All’Onorevole Gonin: La lettera che mi avete inviato il venticinquesimo giorno del decimo mese è arrivata il ventiseiesimo giorno del dodicesimo mese. La vostra domanda riguarda una questione che mi addolora da vari anni e perciò mi sono affrettato a rispondere nella speranza di poter chiarire ogni dubbio che voi e gli altri possiate nutrire in proposito.
Tuttavia, cercare di determinare cosa sia corretto e cosa non lo sia nelle questioni che riguardano la dottrina buddista quando si vive in campagna è, purtroppo, come indossare raffinate vesti di broccato per uscire nel buio [dove nessuno può vederle], o come un bel pino che cresce nei profondi recessi di una valle, per cui nessun taglialegna potrà mai apprezzarne il vero valore.
Inoltre, tentativi come questo, di giungere a un accordo su questioni dottrinali, possono facilmente diventare motivo di disputa. Se davvero desiderate risolvere la faccenda, allora penso che occorra darne notifica alla corte imperiale e al governo nel Kanto in modo che sia stilato un documento ufficiale e si possa giungere a una decisione chiara in merito alla verità. In tal caso il sovrano ne sarà felice e le persone di rango inferiore vedranno dissolversi i loro dubbi.
In più, l’Onorato dal Mondo di Grande Illuminazione affidò al sovrano e ai suoi ministri le questioni relative agli insegnamenti buddisti. Quando sono in gioco decisioni che riguardano ciò che è corretto e ciò che non lo è, che si tratti di questioni secolari o religiose, andrebbero invariabilmente prese sotto i pubblici auspici.
Al momento il nostro paese soffre gravemente a causa di due problemi: il disastro della rivolta all’interno del proprio dominio e il disastro dell’invasione da parte di paesi stranieri1. Se si ricercano nel canone buddista le cause di questi due problemi, si scopre che senza dubbio essi si sono verificati perché c’è un grave errore di comprensione che riguarda sia il paese sia gli insegnamenti buddisti.
Allarmato dal grave terremoto dell’era Shoka e dalla grande cometa dell’era Bun’ei2, ho consultato tutti i vari sutra e ho scoperto che questi due problemi, sconosciuti nei tempi passati, cioè “il disastro della rivolta all’interno del proprio dominio” e “il disastro dell’invasione da parte di paesi stranieri”, si sarebbero sicuramente verificati. Queste gravi disgrazie si sono verificate perché gli insegnamenti della Vera parola, Zen, Nembutsu e dei Precetti, dottrine errate basate su sutra hinayana o mahayana provvisori, hanno soppiantato le dottrine corrette del Sutra del Loto, che è il ricettacolo della verità.
Poiché sapevo che l’esercito di una potenza straniera avrebbe presto attaccato il nostro paese, ho offerto la mia vita davanti agli altari del Budda e degli dèi, senza temere gli assalti che avrei potuto subire dalle spade della classe guerriera; ogni giorno ho sottoposto petizioni ai governanti del paese, e ogni sera ho istruito i miei discepoli su ciò che andava fatto.
Ma i preti della Vera parola, Zen, Nembutsu e dei Precetti hanno sollevato assurde accuse di ogni sorta nei miei confronti e hanno inventato molteplici calunnie per cercare di screditarmi; così i miei ammonimenti sono rimasti inascoltati. Ovunque ero attaccato con spade e bastoni, per due volte ho subito l’esilio a causa della disapprovazione delle autorità e in un’occasione sono quasi stato decapitato.
Nel considerare la questione, vorrei evitare di discutere la correttezza degli insegnamenti buddisti propagati in India e in Cina, ma per quanto riguarda il Giappone è chiaro che la catastrofe che il paese ha davanti dipende dal fatto che i due maestri, Kobo del tempio To, il fondatore della scuola della Vera parola in Giappone, e Jikaku, il terzo capo dei preti della scuola Tendai del Monte Hiei, hanno sbagliato nel giudicare il valore del Sutra del Loto rispetto a quello del Sutra di Mahavairochana. Da quando si sono allontanati dalla corretta interpretazione del Gran Maestro Dengyo, il supremo santo del Giappone, e l’hanno oscurata, i templi legati al Monte Hiei hanno tutti sottoscritto le dottrine errate di Jikaku, e il tempio Jingo e i sette templi maggiori di Nara hanno abbracciato le visioni distorte di Kobo. Da allora il sovrano e i suoi ministri hanno onorato i maestri sbagliati e il popolo si è affidato a idee distorte.
Sono già passati più di quattrocento anni da quando queste opinioni distorte hanno messo radici, e adesso il paese si sta indebolendo e il potere del sovrano si sta esaurendo.
In India il re Pushyamitra bruciò ottantaquattromila templi e stupa e decapitò un infinito numero di monaci buddisti, e in Cina l’imperatore dell’era Hui-ch’ang3 spazzò via quattromilaseicento e più templi, costringendo preti e monache di tutte le nove regioni4 a fare ritorno alla vita laica. Questi erano uomini veramente malvagi, ma le loro azioni non sono certo peggiori delle gravi offese agli insegnamenti perpetrate nel nostro stesso paese.
Di conseguenza, i cieli azzurri lanciano sguardi pieni di collera al nostro paese e la terra gialla, fremente di rabbia, è spinta a manifestare infausti presagi. Ma il sovrano del paese, non essendo un governante saggio, non comprende la situazione, e i suoi ministri, non essendo studiosi confuciani, non sanno capire cosa la sta causando. Oltretutto, nel tentativo di porre fine a questi disastri, essi riveriscono i maestri della scuola della Vera parola, affidandosi a loro, e, nella speranza di sfuggire a questi gravi problemi, si prodigano in elemosine ai preti della scuola dei Precetti. È come aggiungere legna al fuoco o acqua dove c’è già il ghiaccio. Più tributano rispetto a queste dottrine malvagie, più su di noi si abbattono disastri ancor maggiori, e così adesso il paese è sull’orlo della distruzione.
Visto come vanno le cose da qualche tempo a questa parte, ho deciso di rischiare la mia sicurezza personale per ripagare il debito di gratitudine nei confronti del mio paese. Ma, forse perché per le persone ignoranti è normale onorare il lontano e disprezzare il vicino, oppure credere a ciò che molti affermano e ignorare la voce di una singola persona, in ogni caso, i mesi e gli anni sono trascorsi invano [senza che nessuno abbia dato ascolto al mio consiglio].
Adesso fortunatamente ho ricevuto questa comunicazione da voi, Onorevole Gonin, nella quale mi illuminate riguardo alle vostre idee. Date le circostanze, non sarebbe forse il momento giusto di far conoscere le nostre opinioni alle autorità governative, risolvendo così definitivamente la questione?
In verità, il testo della vostra lettera mostra che essa si basa su un errore. Se continuate a rimanere in silenzio e a trascorrere la vita in maniera così vana, sicuramente voi e i vostri seguaci laici patirete le grandi sofferenze dell’inferno nella prossima esistenza. Non dovete permettere che il vostro orgoglio smisurato in questa vita pianti i semi per vagare nell’illusione per infiniti kalpa a venire. Affrettiamoci ad appellarci alle autorità, affrettiamoci a incontrarci, faccia a faccia, al loro cospetto, e poniamo fine a queste visioni errate!
Una lettera non può contenere tutto quello che si vorrebbe dire e le parole non possono esprimere appieno ciò che è nel cuore. Per il resto dovremo attendere il nostro dibattito pubblico.
Con profondo rispetto,
Nichiren
Il ventiseiesimo giorno del dodicesimo mese
All’Onorevole Gonin