Numero: 340
Data: 1281
Luogo: Minobu
Destinatario: Ikegami Munenaga, Ikegami Munenaka

La ricostruzione del santuario di Hachiman

Sono ormai ventinove anni che predico questa dottrina. Il mio corpo si è logorato e il mio spirito è provato dai dibattiti quotidiani, dalle persecuzioni che accadono ogni mese e dai due esili. Perciò negli ultimi sette, otto anni le malattie legate alla vecchiaia mi hanno colpito ogni anno, anche se nessuna in modo troppo grave. Quest’anno, però, sin dal primo mese mi sono molto indebolito fisicamente e sento che la mia vita è prossima alla fine. Inoltre ho già sessant’anni. Anche se ci fosse una minima possibilità che io sopravviva quest’anno, com’è possibile che viva ancora un anno o due?

«Un buon consiglio irrita l’orecchio e una buona medicina ha un gusto amaro» dicevano i saggi dei tempi antichi. Si dice che una persona che deperisce odia la vita, e che gli adulatori non accettano mai le rimostranze.

Di recente non ho risposto a nessuno, di alto o di basso rango. La ragione è che sono fiacco e mi sento la mano pesante. Ma, poiché questa è una faccenda molto seria, mi sforzerò di sopportare i dolori e vi risponderò. Anche se non v’importa di questa lettera, spero che la terrete in considerazione. Vi prego di non fare come l’imperatore Murakami che gettò via il documento scritto dal principe imperiale Kaneakira1.

Riguardo alla ricostruzione del santuario di Hachiman, ero preoccupato del fatto che sicuramente qualcuno avrebbe parlato male di voi al governante. Per due generazioni la vostra famiglia, sia vostro padre sia voi stessi, è stata al servizio del governante, e quindi in definitiva siete in debito nei suoi confronti. Anche se qualcosa non corrispondesse ai vostri desideri, dovreste forse tenere un atteggiamento meno che rispettoso verso di lui? Se aveste agito come avrebbe fatto un uomo saggio, nel caso in cui il vostro signore vi avesse ordinato di intraprendere l’opera di ricostruzione del santuario di Hachiman, a prescindere dalle circostanze penso che avreste dovuto scusarvi e declinare l’incarico. Se, fortunatamente, ci sono funzionari che vi calunniano, dicendo questo e quello per cercare di escludervi, dovete esserne lieti. Perché, invece, desiderando di eseguire l’opera di ricostruzione commettereste un errore.

Ma lasciamo da parte questo. Chi ha abbracciato i cinque precetti in una vita precedente rinascerà in questa vita come essere umano. Così, per quanto indegno uno possa sembrare, se qualche autorità, come il governante del paese, lo accusa senza motivo di qualche colpa, le divinità protettrici si arrabbieranno. E a maggior ragione se la vita di quella persona fosse minacciata. Le divinità abbandoneranno coloro che agiscono così.

Più specificamente ci sono 4.589.659 divinità che proteggono 4.589.659 uomini e donne del Giappone. Ciò nonostante sembra che non ci sia modo di sfuggire al grande disastro dell’invasione da parte di un altro paese. La ragione è che tutte le 4.589.659 persone, non solo sono state abbandonate dalle divinità, ma hanno anche perso l’aiuto degli dèi dei sei cieli del mondo del desiderio e dei quattro cieli della meditazione, di Brahma, di Shakra, degli dèi del sole e della luna e dei quattro re celesti.

Nonostante ciò il sovrano del Giappone e gli altri credono che non gli accadrà nulla di male finché pregheranno il Grande Bodhisattva Hachiman. Ma, poiché il suo potere personale non era all’altezza del compito, Hachiman non ha forse bruciato il suo stesso sacro santuario e si è nascosto? Eppure le autorità non riflettono sulle loro gravi colpe e pensano che, ricostruendo il sacro santuario, otterranno la protezione che cercano.

Adesso tutti i 4.589.659 abitanti del Giappone sono stati abbandonati da Shakyamuni, da Molti Tesori, da tutte le emanazioni del Budda nelle dieci direzioni, dai Bodhisattva della Terra e dai bodhisattva del mondo di saha e di altri mondi. Tutti i Brahma, gli Shakra, gli dèi del sole e della luna, i quattro re celesti di tutti i mondi delle dieci direzioni li hanno abbandonati. Come si può pensare dunque che i poteri della Dea del Sole e del Grande Bodhisattva Hachiman, dèi minori giapponesi, di importanza trascurabile, possano essere all’altezza del compito?

Ipotizziamo che in un momento simile voi costruiate il santuario di Hachiman e che questo paese subisca una sconfitta a opera di un paese straniero. Da tempo so che, se ciò dovesse accadere, proprio come la polvere si accumula nelle depressioni del terreno e l’acqua affluisce nei punti più bassi, il popolo del Giappone, dal sovrano fino alla gente comune, vi criticherebbe.

Direbbero in giro: «La vera identità del Grande Bodhisattva Hachiman è il Budda Amida2. Uemon no Tayu è il seguace di uno che sostiene che il Nembutsu conduce all’inferno d’incessante sofferenza e che dice anche: “Bruciate o gettate nell’acqua le effigi del Budda Amida. Bruciate i suoi luoghi di culto. Tagliate la testa ai preti Nembutsu”. È perché il santuario di Hachiman è stato costruito dal discepolo e sostenitore di un uomo simile che il Grande Bodhisattva Hachiman non lo ha mai usato. Questa è la ragione per cui il paese è stato attaccato».

Come reagiresti se continuassero a parlare così? Ma io penso che, poiché i cieli erano già a conoscenza della cosa, questo sia il motivo per cui sei stato rimosso dalla carica di sovrintendente al progetto di costruzione. E mi chiedo se anche il fatto che ti abbiano impedito di partecipare alla ricostruzione del tempio adiacente al santuario di Hachiman non sia dovuto a un disegno del cielo. La ragione è che il dodicesimo giorno del quarto mese dell’undicesimo anno di Bun’ei [1274] è spirato un forte vento, segno che nello stesso anno ci sarebbe stato un attacco di un paese straniero. Il vento è un inviato del cielo e della terra. Ciò significa che quando il paese è governato male, il vento soffia con violenza.

Nuovamente quest’anno, il ventottesimo giorno del quarto mese, c’è stato questo vento tempestoso. Inoltre ho sentito che l’impalcatura per il santuario di Hachiman è stata eretta il ventiseiesimo giorno del quarto mese. Non ci sono dubbi dunque che le raffiche di vento si sono verificate entro tre giorni. Se voi fratelli, che la gente chiama gli emissari dei mongoli, aveste costruito il santuario di Hachiman e poi ci fosse stata questa tempesta di vento, la gente avrebbe sicuramente riso e mormorato.

Vi esorto vivamente a essere affabili e a evitare di dimostrare qualsiasi malanimo e risentimento. Vestitevi in maniera non appariscente e lasciate a casa il vostro seguito. E nemmeno montate dei bei cavalli. Accertatevi di avere sempre in mano, o appesi alla vita, sega e martello, e siate sempre sorridenti. Se non seguirete anche uno solo di questi consigli, potreste non solo andare incontro alla rovina in questa esistenza, ma anche cadere nei sentieri malvagi nella prossima. Non serbate mai, mai, rancore nei confronti del Sutra del Loto.

Con profondo rispetto,

Nichiren

Il ventiseiesimo giorno del quinto mese

A Tayu no SakanHyoe no Sakan

Cenni Storici

Nichiren Daishonin scrisse questa lettera a Minobu, il ventiseiesimo giorno del quinto mese del 1281. Essa è indirizzata ai fratelli Ikegami, Tayu no Sakan e Hyoe no Sakan, o Munenaka e Munenaga, i quali risiedevano all’epoca nella provincia di Musashi. I fratelli avevano scritto al Daishonin per comunicargli il loro disappunto in merito al fatto che non era stato assegnato loro l’incarico di ricostruire il santuario di Hachiman a Kamakura, come invece si aspettavano. Il santuario aveva subito ingenti danni in seguito a due incendi avvenuti l’anno precedente, e i fratelli, che seguendo le orme del padre si occupavano di progetti edilizi per il governo, in circostanze normali avrebbero dovuto essere incaricati dei lavori di ricostruzione.

Il Daishonin risponde inizialmente affermando che da ventinove anni sta propagando il suo insegnamento e che nell’arco di quel tempo ha subito numerose persecuzioni, fra cui due esili. Come conseguenza, negli ultimi sette o otto anni si sente esausto, sia fisicamente sia spiritualmente, e accusa varie malattie dovute all’invecchiamento. Avendo ormai sessant’anni, afferma che gli rimarranno al massimo uno o due anni da vivere. Pertanto da qualche tempo non ha più risposto alle lettere di nessuno, qualunque fosse la condizione sociale di chi gli scriveva. Ma, poiché evidentemente si tratta di una questione molto importante per i due fratelli, si farà forza e risponderà.

Il Daishonin afferma che, poiché i fratelli e il loro padre hanno potuto lavorare per il governo per ben due generazioni, in realtà essi hanno un debito di gratitudine verso il governante, e un’unica occasione in cui le cose non sono andate secondo i loro desideri non giustifica alcuna collera o risentimento. Inoltre dichiara che, nel caso in cui fosse stato effettivamente chiesto loro di partecipare al progetto, se fossero stati saggi, avrebbero dovuto rifiutare. Il Daishonin spiega che il fatto stesso che sia avvenuto un incendio dimostra che tutte le divinità protettrici hanno abbandonato il paese, e che quindi nessuno sforzo di ricostruzione servirà a salvare il paese dall’attacco di un paese straniero.

Inoltre, il Daishonin fa notare che, se i fratelli fossero stati a capo dei lavori al santuario di Hachiman e il Giappone fosse stato attaccato, la gente avrebbe dato la colpa a loro e alla loro devozione al Daishonin per giustificare la mancanza di protezione da parte del Grande Bodhisattva Hachiman. Egli sostiene che sicuramente i cieli ne sono consapevoli, e così hanno fatto in modo che i fratelli non fossero convocati per prender parte al progetto. In chiusura, egli consiglia loro di non manifestare alcun risentimento, ma di mantenere un atteggiamento sorridente, di passare inosservati, e di applicarsi al loro lavoro. Infine, li esorta a non nutrire mai risentimento nei confronti del Sutra del Loto.


Note
1. Murakami (926-967) fu il sessantaduesimo imperatore, e il principe imperiale Kaneakira (914-987) era suo fratello maggiore. Kaneakira sottopose all’imperatore Murakami un’opera in cui deplorava l’uso arbitrario dell’autorità e descriveva anche le circostanze avverse in cui viveva.
2. In alcuni suoi scritti Nichiren Daishonin menziona la credenza popolare che la vera identità di Hachiman fosse il Budda Amida. Dice: «E, sebbene sembrino riverire il Grande Bodhisattva Hachiman, sostengono che il Budda Amida è la sua vera identità» (Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 1, p. 960) e «Molte persone al giorno d’oggi sostengono che il Grande Bodhisattva Hachiman è una manifestazione del Budda Amida» (p. 861). Poiché le divinità indigene giapponesi erano considerate manifestazioni locali dei Budda e dei bodhisattva, Hachiman fu incorporato nel Buddismo come Grande Bodhisattva Hachiman. Nel periodo Kamakura (1185-1333), col crescere della popolarità delle dottrine della Pura terra, la maggior parte delle persone credeva che il Grande Bodhisattva Hachiman fosse una manifestazione del Budda Amida. Il Daishonin affermò che il Grande Bodhisattva Hachiman era una manifestazione del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti.