Nam-myoho-renge-kyo.
Domanda: È possibile, senza capire il significato del Sutra del Loto, ma semplicemente recitando i cinque o sette caratteri di Nam-myoho-renge-kyo una volta al giorno, una volta al mese, o semplicemente una volta all’anno, una volta ogni dieci anni, o una volta nella vita, evitare di commettere atti malvagi più o meno gravi, di cadere nei quattro cattivi sentieri, e raggiungere alla fine lo stadio della non regressione?
Risposta: Sì, è possibile.
Domanda: Possiamo dire: «Fuoco, fuoco», ma finché non ci mettiamo la mano sopra, non ci bruciamo. Possiamo dire: «Acqua, acqua», ma finché non la beviamo veramente non soddisfiamo la sete. Allora come si può sfuggire ai cattivi sentieri dell’esistenza solamente recitando il daimoku di Nam-myoho-renge-kyo senza capirne il significato?
Risposta: Si dice che suonando un koto le cui corde sono fatte con tendini di leone, tutti gli altri tipi di corde si spezzino, e che basta sentir nominare le parole “prugne in salamoia” perché la bocca si riempia di saliva. Se persino nelle questioni secolari si verificano tali prodigi, quanto più grandi saranno i prodigi del Sutra del Loto!
Si racconta di pappagalli che semplicemente ripetendo le quattro nobili verità degli insegnamenti hinayana, rinacquero nel cielo1, e di uomini che semplicemente rispettando i tre tesori evitarono di essere inghiottiti da un pesce enorme2. Quanto più grande sarà quindi il potere del daimoku del Sutra del Loto, che è il cuore degli ottantamila insegnamenti sacri del Buddismo e l’occhio di tutti i Budda! Come puoi dubitare che, recitandolo, si possano evitare i quattro cattivi sentieri?
Quando il Budda, nel Sutra del Loto, scartò onestamente tutti gli espedienti, affermò che si può riuscire «ad accedervi solo grazie alla fede»3. Il Sutra del Nirvana, che il Budda predicò nel boschetto di alberi di sal nell’ultimo giorno di vita, afferma: «Sebbene esistano innumerevoli pratiche che conducono all’illuminazione, insegnare la fede le include tutte».
La fede è dunque il requisito fondamentale per entrare nella via del Budda. Fra i cinquantadue stadi [della pratica del bodhisattva], i primi dieci stadi, che riguardano la fede, sono fondamentali e il primo di questi consiste nel risvegliare una fede pura. Anche se una persona non comprende affatto il Buddismo e per quanto ottusa possa essere, se ha fede dev’essere considerata una persona di vedute corrette, mentre chi possiede la conoscenza, ma non ha fede dev’essere considerato un denigratore, un icchantika, o persona di incorreggibile miscredenza.
Il monaco Sunakshatra osservava i duecentocinquanta precetti, aveva la piena padronanza dei quattro stadi di meditazione e citava a memoria le dodici suddivisioni delle scritture; Devadatta imparò a memoria i sessantamila insegnamenti non buddisti e gli ottantamila insegnamenti buddisti e riuscì a manifestare con il suo corpo diciotto poteri sovrannaturali4. Eppure si dice che questi uomini, che possedevano la conoscenza ma mancavano di fede, dimorino ora nella grande fortezza dell’inferno Avichi. Mahakashyapa e Shariputra invece mancavano di conoscenza, ma avevano fede; perciò il Budda predisse che sarebbero diventati rispettivamente i Tathagata Fulgida Luce e Fiore Splendente. Il Budda affermò che se «uno dovesse nutrire dubbi e mancasse di credere, cadrebbe all’istante nei cattivi sentieri»5. Queste parole si riferiscono a coloro che possiedono la conoscenza, ma mancano di fede.
Eppure gli studiosi contemporanei domandano: «Com’è possibile evitare i cattivi sentieri dell’esistenza, semplicemente recitando Nam-myoho-renge-kyo con fede, pur senza comprenderne il significato?». Se accettiamo le parole dei sutra, è difficile che tali studiosi possano evitare di cadere nella grande fortezza dell’inferno Avichi.
Come abbiamo visto, anche se uno manca di comprensione, finché recita Nam-myoho-renge-kyo eviterà i cattivi sentieri. È come il fiore del loto, che si volge al sole pur non avendo una mente che lo guidi, o come il banano zoge, che cresce con il rumore del tuono benché non abbia orecchi per udirlo6. Noi siamo come il loto e il banano e il daimoku del Sutra del Loto è come il sole o il tuono.
Si dice che legandosi addosso un pezzo di corno fresco di rinoceronte e immergendosi nell’acqua, l’acqua rimanga lontana dal corpo almeno cinque piedi7. Si racconta inoltre che una sola foglia dell’albero di sandalo potrà annullare per un raggio di quaranta yojana l’odore disgustoso dell’albero di eranda. Il nostro cattivo karma può essere paragonato all’albero di eranda o all’acqua e il daimoku del Sutra del Loto al corno di rinoceronte o alla foglia dell’albero di sandalo.
I diamanti sono così duri che non esiste materia in grado di tagliarli, tuttavia lo si può fare con un corno di montone o con un guscio di tartaruga. I rami dell’albero nyagrodha8 sono così robusti che persino i più grandi uccelli vi si possono appollaiare senza spezzarli, ma l’uccello sarto9, così minuscolo da poter fare il nido sulle ciglia di una zanzara, è capace di romperli. Il nostro cattivo karma è paragonabile al diamante o all’albero nyagrodha, e il daimoku del Sutra del Loto al corno di montone o all’uccello sarto. L’ambra attira la polvere e la calamita le particelle di ferro; il nostro cattivo karma è come la polvere e il ferro e il daimoku del Sutra del Loto è come l’ambra o la calamita. Considerando queste [analogie, capiamo perché], dovremmo sempre recitare Nam-myoho-renge-kyo.
Il primo volume del Sutra del Loto afferma: «Per incalcolabili, innumerevoli kalpa è raro che uno possa udire questa Legge»10. E nel quinto volume si legge: «Anche in un incalcolabile numero di terre non è possibile udire il nome di questo Sutra del Loto»11. Perciò, è estremamente raro poter udire il nome del Sutra del Loto. I Budda Sushanta12 e Molti Tesori, pur essendo apparsi nel mondo, non pronunciarono nemmeno il nome del Sutra del Loto. Sebbene il Tathagata Shakyamuni abbia fatto il suo avvento espressamente allo scopo di predicare il Sutra del Loto, per ben quarantadue anni ne tenne segreto il nome e non lo pronunciò mai. Solo all’età di settantadue anni per la prima volta cominciò a recitare Myoho-renge-kyo, il daimoku del sutra. Ma a quel tempo le popolazioni di paesi lontani, come la Cina e il Giappone, non poterono udirlo. Più di un millennio passò prima che in Cina fosse udito il nome del sutra, e altri trecentocinquant’anni e più prima che fosse udito in Giappone.
Incontrare questo sutra è cosa rara come il fiore di udumbara, che sboccia ogni tremila anni, o come per la tartaruga con un occhio solo riuscire a trovare un tronco di legno di sandalo galleggiante, cosa che accade a intervalli di innumerevoli kalpa.
Immaginiamo di conficcare un ago nella terra con la punta rivolta in alto e di lanciare un minuscolo seme di senape dal palazzo del grande re Brahma che si trova nel cielo: è più facile che il seme di senape si infilzi sulla punta dell’ago che incontrare il daimoku del Sutra del Loto. O ancora, supponiamo di piantare verticalmente un ago sulla cima del monte Sumeru e poi, stando sulla cima del monte Sumeru di un altro mondo in un giorno di forte vento, lanciare un filo che vada a infilarsi nella cruna dell’ago. È più semplice infilare un ago in questo modo che incontrare il daimoku del Sutra del Loto.
Perciò, quando recitiamo il daimoku di questo sutra, dovremmo essere consapevoli che è una gioia più grande che per un uomo cieco dalla nascita acquistare la vista e vedere per la prima volta suo padre e sua madre, e una cosa ancor più rara che per un uomo catturato da un potente nemico venire rilasciato e potersi riunire alla moglie e ai figli.
Domanda: Quali sono i passi che attestano che si dovrebbe recitare solo il daimoku?
Risposta: L’ottavo volume del Sutra del Loto della Legge meravigliosa afferma che chi accetta e abbraccia il mero nome del Sutra del Loto godrà di illimitata fortuna. Il Sutra del Loto della Legge corretta dice che è impossibile misurare i benefici di chi ascolta questo sutra e ne abbraccia e proclama il titolo. Il Sutra del Loto della Legge meravigliosa integrato asserisce che chi accetta e abbraccia il nome del Sutra del Loto godrà di una illimitata fortuna. Questi sono i passi che dimostrano come la fortuna che si ottiene semplicemente recitando il daimoku è smisurata.
Abbracciare, leggere, recitare, proteggere e trarre gioia da tutti gli otto volumi e ventotto capitoli del Sutra del Loto è la pratica estesa. Accettare, sostenere e proteggere i capitoli “Espedienti” e “Durata della vita” è la pratica abbreviata. Recitare semplicemente una strofa di quattro versi o il daimoku e proteggere chi li recita è la pratica essenziale. Perciò, tra queste tre pratiche, quella estesa, quella abbreviata e quella essenziale, il daimoku rientra nella pratica essenziale.
Domanda: Quanto sono grandi i benefici contenuti nei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo?
Risposta: Il grande mare contiene tutti i numerosi fiumi che vi affluiscono, la grande terra contiene tutti gli esseri senzienti e insenzienti, la gemma che esaudisce i desideri elargisce innumerevoli tesori e Brahma, il re del cielo, domina tutto il triplice mondo. Allo stesso modo, i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo contengono tutti gli esseri dei nove mondi, e anche quelli del mondo di Buddità. E dal momento che tutti [gli esseri] dei Dieci mondi vi sono contenuti, lo sono anche i loro ambienti.
Esaminiamo adesso il fatto che i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo racchiudono in sé tutti gli insegnamenti. Il singolo carattere kyo [sutra] è il re dei sutra e tutti gli altri sutra sono compresi in esso. Il Budda fece la sua apparizione nel mondo e, nell’arco di cinquant’anni e più, predicò ottantamila sacri insegnamenti. A quel tempo la durata della vita degli esseri umani si dice che fosse di cento anni. Il Budda morì nel cuore della notte, il quindicesimo giorno del secondo mese dell’anno con il segno ciclico mizunoe-saru13. Nei novanta giorni circa dell’estate successiva, il periodo che va dall’ottavo giorno del quarto mese fino al quindicesimo giorno del settimo mese dello stesso anno, mille arhat si riunirono nella sala della compilazione per redigere tutti i sutra.
Più tardi, durante i mille anni del Primo giorno della Legge, tutti questi sutra si diffusero nelle cinque regioni dell’India, ma non giunsero fino in Cina. Fu solo nel quindicesimo anno del Medio giorno della Legge [mille e quindici anni dopo la morte del Budda] che i sutra buddisti furono introdotti per la prima volta in Cina. Correva il decimo anno dell’era Yung-p’ing (67 d.C.), segno ciclico hinoto-u, durante il regno dell’imperatore Ming della tarda dinastia Han. Da allora fino al diciottesimo anno dell’era K’ai-yüan (730 d.C.), segno ciclico kanoe-uma, sotto il regno dell’imperatore Hsüan-tsung della dinastia T’ang, giunsero in Cina centosettantasei traduttori recando 1.076 sutra, regole di comportamento e trattati, in 5.084 volumi riposti in quattrocentottanta custodie. Tutti questi scritti sacri sono seguaci del singolo carattere kyo (sutra) del Sutra del Loto.
Tra i sutra predicati per più di quarant’anni prima di esporre il Sutra del Loto, ce n’è uno chiamato Sutra della Ghirlanda di fiori del Budda di illimitata grandezza, conservato in tre versioni nel palazzo del re drago: la maggiore si compone di tanti capitoli quanti sono i granelli di polvere di dieci sistemi maggiori di mondi; la versione media contiene 498.800 versi e la minore ne contiene 100.000 in quarantotto capitoli. A parte queste tre versioni, in Cina e in Giappone si trovano soltanto versioni più brevi, come quella in ottanta e sessanta volumi14.
Vi sono inoltre i sutra hinayana Agama e i vari sutra mahayana dei periodi Corretto ed equo e della Saggezza. Tra questi ultimi, il testo sanscrito del Sutra di Mahavairochana dedica ben 3.500 versi solo alla spiegazione dei cinque caratteri del mantra “avarahakha”15, per non parlare degli innumerevoli versi che descrivono i “semi”, le forme solenni, e i samaya16 dei vari onorati. In Cina, comunque, il testo si trova nella forma semplice di sei o sette volumi. Il Sutra del Nirvana, che il Budda espose il suo ultimo giorno [di vita] nel boschetto di alberi di sal, è conservato in Cina in una versione di soli quaranta volumi sebbene, anche in questo caso, il testo sanscrito ne conti molti di più. Tutti questi sutra sono seguaci del Sutra del Loto, il più profondo degli insegnamenti del Tathagata Shakyamuni. Inoltre i sutra esposti dai sette Budda del passato17, dai mille Budda e dai Budda di innumerevoli kalpa fa, così come quelli esposti dai Budda che attualmente vivono nelle dieci direzioni, sono tutti seguaci del singolo carattere kyo del Sutra del Loto.
Perciò, nel capitolo “Re della Medicina” del Sutra del Loto, il Budda si rivolge al Bodhisattva Fiore Sovrano della Costellazione dicendo che, come fra tutti i fiumi, i torrenti e gli altri corsi d’acqua il grande mare è il supremo, come fra tutte le montagne il monte Sumeru è il supremo e come fra tutti i corpi celesti la luna è suprema, [così è il Sutra del Loto fra tutti gli altri sutra]. Il Gran Maestro Miao-lo commenta questo passo con le parole: «[Questo] è il supremo tra tutti i sutra che il Budda ha predicato, che ora predica e che predicherà»18.
Il singolo carattere kyo contiene i sutra di tutti i mondi nelle dieci direzioni. È come il gioiello che esaudisce i desideri e racchiude tesori di ogni genere, o come l’immensità dello spazio che comprende tutti i fenomeni. Poiché questo singolo carattere kyo di Myoho-renge-kyo è il supremo fra tutti i sacri insegnamenti dell’intera vita del Budda, anche gli altri quattro caratteri, Myo-ho-ren-ge, superano tutte le altre ottantamila dottrine.
Quanto al carattere myo [mistico o meraviglioso] il Sutra del Loto dice: «Questo sutra spalanca la porta degli espedienti e mostra la forma della vera realtà»19. Il Gran Maestro Chang-an così commenta questa frase: «Si chiama myo perché rivela l’interno del deposito segreto»20. E il Gran Maestro Miao-lo afferma a questo proposito: «Rivelare significa aprire»21. Perciò il carattere myo significa aprire.
Un deposito pieno di tesori non può essere aperto senza la chiave e, se non si apre non può mostrare i suoi tesori. Il Budda predicò il Sutra della Ghirlanda di fiori, tuttavia non spiegò quale fosse la chiave per “aprire” questo sutra. Anche nei quarant’anni e più in cui predicò i vari sutra Agama, Corretti ed equi, della Saggezza e della Meditazione, non ne rivelò il significato. Le porte di questi sutra rimasero chiuse e perciò nessuno li poté comprendere. Anche coloro i quali pensavano di aver capito in realtà si erano formati opinioni distorte.
Ma quando il Budda predicò il Sutra del Loto aprì i depositi di tutti i sutra e, per la prima volta in più di quarant’anni, tutte le persone dei nove mondi furono in grado di vedere i tesori che vi erano celati. Per fare un esempio, anche se sulla terra ci sono uomini e animali, piante e alberi, senza la luce del sole e della luna perfino coloro che hanno il dono della vista non possono vederne la forma e il colore. Solo quando la luna e il sole sorgono se ne può distinguere per la prima volta la forma e il colore. I sutra che precedettero il Sutra del Loto erano come nascosti nell’oscurità di una lunga notte e i due insegnamenti, originale e transitorio, del Sutra del Loto furono come il sole e la luna.
Tra i bodhisattva con i loro due occhi, gli uomini strabici dei due veicoli, le persone ordinarie con i loro occhi ciechi, o gli icchantika ciechi fin dalla nascita, nessuno era in grado di scorgere i veri colori e le forme delle cose per mezzo dei sutra precedenti. Ma quando il Sutra del Loto fu predicato e sorse per la prima volta la luna dell’insegnamento transitorio, dapprima ottennero l’illuminazione i due occhi dei bodhisattva e poi gli occhi strabici dei due veicoli. Successivamente si aprirono gli occhi ciechi delle persone ordinarie, e quindi anche gli icchantika, ciechi fin dalla nascita, poterono creare una relazione [con il Sutra del Loto] tale da garantirgli che un giorno anche i loro occhi si sarebbero aperti. Tutto ciò era dovuto interamente alla virtù del singolo carattere myo.
Ci sono due myo, o princìpi mistici, contenuti nel Sutra del Loto, uno nei primi quattordici capitoli che costituiscono l’insegnamento transitorio e uno negli ultimi quattordici che costituiscono l’insegnamento originale22. Secondo un altro punto di vista esistono venti princìpi mistici23, dieci nell’insegnamento transitorio e dieci nell’insegnamento originale, oppure sessanta princìpi mistici24, trenta nell’insegnamento transitorio e trenta nell’insegnamento originale. Secondo ulteriori punti di vista in ciascuna metà del Sutra del Loto si possono individuare quaranta princìpi mistici25. Sommando questi ai quaranta princìpi mistici che riguardano l’osservazione della mente26, scopriamo che il singolo carattere myo contiene in tutto centoventi myo o princìpi mistici.
Un myo, o principio mistico, fondamentale sta alla base di ognuno dei 69.384 caratteri che costituiscono il Sutra del Loto. Perciò il Sutra del Loto contiene un totale di 69.384 princìpi mistici.
Il carattere myo viene tradotto in sanscrito con la parola sad e in cinese si pronuncia miao. Myo vuol dire “pienamente dotato”, che a sua volta significa “perfetto e completo”. Ciascuna parola e ciascun carattere del Sutra del Loto contiene in sé tutti i 69.384 caratteri che compongono il sutra. È come una goccia del grande mare che contiene in sé tutta l’acqua di tutti i fiumi che vi sfociano e come il gioiello che esaudisce i desideri che, sebbene non sia più grande di un seme di senape, è in grado di elargire a profusione tutti i tesori di ogni gioiello che esaudisce i desideri.
Per fare un altro esempio, in autunno e in inverno le piante e gli alberi sono secchi e spogli, ma, quando su di loro risplende il sole primaverile ed estivo, si coprono di rami, foglie, fiori e frutti. Prima della predicazione del Sutra del Loto, le persone dei nove mondi erano come piante o alberi in autunno e in inverno. Ma quando il singolo carattere myo del Sutra del Loto cominciò a risplendere su di loro come il sole primaverile ed estivo, sbocciò il fiore dell’aspirazione all’illuminazione e apparve il frutto della Buddità o rinascita nella pura terra.
Il Bodhisattva Nagarjuna dice nel suo Trattato sulla grande perfezione della saggezza: «[Il Sutra del Loto è] come un grande medico in grado di trasformare il veleno in medicina». Questa citazione è tratta da un passo del Trattato sulla grande perfezione della saggezza che spiega le virtù inerenti al carattere myo del Sutra del Loto. Il Gran Maestro Miao-lo commenta: «Poiché può guarire ciò che è ritenuto incurabile, è chiamato myo, o meraviglioso»27.
In generale ci sono quattro tipi di persone che hanno grande difficoltà a conseguire la Buddità o la rinascita nella pura terra. Al primo tipo appartengono quelli che sono predestinati ai due veicoli28, al secondo gli icchantika, al terzo coloro che aderiscono alla dottrina del vuoto29, e al quarto coloro che offendono la Legge. Ma grazie al Sutra del Loto, tutte queste persone possono diventare Budda. Ecco perché il Sutra del Loto è chiamato myo.
Devadatta era il figlio maggiore del re Dronodana e nipote del re Shuddhodana [il padre del Budda Shakyamuni]; dunque era cugino del Budda. Era anche il fratello maggiore del discepolo del Budda, il Venerabile Ananda. Quindi non era certo una persona di rango inferiore nel continente meridionale di Jambudvipa. Divenne discepolo del monaco Sudaya30 e intraprese la vita religiosa. Dal Venerabile Ananda apprese i diciotto poteri miracolosi e imparò a memoria i sessantamila insegnamenti delle scuole non buddiste e gli ottantamila insegnamenti del Buddismo. Osservava le cinque pratiche [ascetiche]31 e sembrava quasi più santo del Budda stesso. Volendo mettersi alla guida dell’ordine al pari del Budda, commise il crimine di creare uno scisma, istituendo sul monte Gayashirsha32 un palco per l’ordinazione dei monaci e invitando i discepoli del Budda a unirsi a lui. Sobillò il principe ereditario Ajatashatru dicendogli: «Io ucciderò il Budda e diventerò il nuovo Budda. Tu devi uccidere tuo padre, il re Bimbisara, e diventare il nuovo re al suo posto!».
Dopo che il principe ereditario Ajatashatru ebbe ucciso suo padre, Devadatta spiò i movimenti del Budda e con una grande pietra riuscì a farne sgorgare il sangue. Egli colpì a morte anche la monaca Utpalavarna che aveva raggiunto lo stato di arhat, commettendo così tre dei cinque peccati capitali.
Quindi Devadatta, con il Venerabile Kokalika come discepolo e il re Ajatashatru come protettore, cominciò ad attirare seguaci dappertutto finché, in tutte le cinque regioni dell’India con i suoi sedici grandi stati, cinquecento stati medi e diecimila piccoli stati, ogni persona colpevole di uno, due o tre peccati capitali divenne un membro del suo gruppo. Si radunavano intorno a lui come i diversi fiumi confluiscono nel grande mare, o come piante e alberi si raccolgono su una grande montagna. Come gli uomini saggi si riunirono intorno a Shariputra e quelli dai poteri soprannaturali seguirono Maudgalyayana, gli uomini malvagi si schierarono con Devadatta.
Di conseguenza, la grande terra, che raggiunge la profondità di 168.000 yojana e poggia su un cerchio di vento33 duro come il diamante, si spalancò, facendo precipitare vivo Devadatta nella grande fortezza dell’inferno della sofferenza incessante. Anche il suo discepolo più importante, Kokalika, cadde vivo nell’inferno, insieme alla figlia del brahmano Chincha, al re Virudhaka e al monaco Sunakshatra. L’intera popolazione delle cinque regioni dell’India con i suoi sedici grandi stati, cinquecento stati medi e diecimila piccoli stati assistette a tutto ciò. E furono testimoni del loro destino anche gli esseri dei sei cieli del mondo del desiderio e dei quattro cieli della meditazione, del mondo della forma e di quello della non forma34, inclusi Brahma, Shakra, il re demone del sesto cielo e il re Yama.
Tutti gli esseri del sistema maggiore di mondi e dei mondi delle dieci direzioni udirono ciò e convennero all’unanimità che, neanche dopo tanti kalpa quanti sono i granelli di polvere della terra, Devadatta e gli altri sarebbero usciti dalla grande fortezza dell’inferno d’incessante sofferenza e che, se anche la pietra che indica la durata di un kalpa si fosse consumata completamente, essi avrebbero continuato a soffrire nell’inferno Avichi. Rimasero quindi stupefatti quando, nel capitolo “Devadatta” del Sutra del Loto, Shakyamuni rivelò che Devadatta era stato suo maestro in una passata esistenza e predisse che nel futuro avrebbe ottenuto l’illuminazione come Tathagata Re del Cielo! Se i sutra predicati prima del Sutra del Loto sono veritieri, il Sutra del Loto deve essere una enorme falsità, ma se il Sutra del Loto dice il vero, i precedenti sutra sono colpevoli del più grossolano inganno.
Se Devadatta, colpevole di tre dei cinque peccati capitali e di altri innumerevoli gravi crimini, può diventare il Tathagata Re del Cielo, non c’è alcun dubbio che anche le persone malvagie che hanno commesso solo uno o due peccati capitali raggiungeranno sicuramente la via. Se la grande terra viene rovesciata, si rovesciano anche le piante e gli alberi, e chi è in grado di spaccare la pietra più dura può piegare la tenera erba. Perciò il Sutra del Loto è chiamato myo.
Ora, venendo all’argomento delle donne, vediamo che sono duramente condannate sia nelle scritture buddiste che in quelle non buddiste. Le Tre cronache e i Cinque canoni dei Tre sovrani e dei Cinque imperatori dell’antica Cina le descrivono come servili e subdole. Per questo motivo, anticamente si diceva che le calamità fossero causate dalle «tre donne»35. E le donne vengono additate come la causa della rovina del paese e del suo popolo.
Il Sutra della Ghirlanda di fiori, il primo grande sermone predicato dal Budda subito dopo la sua illuminazione, afferma: «Le donne sono messaggere dell’inferno che possono distruggere il seme della Buddità. Esteriormente possono sembrare bodhisattva, ma nel loro cuore sono come demoni yaksha»36. Il Sutra del Nirvana, l’ultimo insegnamento esposto dal Budda nel boschetto di alberi di sal, afferma: «Tutti i fiumi e i ruscelli sono immancabilmente tortuosi e serpeggianti, tutte le donne sono immancabilmente servili e subdole». E dice ancora: «La somma totale dei vari desideri e illusioni di tutti gli uomini di un sistema maggiore di mondi non è superiore all’impedimento karmico di una singola donna».
Le parole del Sutra della Ghirlanda di fiori «possono distruggere il seme della Buddità» significano che le donne bruciano i semi che permetterebbero loro di diventare Budda. Quando le nuvole si ammassano nel cielo in un periodo di grande siccità e una pioggia scrosciante cade sulla terra, allora ovunque innumerevoli piante e alberi appassiti cominciano a germogliare e a dare frutti. Ma ciò non vale per i semi bruciati. Essi non potranno mai germogliare, piuttosto, la forte pioggia li farà marcire.
Il Budda è come il cumulo di nuvole e i suoi insegnamenti sono come la forte pioggia, mentre le piante e gli alberi appassiti sono paragonabili a tutti gli esseri viventi. Quando vengono bagnati dalla pioggia degli insegnamenti buddisti ottengono i benefici dei cinque precetti, dei dieci buoni precetti e delle pratiche di meditazione, così come i fiori sbocciano e i frutti maturano. Invece, i semi bruciati che, anche se piove, anziché germogliare marciscono, sono paragonabili alle donne che, pur incontrando gli insegnamenti buddisti, non possono liberarsi dalle sofferenze di nascita e morte, ma si allontanano dalla verità del Buddismo e cadono nei cattivi sentieri. Questo è ciò che intende il sutra quando dice che le donne «possono distruggere il seme della Buddità».
Il passo sopracitato del Sutra del Nirvana afferma che, come tutti i fiumi e i ruscelli hanno un percorso tortuoso, anche le donne sono tortuose. Poiché l’acqua è fluida, se viene bloccata da un oggetto solido, come una roccia o una montagna, il suo corso si divide in due e fluisce ora in una direzione ora nell’altra. Lo stesso vale per le donne. La mente femminile è paragonabile all’acqua perché è debole come l’acqua: anche quando crede che una certa via sia quella giusta, se si scontra con la forte volontà di un uomo e si trova sbarrata la strada, prenderà un’altra direzione completamente diversa da quella che aveva scelto in origine.
Per fare un altro esempio, quando si traccia un disegno sull’acqua non rimane niente. Allo stesso modo, la caratteristica della donna è la mancanza di fermezza: ora la pensa in un modo e l’istante dopo ha già cambiato idea. Poiché la caratteristica del Budda è la rettitudine e la franchezza, le donne, con le loro ambiguità, non potranno mai diventare Budda.
Esse sono condannate ai cinque ostacoli e alle tre obbedienze. Il Sutra della Donna Argentea afferma che anche se gli occhi dei Budda delle tre esistenze cadessero a terra, nessuna donna potrà mai diventare un Budda. E Grande perfezione della saggezza afferma che è più facile catturare il vento che comprendere la mente di una donna.
Tuttavia, sebbene nei vari sutra tutti gli esseri di sesso femminile vengano disprezzati in tal modo, quando il Bodhisattva Manjushri pronunciò la singola sillaba myo, una donna poté conseguire immediatamente la Buddità. Fu un fatto così straordinario che il Bodhisattva Accumulo di Saggezza, il principale discepolo del Budda Molti Tesori nel Mondo della Purezza Preziosa, e Shariputra, noto tra i discepoli del Budda Shakyamuni come il più saggio, protestarono affermando che, stando a tutti i sutra mahayana e hinayana predicati dal Budda per più di quarant’anni, la figlia del re drago non sarebbe potuta diventare un Budda. Tuttavia alla fine, contrariamente alle loro argomentazioni, ella diventò un Budda.
Così il passo del primo sutra secondo il quale le donne «possono distruggere il seme della Buddità» e quello del sermone finale nel boschetto di sal «tutti i fiumi e i ruscelli sono invariabilmente tortuosi e serpeggianti» furono totalmente contraddetti. Inoltre, il Sutra della Donna Argentea e Grande perfezione della saggezza, che sono «lo specchio e la tartaruga»37, si rivelarono delle assurdità. Accumulo di Saggezza e Shariputra furono costretti a tenere a freno la lingua e chiudere la bocca, mentre tutti gli esseri umani e celesti presenti alla grande assemblea in cui fu predicato il Sutra del Loto giunsero le mani per la grande gioia. Tutto ciò fu dovuto interamente alle virtù del singolo carattere myo.
In questo continente meridionale di Jambudvipa ci sono 2.500 fiumi e sono tutti tortuosi, nessuno escluso, così come sono tortuose le menti delle donne di Jambudvipa. Tuttavia esiste un fiume chiamato Sahaya38 il cui corso è diritto come una fune tesa e sfocia direttamente nel mare occidentale. Anche la donna che ha fede nel Sutra del Loto entrerà direttamente nella Pura terra d’occidente39 in virtù del singolo carattere myo.
Myo significa rivitalizzare, rivitalizzare significa ritornare a vivere. Per esempio, quando il piccolo della gru gialla muore, se la madre invoca il nome di Tzu-an40, il figlio morto resuscita. Oppure si dice che i pesci e i crostacei morti perché un uccello velenoso chiamato chen41 è entrato nell’acqua, se vengono toccati con un corno di rinoceronte, ritornino tutti in vita. Allo stesso modo le persone dei due veicoli, gli icchantika e le donne che, secondo i sutra anteriori al Sutra del Loto, hanno ucciso, bruciandoli, i semi che avrebbero loro permesso di diventare Budda, se abbracciano il singolo carattere myo, possono rivitalizzare i loro semi bruciati della Buddità.
T’ien-t’ai afferma: «Gli icchantika, o persone di incorreggibile miscredenza, tuttavia possiedono una mente, perciò hanno ancora la possibilità di conseguire la Buddità. Ma le persone dei due veicoli hanno annientato la coscienza e perciò non possono risvegliare la mente che aspira all’illuminazione. Tuttavia il Sutra del Loto è in grado di curarli, questo è il motivo per cui è chiamato myo, o meraviglioso»42. Miao-lo afferma: «Gli altri sutra sono chiamati dai [grandi], ma non myo, perché è facile curare chi possiede una mente, ma è difficile curare chi ne è privo. Poiché [il Sutra del Loto] può curare ciò che è incurabile, è chiamato myo, o meraviglioso»43.
Questi passi spiegano che i sutra della Ghirlanda di fiori del Budda di illimitata saggezza, della Grande raccolta, della Grande perfezione della saggezza e del Grande nirvana hanno il carattere dai [grande] nel titolo, ma non il carattere myo, perché possono curare solo i vivi, ma non possono curare i morti. Poiché il Sutra del Loto può curare sia i morti sia i vivi, nel suo titolo [Myoho-renge-kyo] compare il carattere myo.
Così, con gli altri sutra, anche coloro che lo meriterebbero, non possono conseguire la Buddità. Ma con il Sutra del Loto possono conseguire la Buddità perfino coloro per cui sarebbe impossibile, per non parlare di quelli per i quali è relativamente facile. Questa è la ragione per cui, dopo la predicazione del Sutra del Loto, nessuno dovrebbe aver fede negli altri sutra.
Ora i duemila anni del Primo e del Medio giorno della Legge sono passati e siamo entrati nell’Ultimo giorno. In un’epoca come questa, è dieci, cento, mille, diecimila, milioni di volte più difficile per la gente comune conseguire la Buddità di quanto lo fosse perfino per le persone dei due veicoli o per gli icchantika vissuti durante la vita del Budda. Eppure ancora oggi c’è chi pensa che, facendo affidamento sul Sutra della Meditazione o su qualche altro sutra predicato negli oltre quarant’anni prima del Sutra del Loto, si possa sfuggire alle sofferenze di nascita e morte. Che sciocchezza! Che enorme sciocchezza!
Le donne, sia durante la vita del Budda che nel Primo, Medio o Ultimo giorno della Legge, non possono conseguire la Buddità con nessuno dei sutra esposti dai vari Budda, ma solo con il Sutra del Loto. Il Gran Maestro T’ien-t’ai Chih-che, che udì gli insegnamenti del Budda sul Picco dell’Aquila44 e in seguito raggiunse l’illuminazione nel luogo della meditazione, affermò inequivocabilmente: «Gli altri sutra predicono la Buddità […] solo agli uomini, non alle donne. […] Questo sutra predice la Buddità a tutti»45.
Il Tathagata Shakyamuni, alla presenza del Budda Molti Tesori e dei Budda delle dieci direzioni, predicò il Sutra del Loto per un periodo di otto anni in un luogo chiamato Picco dell’Aquila a nord-est di Rajagriha, nel regno di Magadha. Il Gran Maestro [T’ien-t’ai] Chih-che era presente e lo udì predicare così: «Durante i miei cinquant’anni e più di insegnamento, io ho predicato varie sacre dottrine, tutte allo scopo di portare beneficio agli esseri viventi. Nei sutra dei primi quarantadue anni ho insegnato che le donne non possono conseguire la Buddità. Ma ora dichiaro con il Sutra del Loto che le donne possono diventare Budda».
A nord-est del Picco dell’Aquila, a una distanza di circa 108.000 ri oltre le montagne e i mari c’è un paese chiamato Mahachina [in sanscrito]; noi lo conosciamo come Cina. Circa millecinquecento anni dopo la scomparsa del Budda apparve in questo paese un suo messaggero chiamato il Gran Maestro T’ien-t’ai Chih-che, il quale dichiarò che le donne non avrebbero mai potuto conseguire la Buddità, se non attraverso il Sutra del Loto.
Tremila ri a est della Cina c’è un paese chiamato Giappone. Circa duecento anni dopo la sua scomparsa, il Gran Maestro T’ien-t’ai rinacque in questo paese col nome di Gran Maestro Dengyo46 e scrisse un’opera intitolata Gli eminenti princìpi del Sutra del Loto in cui affermava: «Né il maestro né i discepoli devono sottoporsi a innumerevoli kalpa di pratiche austere per conseguire la Buddità. Grazie al potere del Sutra del Loto della Legge meravigliosa, possono farlo nella loro forma presente». In questo modo chiarì come la figlia del re drago era riuscita a diventare un Budda.
Può sembrare alquanto difficile per le donne dell’epoca in cui viviamo conseguire la Buddità nella loro forma presente. Ma se avranno fede nel Sutra del Loto, non c’è dubbio che rinasceranno nella Pura terra di Perfetta Beatitudine. La raggiungeranno più prontamente dei fiumi e dei torrenti che confluiscono nel grande mare o più rapidamente della pioggia che cade dal cielo.
E tuttavia le donne di tutto il Giappone, invece di recitare Nam-myoho-renge-kyo, hanno fede in insegnamenti come il Sutra in Due volumi o il Sutra della Meditazione, che non potranno mai condurle alla pura terra o alla Buddità. Recitano il nome del Budda Amida sessantamila o centomila volte al giorno. Amida in effetti è il nome di un Budda, e invocarlo sembrerebbe una pratica lodevole. Ma poiché esse, così facendo, si affidano a sutra che non potranno mai condurre le donne alla Buddità o alla rinascita nella pura terra, in realtà stanno contando invano le ricchezze degli altri. Questo accade unicamente perché sono mal indirizzate da cattivi maestri. Per le donne in tutto il Giappone ci sono nemici più temibili delle tigri e dei lupi, dei banditi di montagna o dei pirati del mare, degli avversari dei loro genitori o delle concubine dei loro mariti: i loro veri nemici sono quelli che, invece del Sutra del Loto, insegnano loro il Nembutsu!
Le donne che hanno fede nel Sutra del Loto dovrebbero recitare Nam-myoho-renge-kyo sessantamila, centomila, o anche dieci milioni di volte al giorno, dopo di che, se ancora resta loro un po’ di tempo, possono di tanto in tanto mormorare tra sé il nome di Amida o di uno degli altri Budda. Ma le donne ai nostri giorni trascorrono la vita a recitare in continuazione il nome di Amida e occuparsi soltanto di ciò che riguarda il Nembutsu. Non recitano mai il Sutra del Loto, né fanno elemosine per sostenerlo. È vero che alcune di loro si fanno leggere il Sutra del Loto da coloro che ne seguono gli insegnamenti, ma rispettano i preti Nembutsu come fossero i loro genitori o fratelli, e trattano i praticanti del Sutra del Loto con meno rispetto di quanto ne usino nei confronti dei loro servi o del loro seguito. Eppure si proclamano credenti del Sutra del Loto!
Al contrario, la signora Pura Virtù diede il permesso ai suoi figli, i due principi, di entrare nell’ordine buddista e li incoraggiò a propagare il Sutra del Loto e la figlia del re drago fece un voto dicendo: «Io espongo le dottrine del grande veicolo per riscattare gli esseri viventi dalla sofferenza»47. Di certo esse non fecero voto di praticare solo gli altri sutra trascurando la pratica del Sutra del Loto. Eppure, questo è ciò che fanno le donne oggi: dedicano tutta la loro attenzione alla pratica degli altri sutra e trascurano quella del Sutra del Loto.
Cambia atteggiamento, cambia subito atteggiamento48.
Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo.
Nichiren
Completato nell’ora della pecora (dalle tredici alle quindici) al tempio Seicho, il sesto giorno del primo mese del terzo anno di Bun’ei (1266), segno ciclico hinoe-tora.