Ho ricevuto i cinque kandi monete anatra blu1 che mi hai inviato. Il primo dei cinque precettiè non togliere la vita e la prima delle sei paramita è quella della donazione. I dieci buoni precetti, i duecentocinquanta precetti, i dieci precetti maggiori e tutte le altre norme di comportamento iniziano con la proibizione di togliere la vita.
Ogni essere vivente, dal sommo santo alla più piccola zanzara o moscerino, considera la vita come il bene più prezioso. Privare un essere della vita è il peccato più grave.
Quando il Tathagata apparve in questo mondo, fece della compassione per gli esseri viventi il proprio fondamento. E come espressione di compassione per la vita, il primo precetto è non togliere la vita e provvedere al sostentamento degli esseri viventi.
Sostenendo la vita degli altri si ottengono tre benefici: primo, si sostiene la propria vita, secondo, il proprio volto si ravviva e terzo, si acquista forza.
“Sostenere la propria vita” significa nascere nel regno umano o celeste e ricevere la ricompensa karmica di una lunga vita. E, quando si diventa un Budda, ci si manifesta come Tathagata dal corpo del Dharma, un corpo che è vasto come lo spazio.
Poiché “si acquista forza”, essendo nati nel regno umano o celeste, si diventa una persona virtuosa e influente che attrae molti seguaci. E, quando si diventa un Budda, ci si manifesta come Tathagata dal corpo di ricompensa, che siede su un piedistallo di loto e risplende come la luna piena nel cielo sereno della quindicesima notte dell’ottavo mese.
Poiché “il proprio volto si ravviva”, essendo nati nel regno umano o celeste, si acquisiscono le trentadue caratteristichemaggiori e si diventa leggiadri e distinti come il fiore del loto. E, quando si diventa un Budda, ci si mostra come Tathagata dal corpo manifesto, simili al Budda Shakyamuni.
Se ci chiediamo quale fu l’origine del monte Sumeru, troviamo che esso ha avuto origine da un singolo granello di polvere, così come il vasto mare si è originato da una sola goccia di rugiada. Uno più uno diventa due, due diventa tre e così via fino a dieci, cento, mille, diecimila, centomila, un asamkhya. Comunque “uno” è la madre di tutto.
Veniamo all’inizio del Buddismo in Giappone: dopo i sette regni di divinità celesti e i cinque regni di divinità terrene, iniziarono i cento regni dei sovrani umani, il primo dei quali fu l’imperatore Jimmu. Al tempo del trentesimo sovrano, l’imperatore Kimmei, vennero introdotte in Giappone dal regno di Paekche le scritture buddiste, insieme a una statua di Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, a monaci e monache.
Poi il principe Jogu, figlio dell’imperatore Yomei, iniziò lo studio degli scritti buddisti: si fece inviare dalla Cina una copia del Sutra del Loto, scrisse un commentario al testo e cercò di diffonderne l’insegnamento.
In seguito, al tempo del trentasettesimo sovrano, l’imperatore Kotoku, l’Amministratore del clero Kanroku introdusse dal regno di Silla le scuole dei Tre trattati e dell’Affermazione della verità. Nello stesso periodo il prete Dosho introdusse dalla Cina le scuole delle Caratteristiche dei dharma e del Tesoro dell’Abhidharma, e il Precettore Shinjointrodusse la scuola della Ghirlanda di fiori.
Durante il regno del quarantaquattresimo sovrano, l’imperatrice Gensho, un onorevole monaco2 venuto dall’India introdusse il Sutra di Mahavairochana, e all’epoca del quarantacinquesimo sovrano, l’imperatore Shomu, il Reverendo Ganjin, proveniente dalla Cina, introdusse in Giappone la scuola dei Precetti. Questi portò con sé anche copie del Significato profondo del Sutra del Loto, di Parole e frasi del Sutra del Loto, di Grande concentrazione e visione profonda, i commentari al Sutra di Vimalakirti e altre opere della scuola T’ien-t’ai. Tuttavia, egli non propagò gli insegnamenti della scuola della Vera parola e della scuola del Loto [T’ien-t’ai].
Durante il regno del cinquantesimo sovrano, l’imperatore Kammu, visse un giovane prete chiamato Saicho, che più tardi fu conosciuto come Gran Maestro Dengyo. Prima di andare nella Cina T’ang, trascorse quindici anni a studiare da solo le scritture e i commentari delle scuole della Vera parola e T’ien-t’ai. Successivamente, nel settimo mese del ventitreesimo anno dell’era Enryaku (804), partì per la Cina. Tornò in Giappone nel sesto mese dell’anno successivo e da allora istruì negli insegnamenti delle scuole T’ien-t’ai e della Vera parola svariate dozzine di eminenti studiosi dei sette maggiori templi di Nara.
Da allora sono passati quattrocento anni e, complessivamente, più di settecento anni da quando il Buddismo fu introdotto per la prima volta in Giappone. Durante questo periodo alcuni hanno esortato la popolazione a invocare il nome di Amida, altri quello di Mahavairochana o quello di Shakyamuni. Ma finora non c’è stato nessuno che abbia esortato a recitare Nam-myoho-renge-kyo, il daimoku, o titolo, del Sutra del Loto.
E ciò non è accaduto soltanto in Giappone. In India, nei mille anni successivi alla morte del Budda, ci furono grandi studiosi come Mahakashyapa, Ananda, Ashvaghosha, Nagarjuna, Asanga e Vasubandhu che si impegnarono a propagare il Buddismo nelle cinque regioni dell’India. In Cina, durante i vari secoli trascorsi dall’introduzione del Buddismo, persone come Kashyapa Matanga, Chu-fa-lan, il Maestro del Tripitaka Kumarajiva, Nan-yüeh, T’ien-t’ai e Miao-lo scrissero commentari e interpretarono i sutra. Ma nessuna di queste persone esortò a recitare il daimoku del Sutra del Loto come si recitava il nome di Amida. Essi lo recitavano esclusivamente per se stessi, oppure, lo recitava da solo chi teneva una lezione sul Sutra del Loto.
Gli insegnamenti delle otto scuole e delle nove scuole3differiscono l’uno dall’altro, ma quasi tutti i fondatori e i capi di queste scuole recitavano il nome di Amida. Meno numerosi erano coloro che recitavano il nome di Percettore dei Suoni del Mondo, e meno ancora coloro che invocavano il nome del Budda Shakyamuni, seguiti da coloro che invocavano il nome di Mahavairochana, di Maestro della Medicina o di altri. Ma per una qualche ragione non ci fu nessuno che invocò il daimoku del Sutra del Loto, il cuore e il nucleo di tutta la predicazione del Budda.
Si dovrebbe riflettere attentamente sulla ragione di ciò. Un abile medico, per esempio, benché conosca le cause di tutte le malattie e l’efficacia delle varie medicine, non somministra indiscriminatamente il farmaco più potente, ma il farmaco indicato per la specifica malattia.
Questa fu forse la ragione per cui, durante i duemila anni del Primo e Medio giorno della Legge successivi alla morte del Budda, poiché la malattia dell’illusione era ancora leggera, nessuno raccomandò che fossero utilizzati i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo, la migliore medicina tra tutti gli insegnamenti del Budda. Adesso invece siamo entrati nell’Ultimo giorno della Legge e tutti soffrono di una grave malattia che non può essere guarita da blande medicine come le invocazioni ad Amida, Mahavairochana o Shakyamuni.
La luna è bellissima, ma si mostra in tutto il suo splendore solamente in autunno. I fiori di ciliegio sono di buon augurio, ma sbocciano solamente in primavera. Tutte le cose dipendono dal tempo. Forse il periodo di duemila anni del Primo e Medio giorno della Legge non era ancora il tempo di diffondere il daimoku.
Inoltre, l’insegnamento del Budda è propagato dai suoi messaggeri e questi discepoli ricevettero dal Budda dottrine differenti. Gli studiosi apparsi durante i mille anni del Primo giorno della Legge e i maestri apparsi nei mille anni del Medio giorno della Legge erano in maggioranza uomini ai quali era stato affidato l’insegnamento hinayana o mahayana provvisorio, o l’insegnamento transitorio del Sutra del Loto, o altre dottrine ausiliarie. Il Bodhisattva Pratiche Superiori, cui fu affidato il daimoku, il cuore dell’insegnamento originale, non aveva ancora fatto il suo avvento nel mondo.
Egli deve apparire ora, nell’Ultimo giorno della Legge, e propagare i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo in tutti i paesi e a tutti i popoli di Jambudvipa, così come oggi è diffusa in tutto il Giappone l’invocazione del nome di Amida.
Io, Nichiren, non sono il fondatore di alcuna scuola né il seguace di qualche altra scuola già esistente. Sono un prete senza precetti, non osservo i precetti né li trasgredisco. Sono un essere comune, come un bue o una pecora, non particolarmente saggio né ignorante.
Perché io per primo ho iniziato a recitare i cinque caratteri di Nam-myoho-renge-kyo che il Bodhisattva Pratiche Superiori è stato designato a propagare apparendo in questo mondo? Prima che egli fosse apparso, come in sogno, senza neanche sapere cosa stessi facendo, io iniziai a recitare le parole Nam-myoho-renge-kyo, e le recito ancora. In fin dei conti, ciò che sto facendo è una cosa buona o una cosa cattiva? Io non lo so, né nessun altro può dirlo.
Ma quando apro rispettosamente il Sutra del Loto, vedo che persino i bodhisattva Manjushri, Maitreya, Percettore dei Suoni del Mondo e Virtù Universale, che avevano raggiunto lo stadio di illuminazione quasi perfetta, erano a malapena capaci di abbracciare una frase o un verso di questo sutra perché [il sutra stesso afferma che] esso può «essere compreso e condiviso solo tra Budda»4.
Il Sutra della Ghirlanda di fiori è il primo sutra dell’insegnamento immediatopredicato dal Budda subito dopo l’illuminazione: è un sutra che include il completo e perfetto insegnamento, eppure la sua esposizione fu affidata a quattro bodhisattva, fra i quali Saggezza del Dharma5. I sutra della Saggezza, sebbene non siano allo stesso livello del Sutra della Ghirlanda di fiori, erano i sutra più elevati predicati dal Budda fino a quel momento. E anche in questo caso soltanto a Subhuti fu affidato l’incarico di esporli.
Solo il Sutra del Loto è il meraviglioso insegnamento esposto direttamente dall’aurea bocca di Shakyamuni, il Budda perfettamente dotato dei tre corpi. Quindi nemmeno Virtù Universale e Manjushri erano in grado di esporne più di una singola frase o un singolo verso. A maggior ragione sarà difficile per noi, persone comuni che viviamo in quest’ultima epoca, abbracciare anche solo una o due parole di questo sutra.
Poiché i fondatori delle varie scuole leggevano il Sutra del Loto, i rispettivi discepoli presumevano che il loro maestro avesse afferrato il cuore del sutra. Ma se indaghiamo attentamente, vediamo che il Gran Maestro Tz’u-en leggeva il Sutra del Loto, ma considerava suoi maestri il Sutra dei Profondi segreti e il Trattato sulla dottrina della coscienza come unica realtà; che il Gran Maestro Chia-hsiang leggeva il Sutra del Loto, ma considerava suoi maestri i sutra della Saggezza e il Trattato sulla Via di mezzo. Uomini come Tu-shun e Fa-tsang leggevano il Sutra del Loto, ma consideravano propri maestri il Sutra della Ghirlanda di fiori e il Commentario al Sutra dei Dieci stadi; Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung leggevano il Sutra del Loto, ma consideravano loro maestro il Sutra di Mahavairochana. Tutti costoro credevano di aver letto il Sutra del Loto, ma, in realtà, non ne avevano ancora letto una sola frase o un solo verso.
In definitiva, come affermò il Gran Maestro Dengyo: «Anche se loda il Sutra del Loto, ne uccide il cuore»6. Essi si possono paragonare a credenti non buddisti che, pur leggendo i sutra buddisti, li considerano equivalenti agli insegnamenti non buddisti, o a pipistrelli che, nella loro cecità, confondono il giorno con la notte, oppure a un uomo dal volto arrossato che, guardandosi allo specchio, pensa che lo specchio sia diventato rosso, o a un uomo dal volto rotondo che, vedendosi riflesso nella lama di una spada, pensa che il suo viso sia diventato lungo e stretto.
Ma io, Nichiren, sono diverso da tali persone: credo profondamente nel passo del sutra in cui si afferma che il Sutra del Loto è il supremo fra tutti i sutra che il Budda ha predicato, che ora predica e che predicherà7. Io stesso recito il daimoku che è il cuore e il nucleo dell’intero sutra ed esorto gli altri a fare lo stesso. Come l’artemisia che cresce in un campo di canapa o il legno segnato con l’inchiostro8, i quali, benché inizialmente non siano diritti, lo diventano inevitabilmente, così chi recita il daimoku come insegna il Sutra del Loto non avrà mai una mente distorta. Sappi che non è possibile recitare il daimoku se la mente del Budda non entra nel nostro corpo.
Gli insegnamenti buddisti diffusi dagli altri sono, in tutti i casi, quelli che essi hanno appreso e ricevuto dai loro maestri. Sono come i feudi dei vassalli [più vicini al clan reggente] di Kamakura o le proprietà governate dagli amministratori dei distretti: anche se misurano appena uno o due cho, li hanno ricevuti per la benevolenza del defunto shogun9. Quanto più obbligati verso di lui saranno quelli che hanno ricevuto proprietà di un centinaio o un migliaio di cho, di una o due intere province!
Colui che tramanda le dottrine di un buon maestro viene detto saggio, mentre chi comprende la verità da solo senza l’aiuto di un maestro, viene definito santo.
In India, Cina e Giappone, dopo la morte del Budda, apparvero due santi: T’ien-t’ai e Dengyo. Questi due uomini meritano di essere definiti santi, ma anche saggi. Il Gran Maestro T’ien-t’ai può dirsi un saggio perché trasmise le dottrine di Nan-yüeh, ma comprese da solo il supremo veicolo della Buddità nel luogo della meditazione e per questo può dirsi un santo. Il Gran Maestro Dengyo apprese gli insegnamenti sulla pratica della concentrazione e della visione profonda e i grandi precetti della perfetta e immediata illuminazione dai suoi maestri Tao-sui e Hsing-man. In tal senso fu un saggio. Ma, prima di andare in Cina, quando era ancora in Giappone, aveva già compreso perfettamente senza l’aiuto di un maestro tutte le dottrine delle scuole della Vera parola e della Concentrazione e visione profonda [T’ien-t’ai] e aveva compreso che la saggezza della scuola T’ien-t’ai sorpassava quella delle sei scuole o delle sette scuole. Per questo fu un santo.
Uno dei classici confuciani afferma: «Coloro che hanno una comprensione innata sono i primi» (con “i primi” intendeva i santi) e: «Coloro che raggiungono la comprensione attraverso lo studio sono i secondi» (con “i secondi” intendeva i saggi)10. E uno dei sutra buddisti contiene il passo: «Io pratico senza l’aiuto di un maestro»11.
Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, è il più grande santo di questo mondo di saha. T’ien-t’ai e Dengyo furono santi e saggi. Ashvaghosha, Nagarjuna, Asanga, Vasubandhu, Lao Tzu e Confucio furono i santi e i saggi degli insegnamenti hinayana, o degli insegnamenti mahayana provvisori, o degli insegnamenti non buddisti, ma non furono i santi e i saggi del Sutra del Loto.
Ora io, Nichiren, non sono né un santo né un saggio. Non aderisco ai precetti e neppure sono senza precetti. Non possiedo saggezza e neppure ne sono privo. Tuttavia, sono nato più di 2.220 anni dopo la morte del Budda, nell’ultimo periodo di cinquecento anni quando il daimoku del Sutra del Loto è destinato a diffondersi. E prima che ogni altro seguace delle svariate scuole, sia qui in Giappone sia nelle terre lontane dell’India e della Cina, iniziasse l’invocazione del daimoku, io iniziai a recitare Nam-myoho-renge-kyo ad alta voce e ho continuato così per più di venti anni.
Durante questo periodo sono stato maledetto, picchiato e talvolta ferito. Sono stato esiliato due volte, condannato a morte12 e ho subìto altre grandi prove troppo numerose da elencare. Sono stato come un seme di soia gettato in una pentola d’acqua bollente o come un grande pesce dentro una minuscola pozza d’acqua.
Il Sutra del Loto dice: «E poiché odio e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?»13. Dice anche: «Nel mondo dovrà fronteggiare molta ostilità e sarà difficile credervi»14. E prosegue: «Ci saranno molte persone ignoranti che ci malediranno e parleranno male di noi; ci attaccheranno con spade e bastoni, con tegole e pietre, […] saremo esiliati più e più volte»15. Se io, Nichiren, non fossi nato nella terra del Giappone, questi passi del sutra non sarebbero stati nient’altro che parole, prive di ogni significato. Sarebbero stati come fiori che sbocciano senza produrre frutti o come tuoni non seguiti dalla pioggia. Le auree parole del Budda sarebbero state vane e l’onesto Sutra del Loto si sarebbe macchiato di grandi menzogne. Quando considero tutto ciò, mi sembra di essere pari ai santi T’ien-t’ai e Dengyo e superiore a Lao Tzu e Confucio.
In tutto il paese del Giappone sono la sola persona che ha recitato Nam-myoho-renge-kyo. Sono come il granello di polvere che dà inizio al monte Sumeru o come la goccia di rugiada che dà inizio al grande mare: due persone, tre persone, dieci persone, cento persone si uniranno a recitare [il daimoku] fino a che esso si diffonderà in una provincia, in due province, in tutte le sessantasei province del Giappone fino alle due isole di Iki e Tsushima. Anche coloro che ora mi offendono reciteranno, e tutti, dal governante fino alla massa del popolo comune, reciteranno Nam-myoho-renge-kyo all’unisono, come afferma il capitolo “Poteri sovrannaturali” del Sutra del Loto16. Anche se gli alberi desiderano la quiete, il vento non cesserà di soffiare, anche se vorremmo trattenere per sempre la primavera, poi verrà l’estate.
Sebbene il popolo del Giappone tenga in grande considerazione il Sutra del Loto, si rifiuta di recitare Nam-myoho-renge-kyo a causa del suo odio per me, il prete Nichiren. Ma quando gli invasori provenienti dal grande regno dei mongoli ci attaccheranno un’altra volta o due volte ancora, come fecero a Iki e Tsushima, uccidendo gli uomini e facendo prigioniere le donne, invadendo Kyoto e Kamakura, quando cattureranno il sovrano insieme ai suoi ministri e ai suoi cento funzionari, trascinandoli nella polvere davanti ai loro buoi e ai loro cavalli, prendendoli a calci e insultandoli aspramente, come potranno non recitare Nam-myoho-renge-kyo?
In passato sono stato colpito ripetutamente sul volto con il quinto rotolo del Sutra del Loto17, ma non mi sono risentito, anzi mi sono rallegrato, perché essere colpito nel modo descritto nel capitolo “Il Bodhisattva Mai Sprezzante”, essere assalito come predetto nel capitolo “Esortazione alla devozione” è davvero un grande onore.
Ma come devono essere contrariati Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna e i quattro re celesti, che giurarono per iscritto alla presenza del Budda che non avrebbero permesso a uomini malvagi di colpire il devoto del Sutra del Loto! Sarebbe grave se su coloro che mi calunniano non si abbattesse la punizione del cielo nella vita presente: non solo le divinità [che mancano di punirli] distruggerebbero se stesse nel passato, nel presente e nel futuro, ma sarebbero anche condannate per le loro azioni [dai Budda]. E quando ciò accadrà, non sarà in alcun modo colpa di Nichiren! Piuttosto, schierandosi dalla parte dei preti che offendono l’insegnamento corretto, esse avranno attirato le calamità su se stesse.
Considerando tutto ciò, la tua benevolenza di inviarmi cinque kan di monete anatra blu, ogni volta che ne hai l’opportunità, ti pone fra le persone che propagano il daimoku del Sutra del Loto in Giappone. E quando, dapprima una sola persona, poi due, poi mille, diecimila, centomila e quindi tutto il popolo da un capo all’altro del paese, reciterà il daimoku, benefici insperati si accumuleranno sulla tua persona. Tali benefici saranno come le gocce di rugiada che si fondono a formare il grande mare o i granelli di polvere che si accumulano per divenire il monte Sumeru.
Le dieci fanciulle demoni in particolare hanno giurato di proteggere coloro che recitano il daimoku del Sutra del Loto; di conseguenza esse veglieranno sull’Onorevole Myomitsu e su sua moglie giorno e notte, come una madre si prende cura del suo unico figlio e come lo yak tiene in gran conto la sua coda. Com’è rassicurante!
Mi piacerebbe dire molto di più, ma non ho tempo di entrare nei dettagli. Per favore spiega accuratamente queste cose a tua moglie. Non scrivo queste parole per adularvi. Più l’oro viene scaldato tra le fiamme e più vivo sarà il suo colore; più una spada viene affilata, più tagliente diventerà. Più una persona loda le virtù del Sutra del Loto, più i suoi benefici aumenteranno. Ricorda che i ventotto capitoli del Sutra del Loto contengono solo pochi passi che esprimono verità, ma moltissime parole di lode.
Nichiren
Il quinto giorno del terzo mese intercalare
Risposta all’Onorevole Kuwagayatsu Myomitsu