Quando egli [Ashvaghosha] apparve nel mondo, studiò i vari sutra mahayana e insegnò che vi sono terre pure in ognuna delle dieci direzioni e che tutti i fenomeni sono caratterizzati da eternità, felicità, vero io e purezza.
A quel tempo le congregazioni di monaci negli innumerevoli templi hinayana delle cinque regioni dell’India, con i suoi sedici grandi stati, cinquecento stati medi, diecimila piccoli stati e innumerevoli staterelli disseminati come chicchi di miglio, si sollevarono tutte insieme, come uno sciame di vespe, come un formicaio brulicante, urlando con voce tonante.
E i monaci, tutti radunati insieme in una sola volta, unirono le loro teste lamentandosi: «Quando il Budda era nel mondo, i maestri non buddisti delle cinque regioni dell’India lottarono contro il nostro maestro Shakyamuni, il signore degli insegnamenti. Il Budda era uno solo mentre i maestri non buddisti erano molti. Ma i maestri non buddisti erano come tante formiche e il Budda era come un drago, o come un leone. Perciò fu in grado di affrontarli e sconfiggerli.
«Adesso però la situazione è piuttosto diversa. È vero che Ashvaghosha è uno solo e noi siamo tanti, ma questa è l’ultima epoca e quindi gli eserciti del male sono forti e quelli del bene sono deboli. Quando il Budda era nel mondo gli insegnamenti non buddisti e gli insegnamenti del Budda erano come il fuoco e l’acqua…».
Cenni Storici
Sia la parte iniziale sia la parte finale di questa lettera sono andate perse. Non si conosce il destinatario e neanche la data in cui fu scritta. A questa lettera è stato dato il titolo Eternità, felicità, vero io e purezza perché si riferisce a queste quattro virtù della vita del Budda. Esse rappresentano un concetto mahayana in contrasto con il concetto hinayana di impermanenza, sofferenza, non io e impurità.
Nichiren Daishonin descrive il modo in cui reagirono i monaci buddisti hinayana in India quando Ashvaghosha tentò di divulgare gli insegnamenti mahayana. Ashvaghosha faceva riferimento all’esistenza di terre del Budda nelle dieci direzioni, sottintendendo che chiunque aveva la possibilità di conseguire la Buddità, in qualsiasi luogo. Ma gli insegnamenti hinayana sostenevano che nel mondo di saha ci fosse un solo Budda, Shakyamuni, negando quindi la Buddità a chiunque altro.
I maestri non buddisti dell’epoca di Shakyamuni sostenevano che questo mondo fosse caratterizzato dalle virtù di eternità, felicità, vero io e purezza, ma il Budda mise in luce il loro errore e li invitò a osservare le realtà dell’impermanenza, sofferenza, non io e impurità. Perciò i seguaci hinayana denunciarono Ashvaghosha quando egli espose le quattro virtù di eternità, felicità, vero io e purezza. Non erano in grado di riconoscere la differenza fra queste due categorie di quattro virtù. Nel Buddismo le quattro virtù di eternità, felicità, vero io e purezza sono attribuite allo stato illuminato del Budda, mentre i maestri non buddisti ricercavano tali virtù nel regno non illuminato. Solo quando si ottiene l’illuminazione, si percepisce che tutti i fenomeni sono caratterizzati dalle quattro virtù.
Il frammento si conclude con i buddisti hinayana che si lamentano della forza con cui Ashvaghosha stava propagando gli insegnamenti mahayana.
Note