Numero: 113
Data: 1278
Luogo: Minobu
Destinatario: Nanjo Tokimitsu

I due tipi di fede

Ho ricevuto le colocasie, gli spiedi di cachi secchi, il riso essiccato, le castagne, i germogli di bambù e i contenitori di bambù con l’aceto.

C’era una volta in India un re chiamato Ashoka il Grande che governava su un quarto del paese di Jambudvipa. Assistito dai re draghi1 controllava la pioggia a suo piacere e aveva i demoni al suo servizio. Dapprima era un re spietato, ma poi si convertì al Buddismo. Ogni giorno faceva offerte a sessantamila preti e fece erigere ottantaquattromila stupa di pietra. Indagando sulle vite passate di questo grande sovrano, scopriamo che all’epoca del Budda Shakyamuni, vivevano due ragazzi chiamati Virtù Vittoriosa e Invincibile, i quali offrirono al Budda una torta di fango. [Grazie a quest’azione, Virtù Vittoriosa, il maggiore dei due,] rinacque nell’arco di cento anni come un grande sovrano.

Benché il Budda sia degno di rispetto, paragonato al Sutra del Loto è come una lucciola accanto al sole o alla luna. La superiorità del Sutra del Loto rispetto al Budda Shakyamuni è grande quanto la distanza fra il cielo e la terra. Se fare offerte al Budda produce tali benefici, fare offerte al Sutra del Loto ne produrrà di ben più grandi. Se l’offerta di una torta di fango ottenne una così meravigliosa ricompensa, quelle che ot­terrai tu con i tuoi vari doni saranno molto maggiori. Al Budda non mancava il cibo, ma ora viviamo in un paese alla fame. Perciò è impossibile che il Budda Shakyamuni, Molti Tesori e le dieci fanciulle demoni non ti proteggano.

Oggi ci sono persone che credono nel Sutra del Loto; la fede di alcuni è come il fuoco, quella di altri è come l’acqua. Quando i primi ascoltano l’insegnamento, ardono di passione come il fuoco, ma, con il passare del tempo, tendono ad abbandonare la fede. Avere fede come l’acqua significa credere sempre, senza mai retrocedere. Poiché tu mi hai sempre fatto visita, senza retrocedere di fronte a nessuna situazione, la tua fede è paragonabile all’acqua che scorre. Ciò è ammirevole, veramente ammirevole!

È vero che nella tua famiglia qualcuno è malato? Se è così, non può essere opera dei demoni. Probabilmente le dieci fanciulle demoni stanno mettendo alla prova la tua fede. Nessun demone degno di tal nome vorrebbe farsi rompere la testa per aver molestato un devoto del Sutra del Loto2. Persevera nella fede con la ferma convinzione che le parole del Budda Shakyamuni e del Sutra del Loto non contengono alcuna falsità.

Con profondo rispetto,

Nichiren

Il venticinquesimo giorno del secondo mese

Risposta [a Ueno]

Cenni Storici

Nichiren Daishonin scrisse questa lettera da Minobu per Nanjo Tokimitsu, l’amministratore del villaggio di Ueno, nella provincia di Suruga, nel secondo mese del quarto anno di Kenji (1278). L’anno precedente era stato catastrofico: una siccità aveva distrutto i raccolti provocando una grave carestia, un’epidemia era dilagata nella zona causando numerosi morti e infine la minaccia di una seconda invasione mongola che tornava a profilarsi non faceva che aumentare il profondo disagio del popolo.

In questa lettera Nichiren Daishonin esprime la sua gratitudine per le offerte di Nanjo e lo loda per la sua profonda sincerità.

Introduce poi il concetto dei due tipi di fede: l’una effimera come il fuoco e l’altra simile all’acqua che scorre incessantemente, esprimendo parole di lode per la fede del suo discepolo che, nella sua sincerità e costanza, era del secondo tipo.


Note
1. Draghi: uno degli otto tipi di esseri non umani che proteggono il Buddismo. Si credeva che portassero la pioggia e che fossero dotati di vari poteri sovrannaturali e della capacità di far accadere fenomeni miracolosi.
2. Riferimento a un passo del capitolo “Dharani” del Sutra del Loto, in cui le dieci fanciulle demoni e altri promettono al Budda di proteggere dalla disgrazia e dai pericoli i devoti del Sutra del Loto. Esse dichiarano inoltre: «A chiunque ignora i nostri incantesimi e tormenta i predicatori della Legge, si spacchi la testa in sette pezzi come i rami dell’albero arjaka» (Il Sutra del Loto, cap. 26, p. 422).