Domanda: Nell’esporre le sue dottrine, la Scuola del Loto fa uso dei commentari di T’ien-t’ai, Miao-lo, Dengyo e gli altri?
Risposta: Certamente. Questi vari commentari servono da specchio luminoso che aiuta a comprenderne le dottrine.
Domanda: Come possono servire da specchio luminoso? Questi vari commentari citano sutra predicati prima del Sutra del Loto e insegnamenti provvisori, invece di metterli da parte. Così, per esempio, dicono che «la saggezza che il Budda dimostrò all’inizio e quella che dimostrò nell’ultimo periodo rappresentano allo stesso modo il principio della perfetta e immediata illuminazione»1 e che «per quanto riguarda myo, o meraviglioso, il myo di questo insegnamento e il myo degli altri insegnamenti non hanno un significato differente»2. Essi dicono che il Sutra della Ghirlanda di fiori e il Sutra del Loto rappresentano entrambi la saggezza del Budda, che la saggezza del Budda in questi due sutra non è diversa e che la saggezza del Budda esposta nell’insegnamento di condivisione e nell’insegnamento specifico può essere considerata identica a quella del Sutra del Loto. Come puoi sostenere che il Sutra del Loto sia assolutamente superiore a questi altri insegnamenti? Non possiamo essere d’accordo con idee simili.
Risposta: Questi passi che hai citato dal commentario di T’ien-t’ai sicuramente concordano con le dottrine della scuola Tendai [Loto]. Ma devi capire che nei sessanta volumi dei commentari di T’ien-t’ai3 vi sono due tipi di approcci: la via della dottrina e la via dell’illuminazione. Il termine “via della dottrina” si riferisce alla classificazione dottrinale dei sutra, mentre il termine “via dell’illuminazione” si riferisce all’illuminazione interiore.
Riguardo ai passi dei commentari che hai appena citato, dobbiamo prima chiederci a quale categoria di scritti e idee essi appartengano. Se appartengono ai commenti relativi agli insegnamenti dottrinali, allora dobbiamo precisare che, nel discutere le classificazioni dottrinali di questi insegnamenti, T’ien-t’ai stabilisce tre criteri con i quali determinare la superiorità comparativa del Sutra del Loto e dei sutra predicati prima di esso.
Quali sono allora questi tre criteri di comparazione? Il primo dei tre considera se le persone di ogni capacità possano o no conseguire la Buddità tramite un particolare sutra. Il secondo considera se il processo di insegnamento, ovvero il processo di piantare il seme della Buddità nella vita delle persone e alla fine di raccoglierne il frutto conducendole alla Buddità, sia rivelato pienamente. Il terzo criterio considera se sia rivelata la relazione originale tra maestro e discepolo.
Dunque dobbiamo determinare a quale di queste tre categorie appartenga il passo citato dal commentario. Se appartiene alla prima, che riguarda se le persone di ogni capacità possano o no conseguire la Buddità attraverso un particolare sutra, allora dobbiamo ulteriormente chiederci da quale dei due gruppi di classificazioni dipenda la risposta: da quelli che riguardano i quattro insegnamenti della dottrina e i quattro insegnamenti del metodo, o da quelli che riguardano i cinque periodi degli insegnamenti del Budda.
Se la risposta è che dipende dalle classificazioni che riguardano i quattro insegnamenti della dottrina e i quattro insegnamenti del metodo, allora dobbiamo notare che, per queste classificazioni, come per le altre che riguardano i cinque periodi degli insegnamenti del Budda, i commentari distinguono tra due tipi di interpretazione, un’interpretazione più indulgente e un’interpretazione più severa4. Dobbiamo quindi chiederci se i passi citati seguano l’interpretazione indulgente o quella severa.
Se non sappiamo distinguere tra i passi che dipendono dalle classificazioni riguardanti i quattro insegnamenti della dottrina e i quattro insegnamenti del metodo, e quelli che dipendono dalle classificazioni riguardanti i cinque periodi, o tra l’interpretazione indulgente e l’interpretazione severa, allora dovremmo dire che [sebbene uno affermi di essere un seguace della scuola Tendai-Loto] in realtà è decisamente ignorante delle dottrine di quella scuola.
Gli insegnamenti della scuola Tendai-Loto usano queste classificazioni dottrinali per rivelare l’intenzione originale dei vari Budda. Se una persona ignora queste classificazioni dottrinali e, nonostante ciò, cerca di discutere gli insegnamenti del Sutra del Loto, allora, come ha detto il Gran Maestro Dengyo: «Anche se loda il Sutra del Loto, ne uccide il cuore»5, cioè distrugge l’intento del Loto.
Inoltre, [come dice il Gran Maestro T’ien-t’ai] nel suo commentario: «Quando si cerca di propagare gli altri sutra, non occorre considerare la loro posizione esatta nella classificazione comparativa delle dottrine e ciò non pregiudicherà la comprensione del loro significato. Ma, quando si cerca di propagare il Sutra del Loto, a meno che non se ne capisca la posizione nella classificazione dottrinale, non si riuscirà a comprendere il significato del testo»6.
Queste classificazioni dottrinali costituiscono di fatto le fondamenta stesse su cui si basano gli insegnamenti di T’ien-t’ai. T’ien-t’ai stesso ammoniva severamente che, se qualcuno avesse cercato di descrivere i suoi insegnamenti, come hai fatto tu, senza prendere in considerazione l’ordine con il quale gli insegnamenti del Budda furono esposti, senza distinguere fra parziale e perfetto, o scegliere fra ciò che è erroneo e ciò che è corretto, allora nessuno avrebbe dovuto credere o accettare ciò che quella persona diceva.
Se non riesci nemmeno a capire questo, di certo meriti riprovazione per aver cercato di citare i commentari di T’ien-t’ai in questa maniera irresponsabile!
Nella sezione che tratta del primo dei tre criteri di comparazione esposti nel commentario di T’ien-t’ai, quello in cui considera se le persone di ogni capacità possano o no conseguire la Buddità tramite un particolare sutra, egli distingue due punti di vista riguardo a myo, o meraviglioso: il myo comparativo e il myo assoluto.
Dal punto di vista del myo comparativo, inoltre, egli spiega come si possa determinare la superiorità o inferiorità di qualsiasi insegnamento buddista attraverso le classificazioni dei quattro insegnamenti della dottrina e dei quattro insegnamenti del metodo, e quelle dei cinque periodi degli insegnamenti del Budda.
Nei casi in cui ci si riferisce ai quattro insegnamenti della dottrina, gli insegnamenti della vita del Budda si dividono in quattro categorie – gli insegnamenti del Tripitaka, l’insegnamento di condivisione, l’insegnamento specifico e l’insegnamento perfetto – e si usano queste categorie per determinare la superiorità comparativa dell’insegnamento in questione. In tali circostanze [come descritto in Annotazioni su “Il significato profondo del Sutra del Loto”] «I primi tre [dei quattro insegnamenti] sono definiti “grezzi”, e l’ultimo [l’insegnamento perfetto] “meraviglioso”». Dunque gli insegnamenti del Tripitaka, di condivisione e specifico, che sono insegnamenti “grezzi”, vanno rifiutati e bisogna scegliere l’ultimo insegnamento, la Legge meravigliosa.
Tuttavia, a questo livello del procedimento, se si applica una interpretazione indulgente, agli insegnamenti provvisori esposti nei sutra predicati prima del Loto viene ancora attribuito un certo grado di validità, in quanto forniscono una sorta di temporaneo o provvisorio raggiungimento della via. Per il momento, la saggezza del Budda espressa nel Sutra della Ghirlanda di fiori e quella espressa nel Sutra del Loto sono considerate di pari valore. Per questo T’ien-t’ai nel suo commentario enuncia l’interpretazione indulgente secondo la quale «la saggezza che il Budda dimostrò all’inizio e quella che dimostrò nell’ultimo periodo rappresentano allo stesso modo il principio della perfetta e immediata illuminazione».
Tuttavia, nei casi in cui si fa riferimento ai cinque periodi degli insegnamenti del Budda, gli insegnamenti della sua vita si dividono in cinque periodi, cioè, il periodo della Ghirlanda di fiori, il periodo Agama, il periodo Corretto ed equo, il periodo della Saggezza e il periodo del Loto. In questo caso si applica l’interpretazione severa: i primi quattro periodi, o gusti, vengono definiti “grezzi” e l’ultimo viene giudicato “meraviglioso”. Così, il passo che impiega questa interpretazione severa afferma: «Sia coloro che abbracciano il punto di vista raffinato [Ghirlanda di fiori], sia coloro che abbracciano il punto di vista grezzo [Agama, Corretto ed equo e della Saggezza], stanno comunque sbagliando. Perciò, a causa del loro errore, meritano di esser chiamati persone “grezze”»7.
Il significato di questo passo del commentario è che, sebbene il Sutra della Ghirlanda di fiori contenga sia l’insegnamento specifico sia l’insegnamento perfetto, si può dire che la parte che riguarda l’insegnamento perfetto rappresenti la saggezza del Budda. I sutra Corretti ed equi espongono tutti e quattro gli insegnamenti, l’insegnamento del Tripitaka, l’insegnamento di condivisione, l’insegnamento specifico e l’insegnamento perfetto, e, allo stesso modo, la parte che riguarda l’insegnamento perfetto rappresenta la saggezza del Budda. I sutra della Saggezza espongono tre insegnamenti, l’insegnamento di condivisione, l’insegnamento specifico e quello perfetto e, anche in questo caso, la parte che riguarda l’insegnamento perfetto rappresenta la saggezza del Budda.
Tuttavia, poiché il Sutra della Ghirlanda di fiori espone l’insegnamento specifico, che è un insegnamento spurio, insieme all’insegnamento perfetto, la saggezza del Budda contenuta nel sutra è contaminata da cattivi elementi e perciò va rifiutata. Allo stesso modo la saggezza del Budda contenuta nell’insegnamento perfetto dei sutra Corretti ed equi è contaminata dai tre insegnamenti precedenti che l’accompagnano, i quali sono di natura spuria. La saggezza del Budda contenuta nell’insegnamento perfetto dei sutra della Saggezza è mischiata in maniera simile con gli insegnamenti spuri dei due insegnamenti precedenti, quello di condivisione e quello specifico, che appartengono alla categoria “grezza”.
Alla luce di tutto questo, sebbene il termine “saggezza del Budda” sia usato nello stesso modo in tutti i casi, la saggezza del Budda contenuta nell’insegnamento perfetto di queste tre categorie di sutra è cattiva a causa della sua natura “grezza”, che deriva dagli errori in esso contenuti, e perciò viene relegata a un livello inferiore.
Così un commentario8, usando queste categorie dei quattro insegnamenti per determinare la vera superiorità o inferiorità dei vari sutra, determina che, a una prima considerazione, il nome “Hinayana”, o piccolo veicolo, si applica solo all’insegnamento del Tripitaka, ma, a una ulteriore considerazione, tutti e tre gli insegnamenti, del Tripitaka, di condivisione e specifico, dovrebbero essere chiamati Hinayana.
Cioè, dapprima si considera che le dottrine dell’insegnamento del Tripitaka esposto nei sutra Agama, che trattano dei duecentocinquanta precetti, dovrebbero tutte essere definite dottrine hinayana e, per tale ragione, rifiutate. Ma, a una ulteriore considerazione, il commentario conclude che tutti e tre gli insegnamenti, del Tripitaka, di condivisione e specifico, gli ultimi due dei quali vengono di solito chiamati Mahayana, o grande veicolo, dovrebbero essere definiti dottrine hinayana. Tale è il giudizio esposto dal Gran Maestro Chisho del nostro stesso paese del Giappone nella sua opera Commentario al “Trattato sul Sutra del Loto”.
Passiamo poi alla discussione del myo assoluto, la dottrina che tratta dell’apertura e della fusione degli insegnamenti. A questo punto, gli insegnamenti esposti nei sutra predicati prima del Sutra del Loto, cioè gli insegnamenti provvisori, che erano stati messi da parte come indesiderabili, vengono ora tutti fusi nel grande mare del Sutra del Loto. Perciò, dal momento che questi insegnamenti provvisori entrano nel grande mare del Sutra del Loto, non c’è più niente di indesiderabile in loro. Tutti confluiscono nell’unico gusto di Nam-myoho-renge-kyo, grazie alle funzioni inconcepibilmente meravigliose del grande mare del Sutra del Loto. Perciò non c’è più ragione di chiamarli con nomi separati, come scuola Nembutsu, scuola dei Precetti, scuola della Vera parola o scuola Zen, come si faceva in passato.
Pertanto il Gran Maestro T’ien-t’ai nel suo commentario afferma: «[Il Trattato sulla grande perfezione della saggezza dice:] “Quando le varie acque entrano nel mare, tutte assumono ugualmente un unico sapore salato”. Quando i vari tipi di saggezza entrano nella saggezza che percepisce la vera natura delle cose, essi perdono i nomi che portavano in precedenza»9. Il commentario sta dicendo che non c’è più alcun bisogno di distinguerle usando i nomi che portavano in origine.
Oggi nel mondo la gente, e anche i seguaci della scuola Tendai, recitano i nomi dei sutra che corrispondono ai primi quattro gusti, sutra che furono messi da parte dal punto di vista del myo comparativo, o ancora recitano i nomi dei vari Budda o bodhisattva, perché sostengono che, dopo l’apertura e la fusione di questi con il Sutra del Loto, tutti appartengono alla meravigliosa entità del Loto. Prima che entrassero nel grande mare del Sutra del Loto, ognuno era considerato distinto e separato dal sutra. Ma, da quando si sono fusi nel grande mare, è un enorme errore definirli “buoni” o “cattivi” come veniva fatto in passato. I ruscelli che in passato si evitavano perché indesiderabili e le fresche acque ritenute accettabili sono adesso diventati un’unica massa d’acqua che scaturisce da una sola fonte, il grande mare. Così, con qualsiasi nome la si chiami, è la stessa acqua del grande mare. In verità chiamarla con nomi diversi va bene, ma farlo pensando che rappresentino approcci diversi è di per sé sbagliato. Fintanto che la si pensa come un’unica massa d’acqua, cioè il grande mare, non c’è pericolo nell’assecondare il proprio cuore, continuando a seguire gli insegnamenti di un particolare Budda o bodhisattva e continuando a recitare quello che si recitava prima. Così, a causa di questi ragionamenti le persone continuano ad assecondare il proprio cuore, e recitano il Nembutsu o svolgono le pratiche della Vera parola come prima.
Se nell’affrontare la questione si adotta un’interpretazione indulgente, forse si può vederla in questo modo. Ma, se si applica un’interpretazione severa, si può soltanto dire che un ragionamento simile condurrà sicuramente a cadere nell’inferno. Lo dico perché, sebbene una persona, ragionando in questo modo, possa continuare a credere e a recitare come prima, se diecimila persone, senza capire tale ragionamento, semplicemente credono e continuano a svolgere pratiche basate sulle loro concezioni distorte e le loro emozioni distorte, allora, anche se quell’unica persona può in tal modo conseguire la Buddità, le diecimila persone cadranno nell’inferno perché hanno seguito dottrine malvagie basate su concezioni distorte.
I nomi e le parole che i sutra predicati prima del Sutra del Loto usano per esporre le loro dottrine, e il ragionamento che soggiace a tale esposizione, sono tutti basati su concezioni distorte ed emozioni distorte, sono quel tipo di insegnamenti provvisori a cui si riferisce il Sutra del Loto quando dice: «Si perdono nella densa foresta delle opinioni errate, dibattendo su cosa esista e cosa non esista»10. Perciò coloro che continuano a credere, a recitare questi nomi e parole, e a riflettere sulle idee che vi stanno alla base, sia che capiscano veramente cosa stanno facendo o no, sono tutti, senza eccezioni, destinati a cadere nel grande inferno.
Se capiscono cosa stanno facendo e tuttavia continuano nella loro recitazione, sono come persone che cercano il grande mare nella pozza che si è creata nell’orma di uno zoccolo di bue, sono persone che nutrono opinioni erronee; come potrebbero sperare di sfuggire alla rinascita nei tre sentieri malvagi dell’esistenza? E se non capiscono cosa stanno facendo e continuano a recitare, sono persone che sono state ingannate e sviate sin dall’inizio; a causa del loro attaccamento ostinato alle concezioni erronee degli insegnamenti provvisori, sono senza dubbio dirette verso la grande fortezza dell’inferno di sofferenza incessante.
Allo stesso modo, anche dopo che gli insegnamenti provvisori sono stati aperti e fusi con il Sutra del Loto, non si devono accettare queste dottrine malvagie, che erano state rifiutate e messe da parte come “insegnamenti grezzi”, o recitare i nomi, le parole, o i princìpi che le sottendono, mischiando tali dottrine con quelle del Sutra del Loto.
Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda” afferma: «Sia dal punto di vista comparativo sia da quello assoluto si dovrebbe abbandonare tutto ciò che è cattivo. Essere attaccati al perfetto insegnamento è cattivo ed essere attaccati agli altri insegnamenti ovviamente è ancor peggio».
Il significato di questo passo è che, sia che si tratti del myo comparativo sia del myo assoluto, in entrambi i casi bisogna staccarsi dalle dottrine sbagliate o malvagie. È sbagliato attaccarsi persino al perfetto insegnamento dei sutra precedenti, per non parlare dell’attaccamento agli altri insegnamenti che essi espongono.
La parola “perfetto” qui significa ciò che è completo o pienamente soddisfacente, mentre la parola “altri” significa ciò che è incompleto. È sbagliato attaccarsi persino all’insegnamento perfetto nel quale tutti gli esseri dei Dieci mondi sono ugualmente capaci di conseguire la Buddità, e un simile attaccamento va rifiutato. Quanto peggio è allora attaccarsi alle dottrine malvagie o errate, che sono incomplete perché non riconoscono che tutti gli esseri dei Dieci mondi sono ugualmente capaci di conseguire la Buddità, e, mattina e sera, accettarle, sostenerle, leggerle, recitarle, esporle e trascriverle!
Anche se l’insegnamento perfetto dei sutra precedenti può ora essere stato “aperto e fuso” con il Sutra del Loto, ciò non significa che l’insegnamento perfetto dei sutra precedenti abbia lo stesso gusto del Sutra del Loto. Sebbene sia stato aperto e fuso nel Sutra del Loto è ancora ciò che viene definito insegnamento provvisorio all’interno del Sutra del Loto, non il vero insegnamento.
Quando questo insegnamento provvisorio all’interno del Sutra del Loto viene per un certo tempo estrapolato e diventa esterno a esso, quando i Budda «operano delle distinzioni all’interno dell’unico veicolo del Budda e lo insegnano come fossero tre veicoli»11, allora il termine “perfetto” viene applicato a questo insegnamento provvisorio e si parla del perfetto insegnamento che è nei tre veicoli.
Sin dai tempi antichi la similitudine del bastone d’oro è stata impiegata per spiegare la questione dei tre veicoli. Supponiamo che qualcuno prenda un bastone d’oro, lo spezzi in tre e ne dia una parte per ciascuna alle persone che, per le loro differenti capacità, rappresentano i tre veicoli degli ascoltatori della voce, dei risvegliati all’origine dipendente e dei bodhisattva. Poi dice loro: «Questi sono tutti fatti d’oro e, siccome sono tutti ugualmente d’oro, come possiamo considerarli diversi l’uno dall’altro e giudicare che uno sia superiore all’altro?».
A prima vista sembrerebbe un’interpretazione ragionevole, ma di fatto si basa su una comprensione errata da parte degli studiosi. Adesso, se esaminiamo il vero significato della similitudine, vediamo che, quando il Budda prese il bastone d’oro che rappresenta l’insegnamento provvisorio che si trova nel testo del Sutra del Loto, lo rivolse verso i rappresentanti delle tre differenti capacità12 e, come qualcosa di esterno al testo del Sutra del Loto, lo agitò tre volte. Ma le persone di differenti capacità, vedendo lo scintillio del bastone, non capirono cosa stava accadendo e tutti supposero che il bastone fosse stato loro concretamente affidato.
Se ciò fosse vero, se il bastone fosse stato davvero rotto in tre parti, allora la similitudine sarebbe perfettamente adeguata. Ma il Budda non spezzò il bastone d’oro degli insegnamenti provvisori in tre parti, si limitò ad agitarlo tre volte. Tuttavia le persone, con le loro differenti capacità, persistettero nel pensare che il bastone era stato spezzato in tre parti. Questo fraintendimento ha condotto a concezioni errate di proporzioni enormi, davvero enormi!
I benefici dell’insegnamento provvisorio che si trova all’interno del corpo del Sutra del Loto vengono semplicemente sbandierati con forza tre volte davanti alle persone delle tre differenti capacità che sono esterne a tale corpo. Ma questo non significa che l’insegnamento inconcepibilmente perfetto e vero della meravigliosa entità del Sutra del Loto sia stato sbandierato in loro presenza. Così, anche se qualcuno può pensare che lo scintillio esterno che fu visto dalle persone dei tre veicoli adesso è stato aperto e fuso con l’entità dell’insegnamento provvisorio che era presente per tutto il tempo all’interno del Sutra del Loto, è ancora l’insegnamento provvisorio che era presente per tutto il tempo e non, in alcun senso, l’insegnamento perfetto all’interno del corpo del Sutra del Loto. Bisogna tenere a mente questo per comprendere correttamente le dottrine degli insegnamenti provvisori e veri all’interno del Sutra del Loto e al di fuori di esso.
Veniamo ora alle dottrine della scuola Zen, che pretende di rappresentare “una trasmissione separata al di fuori dei sutra, indipendente da parole e scritti”, che parla di qualcosa di “non trasmesso dal Budda e dai patriarchi”, che afferma che l’insegnamento dei sutra è come “un dito che indica la luna” e che “questo stesso corpo è il Budda”, dottrine secondo le quali essi non dipendono da parole o scritti, non si affidano ai Budda e ai patriarchi, non studiano o praticano gli insegnamenti dottrinali, non ripongono fede in immagini dipinte o in legno.
Nel confutare tali dottrine, ci si dovrebbe chiedere perché, se la scuola Zen non si affida ai Budda o ai patriarchi, parla dei ventotto patriarchi dell’India e dei sei patriarchi della Cina. E perché continua a parlare di come il Venerabile Mahakashyapa ricevette un ramo fiorito dal Budda Shakyamuni e sorrise, ricevendo l’unica verità della mente sul Picco dell’Aquila e tramandandola alla scuola Zen.
Inoltre, se a questa scuola non sono di alcuna utilità i patriarchi, perché riverisce il Gran Maestro Bodhidharma come suo patriarca fondatore? E se non le sono di alcuna utilità le dottrine dei sutra, allora perché, nelle sue devozioni mattutine e serali, continua a recitare mantra e dharani? Perché discute, legge e recita il Sutra Shuramgama, il Sutra del Diamante, o il Sutra della Perfetta illuminazione? E, se non ripone fede nei Budda e nei bodhisattva, allora perché quando camminano, stanno in piedi, seduti o coricati, i suoi seguaci recitano la formula “Omaggio ai Tre tesori”?
Incalzali con domande come queste.
Se poi vengono da te con vari tipi di enunciazioni assurde, espresse in termini che non hai mai sentito prima, rivolgiti a loro come segue. Puntualizza che ci sono tre tipi di persone, quelle di capacità superiore, quelle di capacità media e quelle di capacità inferiore e che, di conseguenza, gli insegnamenti del Budda sono stati predicati in tre modi diversi per adattarsi a queste tre capacità. Anche la scuola Zen nelle sue dottrine presenta i suoi insegnamenti secondo le tre categorie dell’approccio razionale, delle porte della capacità e del supremo ottenimento13, per adattarsi a queste tre capacità. Chiedi allora a quale delle tre categorie di capacità tu appartieni, secondo i tuoi interlocutori, visto che ti affrontano con questi termini dottrinali che non hai mai sentito prima. Costringili a rispondere se pensano che ci si debba rivolgere a te con l’approccio razionale, le porte della capacità o il supremo ottenimento.
L’approccio razionale indica il modo impiegato per spiegare le dottrine Zen a una persona di capacità inferiore attraverso l’uso della ragione. L’approccio delle porte della capacità è quello che si usa con una persona di capacità media. Se la domanda è: «Qual è il tuo volto originale?»14, si risponde: «La quercia nel giardino» e in questo modo si espone la dottrina Zen. Il termine “supremo ottenimento” si applica alle persone di capacità superiore. Questo tipo di persona non riceve la dottrina Zen dai patriarchi e nemmeno dal Budda, bensì ha la capacità di comprenderla da solo. Quando Mahakashyapa sorrise e ricevette il fiore sul Picco dell’Aquila, diventando con questo il destinatario dell’unica verità della mente, era ancora un esempio di capacità media.
In effetti ciò che conosciamo come dottrina Zen ebbe inizio quando Mahakashyapa ricevette il ramo fiorito, e la dottrina è giunta fino ai giorni nostri. Ma, questo fiore che gli fu dato, era il fiore di un albero o di una pianta? A quale dei cinque colori primari apparteneva, che colore aveva? E com’erano le sue foglie? Bisognerebbe porre domande dettagliate su questi argomenti.
Se la scuola Zen fosse capace di descrivere questo fiore esattamente com’è, allora sapremmo che essa ha davvero afferrato almeno una minima porzione dell’unica verità della mente. Ma, anche se così fosse, ciò non si accorderebbe con la vera intenzione del Budda. Perché? Perché la scuola Zen non ha fede nel Sutra del Loto. Quella intenzione è descritta dettagliatamente alla fine della sezione in prosa del capitolo “Espedienti” del Sutra del Loto15, che possono andare a cercare e leggere da soli.
Inoltre la dottrina Zen insegna che ci si dovrebbe liberare da tutti gli attaccamenti. Se una persona pende a sinistra, è un attaccamento a quella direzione, se pende a destra, anche quello è un attaccamento, e così è un insegnamento che oscilla incessantemente da una parte all’altra.
Nel refutare tale argomentazione dovresti replicare chiedendo perché i fautori dello Zen, pur criticando costantemente gli altri per i loro attaccamenti, non riescono a liberarsi dai propri. Dovresti dire così: «Sebbene voi biasimiate gli altri per i loro attaccamenti, perché non riuscite ad abbandonare il vostro stesso attaccamento all’idea che considera gli attaccamenti degli altri come attaccamenti?».
Di tutti gli insegnamenti che esistono, non ve n’è nemmeno uno che non sia stato esposto dai Budda delle tre esistenze di passato, presente e futuro. Se voi, sostenitori dello Zen, pretendete che i vostri insegnamenti siano “non trasmessi dai Budda e dai patriarchi”, che non siano stati tramandati dai Budda e dai patriarchi, allora la dottrina Zen deve essere stata tramandata dal demone celeste, non vi pare? Perciò non siete andati oltre il livello delle due visioni contrapposte di un sé che finisce con la morte e di un sé che si perpetua eternamente, e senza dubbio siete destinati a cadere nell’inferno di incessante sofferenza.
Dovresti continuare a usare così le loro stesse parole, più e più volte, in modo da metterli con le spalle al muro. Tuttavia poiché mancano di qualsiasi istruzione, non daranno ascolto alla ragione. Non possono capire il ragionamento degli altri e nemmeno le fallacie contenute nel loro stesso ragionamento; sono persone dalla comprensione ottenebrata. E poiché rifiutano di piegarsi alla ragione, rivolgersi a loro è come cercare di dipingere un’immagine sull’acqua che scorre.
Poi, riguardo all’asserzione che “questo stesso corpo è il Budda”, dovresti chiedere di conoscere quale tipo di ragionamento la giustifichi. Se non c’è un ragionamento che la giustifichi, se ci sono delle semplici pretese che “questo stesso corpo è il Budda”, senza alcuna giustificazione, puntualizza che allora deve essere l’insegnamento del demone celeste.
Inoltre, appena si sentono le parole “questo stesso corpo è il Budda”, viene subito il sospetto che la scuola Zen abbia semplicemente rubato l’asserzione della scuola Tendai Loto che si può “conseguire la Buddità in questo stesso corpo”16 e l’abbia adattata alla propria scuola. Se è così, allora chiedi di sapere se “questo stesso corpo è il Budda” significa che si può conseguire la Buddità come descritto nel Sutra del Loto. Se non c’è un simile ragionamento dietro a tale frase, se si tratta solo di un insieme di parole impiegate da qualcuno, allora è un’asserzione priva di significato che nessuno può assolutamente permettersi di usare.
È come, per esempio, un popolano che va dicendo di essere un re. Niente può impedirgli di dichiarare di essere un re. Ma, per quanto la sua lingua possa godere nel pronunciare tale dichiarazione, non rimarrà altro che un popolano, di condizioni umili e disprezzate.
O è come qualcuno che insiste a dire che cocci e detriti in realtà sono gioielli. Dichiarare semplicemente che pietre e cocci sono gioielli non ha mai trasformato le pietre in gioielli veri. E tu stai facendo la stessa cosa quando ripeti la formula “questo stesso corpo è il Budda”; nient’altro che parole dietro alle quali non c’è niente; uno spettacolo pietoso, veramente pietoso!
Poi, riguardo alla frase che la dottrina Zen è “indipendente da parole o scritti”, cosa intenderesti con “parole o scritti” che ti permetta di affermare che la dottrina Zen ne è indipendente? Parole e scritti sono i mezzi con i quali le menti di tutti gli esseri viventi si rivelano. Ciò che una persona scrive ci rivela la natura della sua mente. Le componenti fisiche e mentali dell’individuo alla fine sono inseparabili, e quindi ciò che una persona ha scritto rivelerà se quella persona è molto o poco dotata.
Le parole e gli scritti quindi sono i mezzi attraverso i quali questi fattori inseparabili, cioè la componente fisica e quella mentale di tutti gli esseri viventi, si rivelano. Se non dipendi da parole o scritti non puoi dare espressione alla tua componente fisica e mentale. Dimostrami, se puoi, come esprimeresti anche solo una frase della dottrina Zen senza fare ricorso ai sei organi di senso! Insisti così nella tua argomentazione.
Inoltre, se dici che c’è qualcosa che esiste oltre ai sei organi di senso, o se dici che non c’è nulla che esiste al di fuori di essi, in entrambi i casi sei ancora nell’ambito delle due visioni contrapposte dell’esistenza e della non esistenza. Se dici che niente esiste, questa è la concezione della non esistenza; se dici che qualcosa esiste, questa è la concezione dell’esistenza. E nessuno di questi due punti di vista si accorda con la verità.
Infine, l’affermazione che gli insegnamenti dei sutra sono come un dito che indica la luna significa forse che, una volta vista la luna, il dito diventa superfluo? Se significa questo, allora per te tuo padre e tua madre sono superflui? Il maestro è superfluo per il discepolo? La terra è superflua? Il cielo è superfluo?
È come dire che prima che tu nascessi tuo padre e tua madre erano effettivamente necessari, ma dopo la tua nascita non erano più di alcuna utilità. O come dire che per imparare una certa abilità occorre indubbiamente un maestro, ma una volta acquisita non serve più. Che il cielo è utile quando fa scendere la pioggia, ma una volta che questa è caduta non serve più. O che la terra deve esistere per generare piante ed alberi, ma una volta che questi sono spuntati non serve più.
C’è un proverbio che dice: «Passata la gola, il piccante si dimentica, curata la malattia, il medico si dimentica». E la tua affermazione non è diversa da questo.
I sutra non sono altro che parole e scritti, e le parole e gli scritti sono la vita stessa dei Budda delle tre esistenze di passato, presente e futuro, come afferma T’ien-t’ai nel suo commentario17. T’ien-t’ai era tra i patriarchi della scuola Zen in Cina18. Rifiuteresti le parole di uno dei tuoi stessi patriarchi?
Inoltre le parole e gli scritti sono il tuo stesso corpo e la tua stessa mente. Sono il corpo e la mente che continua per sempre di tutti gli esseri viventi delle tre esistenze. Perché scarteresti ciò che di fatto è il tuo “volto originale” in favore di qualcosa che è “indipendente da parole o scritti”? È come quell’uomo di tanto tempo fa che, quando traslocò in una nuova casa, dimenticò di portare con sé la moglie19.
Procedendo in questo modo come puoi sperare di imparare la vera dottrina Zen? Com’è squallido questo insegnamento Zen! Refutalo in questo modo.
Veniamo poi alle dottrine delle cosiddette sei scuole: Ghirlanda di fiori, Caratteristiche dei dharma, Tre trattati, Tesoro dell’Abhidharma, Affermazione della verità e Precetti. Per quanto elaborata possa essere la presentazione delle loro dottrine, esse sono facili da refutare. Dopo averli lasciati parlare a sufficienza, leggi loro semplicemente il memoriale in cui i capi delle scuole di Buddismo di Nara, la capitale meridionale, ammisero la loro sconfitta20. I patriarchi e i maestri delle sei scuole scrissero tanto tempo fa questo documento in cui ammettevano la loro sottomissione agli insegnamenti della scuola Tendai e lo presentarono all’imperatore Kammu. In conformità a ciò, il documento è stato conservato nel tempio principale della scuola Tendai sul monte Hiei. Inoltre, una copia di esso è in possesso della corte imperiale e varie copie sono state conservate e tramandate nelle famiglie di vari eruditi.
Da allora fino ad oggi, nell’Ultimo giorno della Legge, i sostenitori della Ghirlanda di fiori e degli altri insegnamenti che costituiscono le sei scuole non sono mai stati in grado di risollevare la testa nemmeno una volta. Perché allora qualcuno dovrebbe farsi avanti adesso con gli insegnamenti provvisori che sono stati già scartati, con queste dottrine attraverso le quali nessuno ha mai raggiunto la via, e dichiarare, come fanno queste scuole, che esse rappresentano la verità? Rimprovera i sostenitori di queste scuole per la loro mancanza di comprensione.
Parlerò adesso delle dottrine della scuola della Vera parola. Dovresti iniziare la tua discussione chiedendo se le persone a cui ti stai rivolgendo credono che i tre sutra21, sui quali la scuola della Vera parola basa le sue dottrine, siano stati esposti dal Tathagata Mahavairochana oppure dal Tathagata Shakyamuni.
Se essi rispondono che furono esposti da Shakyamuni, allora fai notare che gli insegnamenti esposti da Shakyamuni nel corso dei cinquant’anni della sua vita di predicazione appartengono a tre categorie: quelli che [io], il Budda, «ho predicato, che ora predico e che predicherò»22. Chiedi a quale categoria appartengono il Sutra di Mahavairochana e gli altri due dei tre sutra della Vera parola. Quando indicano a quale delle tre categorie i sutra appartengono, puoi facilmente usare ciò che ti ho insegnato23 per dimostrare che devono essere inferiori al Sutra del Loto.
Se essi dovessero asserire che questi tre sutra furono predicati contemporaneamente al Sutra del Loto e che nei princìpi sono uguali al Sutra del Loto, allora fai notare che il Sutra del Loto espone solo l’unica verità che è pura e perfetta, che non è mischiata con alcuno degli espedienti predicati in precedenza. Il Sutra di Mahavairochana e gli altri sutra della Vera parola invece contengono tutti e quattro gli insegnamenti. Come si può dire allora che furono predicati nello stesso periodo del Sutra del Loto e che nei princìpi sono uguali? Rimproverali per aver pronunciato una simile asserzione errata.
Poi, se dovessero dire che i sutra della Vera parola furono predicati dal Tathagata Mahavairochana, chiedi dettagliatamente chi erano il padre e la madre del Tathagata Mahavairochana, dove egli nacque e dove morì. Di fatto non c’è nemmeno una frase o verso in questi sutra che dica chi fossero il padre o la madre di Mahavairochana, o che riveli dove nacque e morì, o dove predicò. Il Tathagata Mahavairochana è un nome privo di realtà. Usando questo approccio, le dottrine della Vera parola sono particolarmente facili da confutare.
Nel giudicare i princìpi che soggiacciono alle dottrine di una scuola, prima di poter decidere se tali insegnamenti siano efficaci si deve determinare se il signore degli insegnamenti che le espose è veramente esistito. Per esempio, nelle questioni che riguardano gli insegnamenti esoterici sulla teoria e gli insegnamenti esoterici sulla pratica24, le dottrine più profonde della scuola della Vera parola, a un attento esame si scopre che vi sono errori o falsità introdotte da coloro che tradussero i sutra in cinese o che le profonde dottrine del Sutra del Loto sono state rubate e inserite in quelle parti degli insegnamenti della Vera parola che trattano degli insegnamenti esoterici sulla pratica. Ci sono molte cose sospette! Perciò si dovrebbe sottolineare l’importanza di determinare la superiorità o l’inferiorità dei sutra basandosi sul fatto che il signore degli insegnamenti di questi sutra sia concretamente esistito oppure no.
Poi, se essi dovessero affermare che il Tathagata Mahavairochana è un Budda dal corpo del Dharma, fai notare che, tra gli insegnamenti provvisori esposti prima del Sutra del Loto, ve ne sono alcuni che parlano di un Tathagata dal corpo del Dharma, ma che, per quanto riguarda il Sutra del Loto, tutti questi insegnamenti sono stati scartati perché appartengono a un tempo in cui, come afferma il Budda: «Non ho ancora rivelato la verità»25. Cosa c’è allora di tanto meraviglioso riguardo al fatto che Mahavairochana è un Budda dal corpo del Dharma?
Se essi replicano dicendo che è meraviglioso perché egli è senza inizio e senza fine, allora fai notare che ciò è immancabilmente vero non solo del Tathagata Mahavairochana, ma di tutti gli esseri viventi, persino dei grillotalpa, delle formiche, delle zanzare o dei tafani. Tutti, nel corpo e nella mente, sono senza inizio e senza fine. Se essi credono che gli esseri viventi abbiano un inizio e una fine, allora aderiscono a un punto di vista errato esposto dai non buddisti! Chiedi loro se hanno le stesse idee dei non buddisti.
Veniamo infine al Nembutsu che rappresenta la dottrina usata dalla scuola della Pura terra. Di tutti gli insegnamenti provvisori, questa dottrina è tra le più provvisorie, è paragonabile a un sogno visto dentro un sogno. È un nome privo di realtà. E, poiché non ha realtà, non è possibile che realizzi il desiderio di tutti gli esseri viventi di rinascere nella Pura terra. Il Budda del quale parla è il Budda Amida, dalla natura condizionata e impermanente. Come potrebbe allora essere superiore a un principio che è eterno e imperituro?
Perciò il Gran Maestro Kompon [Dengyo] del nostro paese afferma nel suo commentario: «Il Budda dal corpo di ricompensa, che esiste in dipendenza da cause e condizioni, rappresenta un risultato provvisorio ottenuto in sogno, mentre il Budda eternamente dotato dei tre corpi rappresenta il vero Budda, sin dal tempo prima dell’illuminazione»26. Con queste parole egli mette in guardia contro la fede nel Budda Amida, un Budda che è condizionato e impermanente, e lo rifiuta.
E, dato che questo Budda Amida al quale si affidano i sostenitori della Pura terra è un nome privo di realtà, qualcosa che esiste solo di nome, senza alcun corpo, allora, anche se si espongono con dovizia di particolari le dottrine che promettono la rinascita nella Pura terra, predicandole in modo che sembrino elevate come il monte Sumeru o profonde come il grande mare, tali dottrine sono assolutamente inutili.
Se i sostenitori della Pura terra insistono che vi sono passi chiari e autorevoli nei sutra e nei trattati che convalidano le loro idee, fai notare che questi passi appaiono in opere predicate quando il Budda “non aveva ancora rivelato la verità”.
Non solo nei tre sutra della Pura terra, ma anche in altre opere, a cominciare dal Sutra della Ghirlanda di fiori e altri sutra, dottrine, trattati e commentari, ci sono passi perfettamente chiari che riguardano il conseguimento della Buddità, non è vero? Ma, quando tali passi appartengono agli insegnamenti provvisori, è sicuramente sciocco da parte tua attaccarti a essi come stai facendo! Perché rappresentano opinioni distorte che non si trovano nei veri sutra e trattati.
Qualsiasi ragione possano avanzare i fautori della Pura terra per sostenere e infiorettare le loro dottrine, qualsiasi passo di sutra essi possano citare, si riferiscono a “un risultato provvisorio ottenuto in sogno”, una dottrina che non è di alcuna utilità. Continua a ripetere più e più volte questo concetto.