Nel secondo volume del Sutra del Loto si dice: «Allorché la sua vita giungerà al termine egli cadrà nell’inferno Avichi »1.
“Avichi” è una parola che viene dall’India. In Cina e in Giappone si chiama “incessante sofferenza”. I caratteri cinesi per “incessante” letteralmente significano “senza tregua”.
Fra i 136 inferni, 135 hanno qualche momento di tregua. Anche se per ventiquattro ore c’è un calore ardente, poi viene un po’ di fresco. Anche se è comunque duro da sopportare, ogni tanto c’è un momento in cui smette.
Questo inferno di incessante sofferenza è così chiamato perché in ogni ora del giorno si patisce una grande sofferenza, che non cessa mai, nemmeno per un istante. Questo inferno si trova nelle viscere della terra in cui abitiamo, alla massima profondità di più di ventimila yojana.
Al mondo è normale che le cose più leggere stiano sopra e quelle più pesanti sotto. L’acqua sta sopra la terra perché è più leggera, e il fuoco brucia sopra l’acqua perché è più leggero di quest’ultima. Il vento soffia sopra il fuoco perché è più leggero del fuoco, e il cielo si estende sopra il vento perché è più leggero del vento.
Anche gli esseri umani sono composti di questi quattro elementi. [Dopo la morte] le persone malvagie perdono dapprima il vento e il fuoco, ma conservano la terra e l’acqua. Così la loro pesantezza quando muoiono è un segno che cadranno nell’inferno.
Le persone buone perdono prima la terra e l’acqua, ma conservano il vento e il fuoco. Poiché gli elementi pesanti svaniscono e quelli leggeri rimangono, i loro corpi, quando muoiono, sono leggeri e ciò è un segno che rinasceranno nel regno degli esseri umani o celesti.
La natura dell’inferno è tale per cui gli esseri più pesanti si trovano nell’inferno di incessante sofferenza. Esso è lungo ventimila yojana e largo altrettanto. E la sua circonferenza nelle otto direzioni è di ottantamila yojana.
Il corpo di ogni essere che cade in questo inferno diventa immenso, il suo contorno misura ottantamila yojana. E questo accade ai numerosi abitanti di quest’inferno.
I corpi di questi abitanti sono morbidi come il cotone e le fiamme ardono intensamente come quando soffia un forte vento o si cerca di rendere incandescente il ferro. Un più attento esame rivela che le fiamme che erompono dai corpi degli abitanti dell’inferno sono tredici. Due scaturiscono dalle gambe e perforano la testa. Altre due saltano fuori dalla testa e trafiggono i piedi. Altre due fiamme trapassano la schiena e fuoriescono dal petto. Altre due penetrano nel petto ed escono dalla schiena. Altre due penetrano dal fianco sinistro ed escono dal destro. Altre due penetrano dal destro per uscire dal sinistro. E una fiamma gira tutto intorno al loro corpo, a partire dalla testa, come una nuvola che avvolge una montagna.
I corpi dei colpevoli che si trovano in questo inferno bruciano fra le fiamme come erba secca. Ovunque essi corrano, a est, a ovest, a nord o a sud, non c’è rifugio.
Ma lasciamo da parte per il momento le altre sofferenze. Per adesso ho descritto solo la sofferenza delle grandi fiamme. Se il Budda avesse esposto dettagliatamente le enormi sofferenze di questo grande inferno, noi esseri viventi saremmo sicuramente morti al solo udirle. Per questa ragione pare che il Budda si sia astenuto dal fornire ulteriori dettagli.
Ognuna delle 4.589.658 persone del Giappone attuale cadrà sicuramente in quest’inferno di sofferenza incessante. Però, nemmeno una di loro pensa che ciò le accadrà. Ugualmente, prima del quinto mese di questo quarto anno di Koan [1281] nemmeno una, fra tutte le persone del Giappone, di alta o bassa condizione, pensava che avremmo subito un attacco da parte dei mongoli. In tutto il Giappone solo Nichiren sapeva in anticipo che ciò sarebbe sicuramente accaduto nel nostro paese e ammonì che in quell’occasione tutte le 4.589.658 persone del Giappone, senza eccezione, avrebbero subito l’attacco di un altro paese.
Quella grande sofferenza, dissi, sarà paragonabile a ciò che accade quando si versa dell’acqua in un tegame, poi si aggiunge una miriade di pesciolini e si fanno cuocere su un fuoco di rami secchi.
Quando lo dissi la gente gridò: «Costui è pericoloso, è maledetto! Picchiatelo, cacciatelo dalla sua casa, esiliatelo, uccidetelo, confiscate le terre dei suoi credenti, privateli dei loro beni ed espropriate le loro tenute!».
Ma quando nel quinto mese di quest’anno c’è stato l’attacco del grande regno mongolo, sono rimasti sbalorditi e confusi. Quindi è probabile che adesso qualcuno di loro stia pensando: «Forse è proprio come aveva detto».
È un dispiacere per le persone e quindi vorrebbero evitare di dirlo, ma, essendo un dato di fatto, non possono fare a meno di riconoscerlo: «Ciò che Nichiren diceva era vero! Era vero!». Alcuni però forse penseranno che le mie sono solo parole che provengono dal corpo in cui si è trasformato uno spirito maligno.
Qualche tempo fa, all’epoca del tumulto di Jokyu, alcune dame di corte del tutto disinformate come la Signora Kyo-no-nii si incontrarono alla presenza dell’ex imperatore di Oki e lo incoraggiarono a scatenare una guerra2. Ma Yoshitoki lo sconfisse e il panico dilagò tra di loro.
Guardate attentamente la situazione presente. È dovuta all’offesa al Sutra del Loto, è la punizione per avere misconosciuto Nichiren, oppure è causata dalla grave colpa di offesa ai tre tesori, la Legge, il Budda e l’ordine? Per via di tali circostanze, queste persone hanno attirato il regno degli asura in questo paese nell’esistenza presente e nella prossima cadranno senza dubbio nell’inferno di incessante sofferenza.
Tale situazione inoltre non è che il risultato dell’offesa al Sutra del Loto commessa dai tre gran maestri Kobo, Jikaku e Chisho. È dovuta anche all’offesa contro l’unico veicolo commessa da Bodhidharma, Shan-tao e dai preti dei Precetti. E alle colpe dei sovrani che hanno dato sostegno a queste persone. Vi è anche un’altra grande colpa: di non aver soltanto ignorato, ma di aver fatto fisicamente del male a chi, spinto dalla compassione per il proprio paese e dalla preoccupazione per la sua patria, studia da diverso tempo la questione e ha cercato di avvisare le persone.
Consideriamo qualche caso simile nel passato. Il re Fu-ch’a dello stato di Wu rifiutò di dare ascolto agli ammonimenti del suo ministro Wu Tzu-hsü e fu distrutto dal re Kou-chien dello stato di Yüeh3. Il re Chou della dinastia Yin non fece altro che disprezzare gli avvertimenti di Pi Kan e così perse il suo regno che andò al re Wu di Chou.
In virtù di quale legame karmico dunque la monaca laica Konichi crede nel Sutra del Loto? Forse il tuo defunto figlio Yashiro, che credeva in esso, te lo ha raccomandato? Poiché la fortuna che ne deriva di certo non mancherà di dare frutti, tu lo incontrerai sicuramente e starete insieme nella pura terra del Picco dell’Aquila.
Un uomo di nome Wu-lung4 offese il Sutra del Loto e cadde nell’inferno. Ma, poiché il figlio, di nome I-lung, copiò il Sutra del Loto come offerta, suo padre diventò un Budda. E, anche se il re Ornamento Meraviglioso era un sovrano malvagio, quando i suoi figli Puro Forziere e Puro Occhio lo condussero alla via, egli diventò il Budda Re dell’Albero di Sal.
In ognuno di questi casi la ragione fu che la carne del figlio è la carne della madre, e le ossa della madre sono le ossa del figlio. Quando il pino prospera, il cipresso è immensamente felice; quando l’erba appassisce, l’orchidea piange5.
Anche le piante e gli alberi insenzienti condividono le gioie e i dolori degli amici. E ciò è ancor più vero per il legame fra un genitore e il figlio. Tu hai portato in grembo tuo figlio per nove mesi, poi lo hai dato alla luce e hai dedicato anni ad allevarlo. Pensavi che da vecchia egli ti avrebbe sostenuto e poi avrebbe pianto la tua morte. Ma, in nome del cielo, cosa si può fare per il dolore inconsolabile che provi quando sei tu invece a doverlo piangere, per il tuo cuore straziato quando ti chiedi che ne è stato di tuo figlio?
Spinto dall’amore per suo figlio, il fagiano si gettò fra le fiamme per salvarlo.6 E per amore di suo figlio la povera donna annegò nel fiume Gange.7 Il fagiano adesso è il Bodhisattva Maitreya e la donna che annegò nel Gange è rinata come il grande re celeste Brahma.
A maggior ragione sarà così per la Santa Konichi dei nostri giorni che, per il grande amore verso suo figlio, è diventata una praticante del Sutra del Loto. Senza dubbio sia la madre sia il figlio andranno nella pura terra del Picco dell’Aquila. In quel momento, che grande gioia proveranno nell’incontrarsi! Che grande gioia!
Rispettosamente,
Nichiren
L’ottavo giorno dell’ottavo mese
Risposta alla Santa Konichi