualmente decadde e, nel periodo di Myoun – il cinquantacinquesimo capo dei preti del Monte Hiei, in carica durante il regno dell’ottantunesimo sovrano, l’imperatore Antoku, e anche in seguito – il Monte Hiei si dedicò interamente agli insegnamenti della scuola della Vera parola.

Il sessantunesimo capo dei preti, l’Amministratore incaricato del clero Kenshin, dopo essersi assicurato il titolo di capo dei preti della scuola Tendai, non solo passò alla scuola della Vera parola, ma in seguito abbandonò anche le dottrine del Sutra del Loto e della Vera parola e divenne un discepolo di Honen, i cui insegnamenti sono totalmente offensivi nei confronti della Legge.

L’eminente Amministratore del clero Jien, che condusse le preghiere per la sconfitta dell’esercito Hojo all’epoca del tumulto di Jokyu, ricoprì la carica di capo dei preti del Monte Hiei per quattro volte, come sessantaduesimo, sessantacinquesimo, sessantanovesimo e settantunesimo capo dei preti, e fu il maestro religioso dell’ex imperatore di Oki.

Tutti questi uomini, uno dopo l’altro, furono come recipienti che ricevettero l’acqua della saggezza degli insegnamenti della Vera parola esposti dai maestri del Tripitaka Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung, e da Jikaku, Chisho e gli altri. In più, appropriandosi del titolo di capo dei preti della scuola Tendai, assunsero il controllo di tutti i luoghi dedicati al Sutra del Loto, diventarono capi dei tremila preti del Monte Hiei e, di fatto, i maestri religiosi del paese. Seguendo gli insegnamenti della Vera parola che sono fondati sul Sutra di Mahavairochana e sono sette volte inferiori al Sutra del Loto, essi credevano di essere otto volte superiori. Uomini del genere scambiano il cielo per la terra, il popolo per il sovrano. Non solo credono che le pietre siano gioielli, ma, quando si trovano davanti ai gioielli, li chiamano pietre.

Persone del genere non soltanto sono nemici mortali del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, del Budda Molti Tesori e dei Budda delle dieci direzioni, ma strappano gli occhi a tutti gli esseri viventi, chiudono le porte che conducono ai tre buoni sentieri e aprono quelle che portano ai tre cattivi sentieri. Perché mai Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna, i quattro re celesti e le altre divinità celesti e divinità benevolenti, non dovrebbero scagliare punizioni su di loro? Perché dovrebbero proteggere e difendere i credenti laici che onorano queste persone? Perché la Dea del Sole, che dimora nei quartieri delle donne del palazzo imperiale, o il Grande Bodhisattva Hachiman, che fece voto di proteggere e difendere cento sovrani, dovrebbero tener fede al loro voto di proteggere il paese?

Sin dal momento in cui ho compreso la ragione di ciò che stava accadendo, ho provato pietà e compassione, e ho esposto le cose senza mezzi termini a tutti i miei seguaci in grado di ricevere questo tipo di spiegazioni; così queste conoscenze si sono gradualmente diffuse fino a giungere all’orecchio del sovrano del paese. Il sovrano dovrebbe essere amico della ragione e nemico dell’errore, ma a volte sembra prestare orecchio alle calunnie degli altri e mettere da parte i consigli che io solo gli do.

In Cina il Gran Maestro T’ien-t’ai era odiato dai preti delle scuole buddiste del nord e del sud, ma, poiché godeva dei favori dei due sovrani delle dinastie Ch’en e Sui, non dovette affrontare una diffusa opposizione da parte degli altri.

Qui in Giappone, il Gran Maestro Dengyo fu denigrato dai capi dei sette maggiori templi di Nara, ma, poiché il suo consiglio fu ascoltato dai tre sovrani, gli imperatori Kammu, Heizei e Saga, coloro che lo odiavano non riuscirono a fargli del male.

Adesso io, Nichiren, non solo subisco l’ostilità dei preti dei 171.037 templi del Giappone, ma anche il sovrano del paese si rifiuta di ascoltare i miei consigli, e così la gente comune mi odia più intensamente di quanto farebbe con l’avversario dei loro genitori, più ferocemente di un mortale nemico. Di conseguenza per due volte sono stato mandato in esilio in una remota località e una volta sono stato quasi decapitato. L’ostilità che incontro è maggiore di quella che colpiva il monaco Pratica Universale nell’Ultimo giorno della Legge del Budda Grande Ornamento, quando lui solo si opponeva agli altri quattro monaci e a un’assemblea di sessantotto centinaia di migliaia di milioni di nayuta di persone; è una situazione peggiore di quella del monaco Radice di Gioia che nell’Ultimo giorno della Legge del Budda Re Ruggito del Leone fu attaccato dal monaco Intento Superiore con i suoi innumerevoli discepoli. Il monaco Realizzazione di Virtù fu bersagliato di attacchi e il Bodhisattva Mai Sprezzante fu colpito con verghe e bastoni. Ma c’era un limite a ciò che erano chiamati a sopportare, e non credo che le loro prove siano state maggiori delle mie.

Se per una remota possibilità dovesse essere vero che io, Nichiren, sono il devoto del Sutra del Loto, allora nella prossima esistenza le persone del Giappone sono destinate all’inferno di incessante sofferenza. E nell’esistenza presente vedranno il loro paese sconfitto e conquistato dagli invasori di un altro paese come accadde agli imperatori cinesi Hui-tsung e Ch’in-tsung, e come si dice che sia accaduto ai re indiani Udayana e Krita. E gli altri abitanti del paese saranno di certo colpiti dalla lebbra bianca, dalla lebbra nera o da altre gravi malattie.

Tuttavia, se ciò non accadrà, significa che io, Nichiren, non sono il devoto del Sutra del Loto e allora sarò io a soffrire in questa esistenza di lebbra bianca, di lebbra nera o di altre gravi malattie, e nella prossima cadrò nella grande fortezza dell’inferno di incessante sofferenza come Devadatta e Kokalika.

Quando un demone asura scagliò frecce contro il sole e la luna, esse si rivoltarono a mezz’aria e gli perforarono l’occhio. Al cane che abbaia al leone, re degli animali, verranno lacerate le viscere28. Il re Virudhaka, che uccise membri degli Shakya, la tribù del Budda, fu ingoiato da un grande incendio in mezzo a un fiume. Devadatta, che ferì il Budda e ne versò il sangue, fu arso vivo dalle fiamme dell’inferno Avichi. Moriya, che bruciò la statua di bronzo dorato del Budda Shakyamuni, fu abbattuto dalle frecce dei quattro re celesti. Il prete laico Taira no Kiyomori, che incendiò i templi Todai e Kofuku, fu colpito nella stessa esistenza da una malattia che bruciò il suo corpo29.

Tutte queste persone avevano commesso offese gravi che però sono ancora piccole in confronto a ciò che è stato fatto a Nichiren. Se per quelle piccole offese subirono un simile destino, quali punizioni immediate devono aspettarsi coloro che hanno commesso la grave offesa [di perseguitare Nichiren]?

Mi rallegra il pensiero che, confidando in ciò che è scritto nel sutra, io sto vivendo nel quinto periodo di cinquecento anni, nel quale dovremmo assistere all’ampia propagazione del Sutra del Loto. Ma mi addolora che questo sia il periodo in cui “dispute e conflitti sorgeranno”30 e il nostro paese seguirà il sentiero degli asura [cioè della collera e dello scontro].

Il prete laico Taira no Kiyomori e Minamoto no Yoritomo, rispettivamente i capi dei clan Taira e Minamoto, dapprima si combatterono l’un l’altro come cani e scimmie31. Poiché i Taira attaccarono Yoritomo, un uomo di condizione inferiore e di poca fortuna, alla fine l’intero clan del prete laico, i nemici giurati dei Minamoto, fu distrutto. E, come se non bastasse, il sovrano, l’imperatore Antoku che non aveva alcuna colpa, annegò fatalmente nel mare occidentale; una cosa davvero pietosa.

E io, Nichiren, l’inviato del Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, del Budda Molti Tesori e dei Budda delle dieci direzioni, pur non avendo commesso il benché minimo reato secolare, non solo sono stato costretto ad affrontare l’ostilità dell’intero popolo del paese, ma sono anche stato condannato per due volte all’esilio e messo alla berlina per le strade di Kamakura in pieno giorno come se fossi un nemico dello stato.

In un’altra occasione il piccolo rifugio in cui vivevo, dov’era collocata come oggetto di culto una statua del Budda Shakyamuni e dove conservavo i testi dei vari sutra, fu attaccato e distrutto, e la statua e i volumi furono non soltanto calpestati, ma anche gettati nel fango e nella spazzatura. Un rotolo del Sutra del Loto, che mi ero posto sul petto sotto la veste, mi è stato strappato e con esso mi hanno spietatamente colpito alla testa. Questi orrendi crimini non furono compiuti a causa dell’antico odio nei miei confronti o per via di qualche colpa che avessi recentemente commesso, ma unicamente perché ho propagato gli insegnamenti del Sutra del Loto.

Nichiren, con il viso rivolto al cielo, pronuncia le seguenti parole: esaminando il capitolo “Introduzione” del Sutra del Loto, vedo che Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna, i quattro re celesti, i re draghi e gli asura, i vari esseri dei due mondi e degli otto gruppi, e gli dèi di innumerevoli varie terre si radunarono [sul Picco dell’Aquila]. E quando udirono il Budda dichiarare che il Sutra del Loto è il supremo fra tutti i sutra che egli ha predicato, che ora predica e che predicherà, fecero voto che anch’essi come il ragazzo delle Montagne Nevose avrebbero offerto i loro corpi, e come il Bodhisattva Re della Medicina sarebbero stati pronti a bruciarsi le braccia per servire il Budda. A quel tempo, quando il Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, alla presenza del Budda Molti Tesori e dei Budda delle dieci direzioni, esortò ciascuno di loro dicendo: «Ora, al cospetto del Budda, si faccia innanzi e pronunci il suo voto!»32, i membri delle tre assemblee nei due luoghi, come sospinti da un vento favorevole dissero all’unisono, a voce alta: «Porteremo rispettosamente a compimento tutte queste cose, secondo il volere dell’Onorato dal Mondo»33.

Ma cosa ne è stato adesso di quel voto? In presenza del Budda il voto era stato pronunciato spontaneamente. Ma, da quando il Budda Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni hanno fatto ritorno alle loro terre d’origine e il Budda Shakyamuni si è estinto, è passato molto tempo e adesso, anche se in quest’ultima epoca e in questo lontano paese c’è un devoto del Sutra del Loto, sembra che Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna e gli altri abbiano dimenticato il loro voto e non proteggano, né difendano il devoto.

Se è così, non mi resta che sospirare tristemente. Sin dall’inizio, ho dovuto subire queste tribolazioni, come un fagiano davanti ai falchi, come una rana di fronte a un serpente, un topo davanti a un gatto o una scimmia di fronte ai cani. Il nostro è un mondo di sogno e forse sono stato semplicemente ingannato dal Budda, dai bodhisattva e dagli dèi celesti.

Ma la cosa che mi rende più triste è il pensiero che se Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna, i quattro re celesti e gli altri dovessero abbandonare il devoto del Sutra del Loto che recita Nam-myoho-renge-kyo adesso che si trova in grande difficoltà, nella loro esistenza presente essi perderanno la condizione di esseri celesti, che era frutto delle imprese passate, e, come petali investiti da un tornado o pioggia che cade dal cielo, precipiteranno nel grande inferno di incessante sofferenza, come il sutra predice: «Allorché la sua vita giungerà al termine, egli cadrà nell’inferno Avichi»34. Questo mi sembra veramente pietoso.

E anche se quegli esseri dovessero appellarsi all’aiuto di tutti i Budda delle tre esistenze e delle dieci direzioni, pretendendo di non saperne nulla, io li riterrò gravemente responsabili. E a meno che il Budda non manchi totalmente di obiettività nei loro confronti, so che condannerà Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna e i quattro re celesti alla grande fortezza dell’inferno d’incessante sofferenza. Se temono il mio sguardo, allora si affrettino ad adempiere il voto che hanno formulato alla presenza del Budda. La bocca di Nichiren [testo mancante].

Ho ricevuto una cassa d’orzo, due kan di monete, una borsa di alghe wakame e una di alghe kachime. Ho ricevuto anche un sacchetto di riso bollito essiccato e uno di riso essiccato. Dovrei scriverti di più per ringraziarti della tua gentilezza, ma ho già scritto molto riguardo a vari insegnamenti buddisti importanti e mi fermerò qui. Questi sono argomenti della massima rilevanza e quindi non farne parola ad altri che non siano seguaci di Nichiren.

Cenni Storici

Nichiren Daishonin scrisse quest’opera a Minobu nel 1275. Non si sa con esattezza a chi fosse indirizzata. Il Daishonin inizia elencando i vari nomi delle zone del Giappone, delle varie province, regioni periferiche e isole che lo compongono. Egli fa poi notare che il Giappone è sempre stato considerato una “terra degli dèi”, un paese protetto da un gran numero di divinità tutelari. Egli afferma che, quando il Buddismo fu trasmesso in Giappone, questo divenne il primo, tra gli ottantamila paesi di cui si riteneva fosse composto Jambudvipa, in termini di protezione da parte degli dèi e dei Budda.

Ma il Daishonin solleva la questione della caduta del clan regnante Taira e della morte per annegamento dell’imperatore Antoku (1178-1185), il cui nonno materno era Taira no Kiyomori, capo del clan Taira e Gran ministro dello stato. Ciò accadde nonostante tutte le preghiere degli eminenti preti della dottrina della Vera parola per la vittoria dei Taira sui Minamoto.

Il Daishonin cita poi il tumulto di Jo-kyu, un evento che prende il nome dall’era Jokyu (1219-1222) in cui avvenne. Fu un tentativo dell’ex imperatore Gotoba di sovvertire lo shogunato di Kamakura, creato dal clan Minamoto, e che all’epoca del tumulto era governato dal clan Hojo. Il colpo di stato fu subito soffocato dalle forze di Hojo Yoshitoki, e Gotoba insieme ad altri due cospiratori, Juntoku e Tsuchimikado, entrambi ex imperatori, furono esiliati rispettivamente sull’isola di Oki, sull’isola di Sado e nella provincia di Tosa (che poi divenne la provincia di Awa nello Shikoku). L’imperatore Chukyo, un figlio di Juntoku, fu detronizzato dopo meno di ottanta giorni di regno. Il Daishonin afferma che questi sovrani avevano tutti fatto affidamento sulle preghiere dei preti della Vera parola, affinché i loro nemici fossero sconfitti.

Come mai quei sovrani, che avrebbero dovuto godere della protezione degli dèi e dei Budda, ebbero un destino così avverso nonostante le preghiere di quei preti eminenti? Il Daishonin, che era nato un anno dopo il tumulto di Jokyu, ebbe esperienza diretta della costernazione generale che suscitò per molti anni quell’evento senza precedenti. Fin da quando era bambino egli aveva cercato di comprenderne la causa fondamentale, ed era giunto alla conclusione che consistesse nell’avere riposto fede in insegnamenti buddisti erronei e nell’essersi opposti al corretto insegnamento del Sutra del Loto. Il Daishonin mette in luce che la caduta del clan Taira e l’esilio degli ex imperatori costituiscono la retribuzione per avere offerto preghiere basate sulle dottrine errate della Vera parola.

Da tempo il Daishonin insisteva affinché il popolo giapponese e il reggente dello shogunato di Kamakura abbandonassero le dottrine della Vera parola e altre dottrine distorte, e prendessero fede nel Sutra del Loto. Ma né il reggente né il popolo gli avevano prestato ascolto e, anzi, avevano risposto attaccandolo e perseguitandolo. Infine, il Daishonin rimprovera severamente i vari dèi e divinità, ammonendoli di adempiere il voto, da loro formulato al cospetto del Budda, di proteggere il devoto del Sutra del Loto.


Note
1. Antico nome della prefettura di Nara, usato in seguito per indicare l’intero Giappone. Le origini e il significato di tale nome non sono chiari.
2. Le undici province del Saikaido sono l’attuale Kyushu, la più meridionale delle isole maggiori che formano il Giappone. Il termine “Dazaifu” si riferisce originariamente alla sede locale del governo nel Kyushu, istituita a scopo difensivo e per regolamentare gli scambi commerciali con la Cina. Nell’attuale contesto si riferisce alle undici province del Saikaido.
3. Per “scuola Mahavairochana” il Daishonin intende la scuola della Vera parola, che riverisce il Budda Mahavairochana.
4. Il Gokoku Kyo’o-in è di solito chiamato Kyo’o Gokoku-in.
5. In realtà l’imperatore Antoku morì nel terzo mese del secondo (e non del primo) anno dell’era Genryaku, che corrisponde all’anno con segno ciclico kinoto-mi, o 1185. Nello stesso anno il nome dell’era cambiò da Genryaku a Bunji. Dunque il primo anno dell’era Bunji, nel quale secondo il Daishonin l’imperatore Gotoba ascese al trono, è sempre il 1185.
6. In realtà l’imperatore Gotoba ascese al trono nell’ottavo mese del 1183, mentre vi era ancora l’imperatore Antoku. Quindi, i due imperatori coesistettero in carica, ma, nel terzo mese del 1185, l’imperatore Antoku morì; si può supporre che per questo motivo il Daishonin scrisse che l’imperatore Gotoba successe al trono dopo la morte di Antoku, nel 1185.
7. In realtà l’imperatore Tsuchimikado successe al trono nel 1198, ma il Daishonin probabilmente utilizzò fonti che datavano l’evento nel 1202.
8. In realtà il terzo figlio.
9. Dimora del dio Brahma, situata nel Cielo dell’Aiutante di Brahma, uno dei diciotto cieli del mondo della forma.
10. Dimora del dio Shakra, situata sulla cima del monte Sumeru.
11. La divinità guardiana dell’Enryaku-ji sul monte Hiei, il tempio principale della scuola Tendai, che è anche il dio al quale è dedicato il santuario di Hie, ai piedi del monte Hiei.
12. I quartieri delle dame di corte in giapponese sono chiamati Naishidokoro. “Naishidokoro” in origine era il palazzo nel quale era collocato lo specchio sacro, uno dei tre sacri tesori della corte imperiale. Lo specchio era custodito dalle dame di corte del rango di naishi. In seguito il nome “Naishidokoro” passò a indicare lo specchio stesso.
13. Altro nome del quarantaseiesimo sovrano, l’imperatrice Koken, che abdicò, ma in seguito salì nuovamente al trono come quarantottesimo sovrano, col nome di imperatrice Shotoku.
14. Qui “grande divinità” indica il Bodhisattva Hachiman.
15. Eminente prete del nono secolo che costruì il santuario Iwashimizu Hachiman in quella che attualmente è la prefettura di Kyoto.
16. Un bodhisattva di questo genere è Maitreya, del quale si dice che sarà il futuro successore del Budda Shakyamuni.
17. Cerimonia degli insegnamenti esoterici dedicata ai cinque grandi re di saggezza, o cinque divinità: Inamovibile, Conquistatore del Triplice Mondo, Kundali, Grande Virtù Maestosa, e Yaksha di Diamante. In questa cerimonia si adoravano le effigi dei cinque re di saggezza poste su cinque altari.
18. Dharani dell’Onorata Vittoriosa: dharani che rappresenta i benefici dell’Onorata Vittoriosa Sommità del Capo del Budda, che è considerata la più elevata fra le varie deificazioni della sommità del capo del Budda.
19. Cerimonia degli insegnamenti esoterici dedicata a un onorato di nome Ruota d’Oro di un Unico Carattere, una deificazione della sommità del capo del Budda.
20. Cerimonia degli insegnamenti esoterici dedicata al re di saggezza Bramoso, che si svolgeva secondo una procedura cerimoniale chiamata rituale del gioiello che esaudisce i desideri.
21. Cerimonia basata sul Sutra della Protezione, il cui titolo completo è Sutra della Dharani per la protezione del sovrano del paese.
22. Il Sutra del Loto, cap. 21, p. 377.
23. «Tra quelli che ho predicato, che ora predico e che predicherò, questo Sutra del Loto è il più difficile da credere e il più difficile da comprendere» (Ibidem, cap. 10, p. 235).
24. Prete del tempio Yakushi a Nara. Nel 745 Gyoki fu nominato amministratore generale del clero. Per i suoi contributi al bene pubblico, godeva di grande rispetto e venerazione ed era chiamato Bodhisattva Gyoki.
25. Vedi tre scuole della Cina meridionale e sette scuole della Cina settentrionale nel Glossario.
26. Mo Hsi, Ta Chi e Pao Ssu, considerati in Cina esempi classici di donne malvagie. Erano le favorite rispettivamente del re Chieh della dinastia Hsia, del re Chou della dinastia Yin e del re Yu della dinastia Chou, e si dice che per causa loro questi uomini governarono in maniera pessima, dilapidando il patrimonio dello stato.
27. Le donne cui accenna il Sutra del Nirvana erano lattaie che allungavano con acqua il latte che vendevano.
28. Fonte sconosciuta.
29. Secondo la Storia degli Heike che narra l’ascesa e il declino del clan Taira, Kiyomori morì a causa di una febbre altissima nel secondo mese intercalare del 1181, soltanto pochi mesi dopo aver bruciato quei templi.
30. Sutra della Grande raccolta.
31. In giapponese l’espressione “cani e scimmie” ha lo stesso significato dell’espressione italiana “cani e gatti”.
32. Il Sutra del Loto, cap. 11, p. 251.
33. Ibidem, cap. 22, p. 382.
34. Ibidem, cap. 3, p. 126.