Il capitolo “Maestro della Legge” nel quarto volume del Sutra del Loto, afferma: «Se una persona malvagia con malanimo comparisse davanti al Budda, lo maledicesse e lo ingiuriasse ininterrottamente per un intero kalpa, la sua offesa sarebbe ancora alquanto lieve. Ma se una persona pronunciasse una sola parola malvagia per maledire o diffamare i laici, i monaci o le monache che leggono e recitano il Sutra del Loto, la sua offesa sarebbe molto grave»1.
Il Gran Maestro Miao-lo così commenta: «Questa dichiarazione si riferisce agli elevati meriti della pratica del Sutra del Loto e ai suoi supremi princìpi; non è stata fatta per nessun altro sutra»2.
Per quanto riguarda il significato di questo passo del sutra, un kalpa può essere definito così: supponiamo che la durata della vita umana sia di ottantamila anni e che diminuisca di un anno ogni cento anni o di dieci anni ogni mille anni, e che continui a diminuire con questo ritmo fino a raggiungere la durata di dieci anni.
A quel punto, una persona di dieci anni sarebbe come un ottantenne di oggi. Poi il processo si inverte: dopo cento anni la durata della vita aumenta a undici anni e, dopo altri cento anni, a dodici anni. Dopo mille anni aumenta a vent’anni, procedendo così fino a raggiungere nuovamente gli ottantamila anni. Il tempo che occorre a completare questo processo di diminuzione e aumento viene chiamato kalpa. Ci sono altre definizioni di kalpa, ma per il momento userò la parola kalpa in questo senso.
Ci sono persone che per tutto un kalpa hanno manifestato odio nei confronti del Budda attraverso azioni compiute con il corpo, la bocca e la mente. Una di queste era Devadatta.
Il Budda era il figlio ed erede del re Shuddhodana e Devadatta era figlio del re Dronodana. Questi due sovrani erano fratelli e quindi Devadatta era un cugino del Budda.
Nel presente come nel passato, tra i santi come tra gli uomini comuni, la disputa per una donna è una delle principali cause di inimicizia. Quando il Tathagata Shakyamuni era ancora il principe Siddhartha e anche Devadatta era un principe ereditario, un ministro di nome Yasha aveva una figlia di nome Yashodhara, la più bella donna di tutte le cinque regioni dell’India, una vera dea la cui fama era rinomata attraverso i quattro mari. Siddhartha e Devadatta fecero a gara per conquistare la sua mano e così sorse la discordia fra di loro.
Più tardi Siddhartha lasciò la famiglia e diventò un Budda, e Devadatta, prendendo come maestro il monaco Sudaya, lasciò anch’egli la famiglia per farsi monaco.
Il Budda osservava i duecentocinquanta precetti e si conformava alle tremila regole di condotta, perciò tutti gli uomini e gli esseri celesti lo ammiravano e i quattro tipi di credenti lo onoravano e lo riverivano. Devadatta invece non ispirava altrettanto rispetto alla gente; così cominciò a riflettere se ci fosse un modo di acquisire un prestigio superiore a quello del Budda. Trovò cinque regole che gli avrebbero permesso di superare il Budda ed essere ammirato dalla società. Sono citate ne Le quadruplici regole della disciplina: 1) vestirsi di stracci; 2) procurarsi il cibo solo mendicando; 3) mangiare un unico pasto al giorno; 4) sedersi sempre all’aperto; 5) non assumere né sale né i cinque sapori3. Il Budda accettava le vesti che gli venivano donate, Devadatta indossava solo vesti fatte di stracci. Il Budda accettava i pasti che gli venivano serviti, Devadatta viveva solo di elemosine. Il Budda mangiava una, due o tre volte al giorno, Devadatta mangiava una volta soltanto. Il Budda si riparava nei cimiteri o sotto gli alberi, Devadatta sedeva tutto il giorno all’aperto. Il Budda di tanto in tanto assumeva sale o i cinque sapori, Devadatta non ne assumeva mai. Vedendo ciò, la gente cominciò a credere che Devadatta fosse superiore al Budda come le nuvole al fango.
Devadatta cercò in ogni modo di privare il Budda della sua posizione. Il Budda era sostenuto da un credente laico, il re Bimbisara, che ogni giorno forniva al Budda e ai suoi discepoli cinquecento carri colmi di offerte e continuò a farlo per anni, senza mai mancare un giorno. Devadatta, geloso di una simile devozione e volendo ottenerla per sé, istigò il Principe Nemico Prima della Nascita4 a uccidere suo padre, il re Bimbisara.
Egli stesso cercò di uccidere il Budda, colpendolo con una grossa pietra; questa fu l’azione compiuta con il corpo. Calunniò e maledisse il Budda chiamandolo bugiardo e ingannatore; questa fu l’azione compiuta con la bocca. E, nel suo cuore, considerò il Budda come suo mortale nemico sin dalla vita precedente; questa fu l’azione compiuta con la mente. Mai niente ha superato il grande male che corrisponde a queste tre azioni compiute.
Supponiamo che un uomo perfido come Devadatta commetta queste tre azioni e per un intero kalpa medio maledica e insulti il Budda Shakyamuni, lo colpisca con bastoni e ne sia geloso. La sua colpa sarebbe gravissima!
Questa nostra grande terra è spessa 168.000 yojana e per questo è capace di sostenere le acque dei quattro grandi mari, la polvere e i sassi delle nove montagne, ogni tipo di pianta e albero e tutte le creature viventi senza crollare, capovolgersi e spezzarsi in due. Eppure, quando Devadatta, un essere umano il cui corpo misura cinque piedi, commise non più di tre peccati capitali, la grande terra si spalancò ed egli cadde nell’inferno. La voragine nella quale precipitò esiste ancora in India. In Cronache delle regioni occidentali, il Maestro del Tripitaka Hsüan-tsang afferma di averla vista quando si recò in India dalla Cina per praticare [il Buddismo].
Tuttavia, si dice che se qualcuno, pur non pensando male in cuor suo del devoto del Sutra del Loto nell’ultima epoca e pur non dimostrando invidia nei suoi confronti, si limita anche solo a insultarlo per scherzo, avrà conseguenze ancor più gravi di Devadatta che commise i tre tipi di azioni maledicendo e insultando il Budda per un intero kalpa medio. Quanto peggiori saranno le conseguenze per le persone dell’epoca attuale che per molti anni compiono tre azioni simili a quelle di Devadatta con grande malevolenza, maledicendo e ingiuriando il devoto del Sutra del Loto, calunniandolo, invidiandolo, picchiandolo, condannandolo a morte con false accuse e assassinandolo!
Domanda: In quale inferno cade una persona che si comporta in maniera ostile al devoto del Sutra del Loto in quest’ultima epoca?
Risposta: Il secondo volume del Sutra del Loto afferma: «Se qualcuno dovesse offendere un sutra come questo, oppure se, vedendo coloro che leggono, recitano, copiano e sostengono questo sutra, li dovesse disprezzare, odiare, invidiare, o provare rancore nei loro confronti, […] Allorché la sua vita giungerà al termine egli cadrà nell’inferno Avichi e sarà confinato là per un intero kalpa; quando il kalpa sarà trascorso, morirà nuovamente lì. Egli ripeterà questo ciclo per kalpa innumerevoli»5.
Cinquecento yojana sotto la superficie della terra c’è il palazzo del re Yama e millecinquecento yojana sotto di esso ci sono gli otto grandi inferni e altri inferni per un totale di centotrentasei. Di questi centotrentasei inferni, centoventotto sono dimora di coloro che commettono colpe minori; gli otto grandi inferni sono per chi commette colpe gravi. Di questi otto grandi inferni, sette sono per le persone che commettono le dieci azioni malvagie, mentre l’ottavo, l’inferno di incessante sofferenza, è per tre tipi di persone: quelle che commettono i cinque peccati capitali, quelle che mancano di pietà filiale6 e quelle che offendono la Legge. Dal passo che ho appena citato appare chiaro che chi maledice, ingiuria o calunnia il devoto del Sutra del Loto in quest’ultima epoca, anche se lo fa solo per scherzo, cadrà in quest’inferno.
Il capitolo “Maestro della Legge”, nel quarto volume del Sutra del Loto, afferma: «Se qualcuno ricerca la via del Budda e per un kalpa, [giunte le mani al mio cospetto, recita innumerevoli versi di lode, in virtù delle lodi rivolte al Budda egli otterrà immensi benefici]. Ma se qualcuno loda i sostenitori di questo sutra ancora maggiore sarà la sua fortuna»7.
Il Gran Maestro Miao-lo osserva: «A coloro che disturbano o tormentano [i praticanti del Sutra del Loto] la testa si spaccherà in sette pezzi mentre quelli che faranno loro offerte godranno di una fortuna superiore ai dieci titoli onorifici»8.
Il primo tra gli esseri umani è il re che mette in moto la ruota. Quando un re che mette in moto la ruota sta per apparire nel mondo è preceduto da un presagio: un enorme albero di udumbara cresce in mezzo al grande mare e produce fiori e frutti.
Quando appare un re che mette in moto la ruota d’oro, le montagne e i mari dei quattro continenti si spianano; la grande terra diventa soffice come cotone, i mari dolci come amrita, le montagne diventano d’oro e le piante e gli alberi si trasformano nei sette tipi di gemme.
Il re che mette in moto la ruota può spostarsi attraverso i quattro continenti in un istante; perciò gli esseri celesti lo proteggono, gli spiriti si radunano attorno a lui per servirlo e i re draghi fanno cadere la pioggia al momento giusto. Se una persona comune di scarse capacità segue tale sovrano, potrà anch’essa attraversare i quattro continenti in un istante. Questa è la grande ricompensa ottenuta dal re che mette in moto la ruota, unicamente per aver osservato i dieci buoni precetti.
I quattro re celesti, Vaishravana e gli altri, sono incomparabilmente superiori ai re che mettono in moto la ruota. Essi sono i grandi sovrani assoluti dei quattro continenti.
Shakra è il signore del cielo dei trentatré dei. Il re demone del sesto cielo dimora sulla sommità del mondo del desiderio e regna sul triplice mondo. Questi esseri hanno ottenuto la loro posizione per aver osservato i dieci precetti della categoria più alta e aver compiuto il grande bene di fare offerte senza distinzioni.
Il grande re celeste Brahma è il più onorato fra gli esseri celesti del triplice mondo. Dimora sulla sommità del mondo della forma, è scortato dal re demone del sesto cielo e da Shakra, e tiene nella sua mano un sistema maggiore di mondi. Oltre ad aver praticato la meditazione ancora accompagnata da illusioni, ha coltivato le quattro infinite virtù di pietà, compassione, gioia e imparzialità.
L’ascoltatore della voce è qualcuno come Shariputra e Mahakashyapa che, oltre ad aver osservato i duecentocinquanta precetti e aver praticato la meditazione priva di illusioni, si è concentrato sulla contemplazione dei concetti di sofferenza, vuoto, impermanenza e non io, ha sradicato le illusioni del pensiero e del desiderio originate dal triplice mondo, e si può muovere liberamente attraverso l’acqua e il fuoco. Per queste ragioni, Brahma e Shakra sono al suo servizio.
Il risvegliato all’origine dipendente è incomparabilmente superiore all’ascoltatore della voce e la sua apparizione nel mondo è paragonabile a quella di un Budda. Molto tempo fa un cacciatore che viveva in un’epoca di carestia offrì una ciotola di miglio a un pratyekabuddha di nome Rida. Come effetto, il cacciatore rinacque come uomo ricco nei regni umano e celeste per novantuno kalpa9. Nella nostra epoca il suo nome era Aniruddha ed era famoso tra i discepoli del Budda come il più dotato di divina intuizione.
Il Gran Maestro Miao-lo commenta a proposito: «Una ciotola di miglio è ben poca cosa, ma poiché aveva dato tutto ciò che possedeva e poiché l’aveva offerto a un essere superiore, ottenne una magnifica ricompensa»10.
Il significato di questo commento è che, anche se un piatto di miglio può essere una cosa insignificante, poiché è stato offerto a un venerabile pratyekabuddha, il donatore rinascerà più e più volte con tale grande ricompensa.
Ci sono poi i bodhisattva, rappresentati da Manjushri e Maitreya. Questi grandi bodhisattva sono esseri eccezionali, incomparabilmente superiori ai pratyekabuddha. I Budda sono esseri che hanno dissolto l’oscurità dei quarantadue stadi dell’ignoranza e hanno conseguito lo stadio di perfetta illuminazione, sono come la luna piena nella quindicesima notte dell’ottavo mese. Questi bodhisattva che hanno fugato l’oscurità dei quarantuno stadi dell’ignoranza e raggiunto la vetta dell’illuminazione quasi perfetta, il penultimo stadio, sono come la luna della quattordicesima notte.
Il grande essere chiamato Budda è cento, mille, diecimila, milioni di volte superiore alle varie persone che abbiamo descritto. Un Budda si distingue invariabilmente per trentadue caratteristiche. Tra queste c’è la voce pura e risonante, la sommità invisibile della testa, una protuberanza carnosa sul capo simile a una crocchia, il ciuffo di peli bianchi tra le sopracciglia e i segni della ruota a mille raggi. Ognuna di queste trentadue caratteristiche fu ottenuta come risultato di cento azioni meritorie.
Per fare un esempio di cento azioni meritorie, supponiamo che tutte le persone, in Giappone, in Cina e nei sedici grandi paesi, nei cinquecento paesi medi e nei diecimila piccoli paesi che costituiscono le cinque regioni dell’India, siano cieche, o addirittura che tutti gli esseri viventi del continente di Jambudvipa, dei quattro continenti, dei sei cieli del mondo del desiderio e di tutto un sistema maggiore di mondi, siano ciechi. E supponiamo che un grande medico conceda il magnifico beneficio di aprire in un istante gli occhi di tutti questi esseri facendoli tornare com’erano prima. Questo beneficio equivale a una singola azione meritoria. L’accumulo di cento azioni meritorie fa apparire una delle trentadue caratteristiche.
Quindi i benefici rappresentati anche da una sola di tali caratteristiche sono più numerosi di tutte le piante e gli alberi di un sistema maggiore di mondi o di tutte le gocce di pioggia che cadono sui quattro continenti.
All’epoca del kalpa della diminuzione si alza un forte vento chiamato samghata che sradica il monte Sumeru sollevandolo fino al cielo più elevato del mondo della forma11 e poi lo riduce in granelli di polvere. Ciò nonostante, nemmeno un pelo si agita sul corpo del Budda.
Nel petto del Budda c’è un grande fuoco composto dalla grande saggezza di uguaglianza, dalla luce splendente della grande conoscenza e dall’abisso infuocato della meditazione12. Quando il Budda entra nel nirvana questo grande fuoco erompe fiammeggiante dal suo petto e ne consuma il corpo. Le divinità celesti, i draghi e gli altri esseri dei sei cieli del mondo del desiderio e dei quattro mari, addolorati al pensiero di perdere il Budda, si radunano intorno a lui e fanno cadere piogge torrenziali finché il suolo di tutto il sistema maggiore di mondi è sommerso dall’acqua e il monte Sumeru sta per essere spazzato via, e tuttavia non riescono a estinguere questo enorme fuoco.
Il Budda dunque è una persona di grande virtù. Ma il re Ajatashatru, radunando malfattori dai sedici grandi stati dell’India, complottando con non buddisti di ogni luogo e prendendo Devadatta come maestro, sguinzagliò innumerevoli persone malvagie incitandole a offendere, attaccare e uccidere i discepoli del Budda. E non si limitò a questo, ma trafisse in sette punti, con chiodi lunghi un piede, il proprio padre, un sovrano saggio che non aveva alcuna colpa, e alla regina, la madre che gli aveva dato la vita, strappò il fermaglio dai capelli, brandendo la spada sulla sua testa. A causa di questi terribili crimini, in sette punti del suo corpo apparvero piaghe virulente.
Era destino che dopo ventun giorni, il settimo giorno del terzo mese, la terra si aprisse ed egli cadesse nell’inferno di incessante sofferenza per rimanervi un intero kalpa. Ma egli si recò dal Budda e, non solo le sue piaghe guarirono, ma fu anche in grado di sfuggire ai dolori dell’inferno di incessante sofferenza e prolungare la sua vita di quarant’anni.
Il gran ministro Jivaka era un inviato del Budda e perciò fu in grado di camminare tra le fiamme per salvare il figlio di un uomo facoltoso di Champa13. Da ciò sembrerebbe che per aver fatto offerte e reso omaggio al Budda anche una sola volta, chiunque, anche un malfattore o una donna, potrà immancabilmente conseguire la Buddità e raggiungere la via.
Devadatta aveva trenta delle caratteristiche distintive, ma mancava del ciuffo di peli candidi e dei segni della ruota a mille raggi. Temendo che i suoi discepoli lo tenessero in scarsa considerazione perché gli mancavano due delle caratteristiche dei Budda, raccolse alcune lucciole e se le mise tra le sopracciglia dicendo che erano il ciuffo di peli bianchi, e per i segni della ruota a mille raggi si fece fare da un fabbro due ferri a forma di fiore di crisantemo e cercò di marchiarsi le piante dei piedi, ma riuscì soltanto a bruciarsele. Quando le ustioni si aggravarono fino a condurlo in punto di morte, confessò al Budda ciò che aveva fatto. Il Budda sfiorò le ustioni con la sua mano e il dolore scomparve.
Si potrebbe supporre che a questo punto Devadatta si pentisse e cambiasse atteggiamento, invece egli andò in giro dicendo alla gente che Gautama praticava meschini trucchi da guaritore e faceva uso della magia.
E tuttavia il Budda non serbò rancore nemmeno nei confronti di siffatti nemici. Come potrebbe abbandonare qualcuno che, anche una sola volta, ha creduto in lui?
Tanto grande era il Budda che, quando fu ritratto in dipinti o statue, la statua di legno scolpita dal re Udyana camminava, e l’immagine dipinta eseguita da Matanga predicava i sutra.
Così degno di venerazione è il personaggio chiamato Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, eppure i benefici che si ottengono onorandolo non per un’ora o due, non per un giorno o due, ma per l’intera durata di un kalpa – giungendo le mani, levando gli occhi al volto del Budda, chinando la testa, abbandonando ogni altro pensiero, impegnandosi come se si dovesse spegnere il fuoco nella propria testa, come un assetato che cerca l’acqua, come un affamato che cerca il cibo – i benefici che si ottengono facendo incessantemente offerte e rendendo omaggio al Budda in questa maniera non possono uguagliare quelli ottenuti lodando e facendo offerte al devoto del Sutra del Loto in quest’ultima epoca, anche con una sola parola pronunciata per scherzo o con una lode come quella che una matrigna può rivolgere a un figliastro.
È scritto che i benefici che si ottengono da questa azione sono cento, mille, diecimila, milioni di volte maggiori di quelli derivanti dalle tre azioni compiute con fede [con il corpo, la bocca e la mente], e dalle offerte fatte al corpo vivente del Budda per un intero kalpa. Questo è ciò che intende il Gran Maestro Miao-lo quando scrive che «godranno di una fortuna superiore ai dieci titoli onorifici».
I dieci titoli onorifici sono dieci attributi del Budda. Miao-lo afferma che i benefici che si ottengono facendo offerte al devoto del Sutra del Loto nell’ultima epoca sono maggiori di quelli che si ottengono facendo offerte ai dieci titoli del Budda. Questo è uno dei venti modi14, citati dal Gran Maestro Miao-lo, in cui il Sutra del Loto supera tutti gli altri sutra.
Le due dottrine15 appena descritte, benché siano state predicate dal Budda, possono essere difficili da credere. Com’è possibile credere che le offerte fatte a una persona comune valgano più delle offerte fatte al Budda?
Eppure se affermi che queste dottrine non sono altro che bugie, stai dubitando delle auree parole del Tathagata Shakyamuni, stai trascurando la testimonianza del Budda Molti Tesori e ignorando il segno della lingua16 dei Budda delle dieci direzioni. Così facendo cadrai da vivo nell’inferno Avichi. Ti sentirai a disagio come se cavalcassi un cavallo selvaggio su di un pendio roccioso.
Se invece credi a queste dottrine, diventerai un Budda di perfetta illuminazione. In che modo bisogna prendere fede nel Sutra del Loto? Praticare gli insegnamenti di questo sutra senza fede è come entrare in una montagna piena di tesori senza mani [per raccoglierli] o come cercare di compiere un viaggio di mille miglia senza gambe. Afferra la fede che ti è lontana attraverso la prova concreta che ti è vicina.
Il primo giorno del primo mese del suo ottantesimo anno di vita, il Budda, che aveva finito di predicare il Sutra del Loto, fece questo annuncio: «Ananda, Maitreya, Mahakashyapa, io sono venuto nel mondo allo scopo di predicare il Sutra del Loto. Ora ho realizzato la mia intenzione originaria e non c’è più ragione perché io rimanga nel mondo. Fra tre mesi a partire da oggi, il quindicesimo giorno del secondo mese, entrerò nel nirvana»17.
Tutti, sia i discepoli del Budda sia gli estranei, dubitarono di questa dichiarazione, ma, siccome le parole del Budda non sono mai pronunciate invano, quando infine giunse il quindicesimo giorno del secondo mese ed egli entrò nel nirvana, le persone riconobbero che le auree parole del Budda erano vere e cominciarono a nutrire una certa fede in esse.
Il Budda fece un’altra predizione: «Cento anni dopo la mia morte, apparirà un sovrano di nome Ashoka il Grande. Egli regnerà su di un terzo del continente di Jambudvipa ed erigerà ottantaquattromila stupa per rendere onore alle mie spoglie». Le persone dubitarono anche di questa affermazione, ma il re apparve proprio come il Budda aveva predetto e, da allora in poi, le persone credettero.
Il Budda disse anche: «Quattrocento anni dopo la mia morte ci sarà un grande sovrano di nome re Kanishka. Egli radunerà un gruppo di cinquecento arhat ed essi compileranno un’opera che si chiamerà Il grande commentario all’Abhidharma». Anche questa predizione si realizzò esattamente come il Budda aveva affermato.
Grazie a queste prove la gente finì per credere alle predizioni del Budda. Perciò, se le due dottrine che ho citato prima fossero false, tutto il Sutra del Loto dovrebbe essere falso.
Nel capitolo “Durata della vita” il Budda asserisce di essere diventato Budda in un passato lontano tanti kalpa quanti i granelli di polvere di innumerevoli sistemi maggiori di mondi. Noi siamo comuni esseri umani e del passato ricordiamo a malapena quello che è accaduto da quando siamo nati a oggi, tantomeno ciò che è accaduto una o due esistenze fa. Come possiamo credere in qualcosa che è accaduto in un passato lontano tanti kalpa quanti i granelli di polvere di innumerevoli sistemi maggiori di mondi?
Inoltre il Budda predisse a Shariputra: «In epoche a venire, dopo che sarà trascorso un numero illimitato, incalcolabile, inconcepibile di kalpa, […] sarai in grado di divenire un Budda che si chiamerà Tathagata Fiore Splendente»18 e anche a Mahakashyapa egli predisse: «Nelle esistenze future […]. Nella sua incarnazione finale sarà in grado di diventare un Budda e si chiamerà Tathagata Fulgida Luce»19.
Ma questi passi del sutra riguardano eventi di un futuro lontano e non possiamo aspettarci che persone comuni come noi abbiano fede in essi. È dunque difficile per noi, persone comuni che non hanno conoscenza del remoto passato e del lontano futuro, aver fede in questo sutra. Stando così le cose, anche se lo praticassimo, che significato avrebbe per noi?
Alla luce di ciò possiamo dedurre che, quando il Sutra del Loto viene esposto da una persona in grado di esibire adesso una prova chiaramente visibile, ci saranno anche persone che crederanno.
Nella dichiarazione a proposito della lettura del sutra, che tu, Onorevole Horen, mi hai inviato, affermi: «Per celebrare il tredicesimo anniversario della dipartita del mio amato padre ho recitato cinque volte il sutra dell’unico veicolo, il Sutra del Loto della Legge meravigliosa».
Il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, è noto come l’Onorato dal Mondo di Grande Illuminazione. Il carattere che significa “onorato” si può interpretare come “elevato” e il carattere che sta per “elevato” si può interpretare come “pietà filiale”. Ha il titolo di Onorato dal Mondo perché è il primo fra tutte le persone note per la loro pietà filiale.
Il corpo del Tathagata Shakyamuni era di colore dorato e dotato delle trentadue caratteristiche maggiori. Tra queste, c’era l’invisibile sommità della testa, chiamata così perché, sebbene il Budda fosse alto sedici piedi, il brahmano della scuola del Bastone di bambù non poté misurare la sua altezza20 e il dio Brahma non poté vedere la sommità del suo capo. Egli acquisì tale caratteristica perché era un grand’uomo e il primo nella devozione filiale.
Esistono due testi della pietà filiale. Uno è un’opera non buddista, il Classico della pietà filiale del santo Confucio. L’altro è un testo buddista, l’opera nota come Sutra del Loto. Sebbene differiscano per essere uno un testo buddista e l’altro no, il loro intento è lo stesso.
Che cosa ispirò Shakyamuni a dedicarsi per un numero di kalpa equivalenti ai granelli di polvere alla pratica religiosa nell’intento di conseguire la Buddità? Nient’altro che la devozione filiale. Tutti gli esseri viventi dei sei sentieri e delle quattro forme di nascita sono nostri padri e madri. Per questo Shakyamuni, finché non fu in grado di trattarli con devozione filiale, si astenne dal diventare un Budda.
Il Sutra del Loto offre un mezzo segreto per condurre tutti gli esseri viventi alla Buddità: esso vi conduce una persona del regno d’inferno, una del regno degli spiriti affamati e così via per ognuno dei nove regni dell’esistenza, aprendo così la strada del conseguimento della Buddità a tutti gli esseri viventi. È come quello che succede alle giunture di una canna di bambù: se ne viene spezzata una, anche le altre si divideranno. Oppure è come la mossa chiamata shicho21 nel gioco del go: se una pietra è dichiarata “morta”, molte altre “morranno”. È così anche per il Sutra del Loto.
Il metallo ha il potere di tagliare alberi e piante e l’acqua ha il potere di estinguere qualsiasi fuoco. Allo stesso modo il Sutra del Loto ha il potere di condurre alla Buddità tutti gli esseri viventi.
Tra gli esseri viventi dei sei sentieri e delle quattro forme di nascita vi sono uomini e donne. In qualche punto delle nostre passate esistenze, tutti questi uomini e donne sono stati nostri genitori e perciò finché anche uno solo di loro manca di conseguire la Buddità, anche noi non possiamo diventare Budda.
Quindi i due veicoli sono definiti come persone che non sanno ripagare i debiti di gratitudine e che non potranno mai conseguire la Buddità perché il loro senso di devozione filiale non abbraccia tutti incondizionatamente.
Il Budda si illuminò al Sutra del Loto e la sua persona fu dotata dei benefici derivanti dalla pietà filiale per le madri e i padri dei sei sentieri e delle quattro forme di nascita.
Tali benefici goduti dal Budda possono essere da lui trasmessi a chi ripone fede nel Sutra del Loto, come il cibo ingerito da una madre amorevole che si trasforma in latte per nutrire il suo bambino. Il Budda ha detto: «Tuttavia questo triplice mondo costituisce il mio dominio e gli esseri che ci vivono sono tutti miei figli»22.
Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, prende questi benefici e li porge, sotto forma delle parole che compongono il Sutra del Loto, alla bocca di tutti gli esseri viventi perché possano assaporarli. Un bambino non conosce la differenza tra l’acqua e il fuoco e non sa distinguere la medicina dal veleno. Ma quando succhia il latte la sua vita viene nutrita e sostenuta. Una persona può non essere padrona dei sutra Agama come lo era Shariputra, può non comprendere il Sutra della Ghirlanda di fiori bene come il Bodhisattva Luna della Liberazione e può non aver memorizzato tutti i sacri insegnamenti esposti dal Budda nel corso della sua vita come fece il Bodhisattva Manjushri, ma, se ascolta anche una sola parola o frase del Sutra del Loto, non può mancare di conseguire la Buddità.
Le cinquemila persone di smisurata arroganza23 che ascoltarono il Sutra del Loto, ma non lo compresero, erano persone che mancavano di fede. Ma, poiché non lo offesero, dopo che furono trascorsi tre mesi poterono conseguire la Buddità. A queste persone si riferisce il Sutra del Nirvana quando afferma: «Che abbiano fede oppure no, rinasceranno tutti nell’inamovibile terra della Buddità».
Nel caso del Sutra del Loto, persino chi non ha fede in esso, purché non lo offenda, una volta che l’ha udito conseguirà misticamente la Buddità. È come una persona morsa dal rettile chiamato serpente dei sette passi che può riuscire a fare un passo o anche sette passi, ma non riuscirà a muovere un ottavo passo24 a causa del misterioso effetto del veleno. Oppure è come accade all’embrione nell’utero che, nell’arco di sette giorni, immancabilmente cambia forma. Non accadrà mai che mantenga la stessa forma per otto giorni.
E tu, Onorevole Horen, al momento sei in una situazione simile. I benefici del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, sono già stati trasferiti alla tua persona. E la tua persona è la continuazione del volto e della forma del tuo defunto padre.
È come un seme che mette germogli o un fiore che produce il frutto. Anche se il fiore cade, il frutto rimane, anche se il seme è nascosto alla vista, è visibile il germoglio.
Così i benefici di cui tu godi sono in realtà tesori appartenenti al tuo defunto padre. Quando il pino prospera il cipresso è contento e quando l’erba appassisce le orchidee piangono. Se perfino esseri privi di sentimenti come le piante e gli alberi si comportano in questo modo, a maggior ragione lo farà chi è dotato di sentimenti, per non parlare di coloro che hanno un legame di padre e figlio.
Nella dichiarazione a proposito della lettura del sutra, tu affermi: «Dal mattino in cui il mio amato padre chiuse gli occhi fino al tredicesimo anniversario della sua morte, ho recitato la parte in versi del capitolo “Durata della vita” davanti al Tathagata Shakyamuni e ne ho ceduto i meriti allo spirito del defunto».
Al momento sembra che i giapponesi abbiano fede nell’insegnamento del Budda, ma nei tempi antichi, prima che il Buddismo fosse introdotto in questo paese, la gente non sapeva niente né del Budda né dei suoi insegnamenti. Solo dopo lo scontro tra Moriya e il principe Jogu alcuni presero fede nel Buddismo, altri non lo fecero.
La stessa situazione si verificò in Cina. Dopo avervi introdotto il Buddismo, Matanga tenne un dibattito con i taoisti e, quando questi vennero sconfitti, ci furono per la prima volta persone che credettero nel Buddismo, anche se furono molte di più quelle che non credettero.
In Cina c’era un abilissimo calligrafo di nome Wu-lung al quale molti ricorrevano per la sua arte. Ma egli si rifiutava di scrivere sutra buddisti, chiunque glielo chiedesse. Quando fu sul letto di morte fece chiamare al suo capezzale il figlio I-lung e gli disse: «Tu sei nato nella nostra famiglia e hai ereditato il talento per l’arte della calligrafia. In segno di devozione filiale verso di me non devi mai trascrivere i sutra buddisti. In particolare, non devi trascrivere il Sutra del Loto! Lao Tzu, che onoro come mio maestro, porta il titolo di Onorato del Cielo. Nel cielo non possono esistere due soli, eppure nel Sutra del Loto il Budda dichiara: “Io sono l’unica persona [che può salvarli e proteggerli]”25. Questa affermazione mi sembra veramente oltraggiosa. Se non terrai fede alle mie ultime parole e trascriverai un testo buddista, mi trasformerò istantaneamente in uno spirito maligno e porrò termine alla tua vita».
Detto questo, la sua lingua si spaccò in otto pezzi, la sua testa si ruppe in sette parti, dai suoi cinque organi di senso sgorgò sangue ed egli spirò. Ma il figlio, incapace di distinguere il buono dal cattivo, non comprese che il padre aveva manifestato questi cattivi segni ed era caduto nell’inferno Avichi per aver offeso la Legge. Perciò obbedì alle ultime volontà del padre e non trascrisse i sutra buddisti né tantomeno si permise di recitarli personalmente.
E continuò così per qualche tempo. Regnava allora il re Ssu-ma il quale, desiderando far trascrivere i testi di alcuni sutra in occasione di una festa buddista, si informò su chi fosse il più abile calligrafo di tutta la Cina e venne a sapere che era I-lung. Così lo convocò e gli espose i suoi desideri, ma I-lung rifiutò ripetutamente l’incarico. Il re, non riuscendo a convincerlo, fece scrivere il testo dei sutra da un altro calligrafo, ma non fu soddisfatto del risultato. Allora mandò a chiamare ancora una volta I-lung e gli disse: «Mi hai informato che ti rifiuti di eseguire le trascrizioni dei sutra che ti ho chiesto per rispettare le ultime volontà di tuo padre. Sebbene non sia una scusa valida, per ora l’accetterò. Perciò ti chiedo di scrivere solo i titoli del sutra».
Per tre volte il sovrano ripeté il suo comando, ma I-lung continuò a rifiutare. Allora il sovrano con espressione rannuvolata dalla collera disse: «Tutto ciò che è in cielo e in terra cade sotto la giurisdizione del re. E se è così, anche il tuo defunto padre non è forse un nostro suddito? Non puoi disdegnare un incarico ufficiale per delle semplici ragioni private! Devi trascrivere almeno i titoli del sutra. Se ti rifiuti, anche se questo luogo è sede di una festa buddista, sarai decapitato all’istante!».
Così I-lung trascrisse solo i titoli del sutra. Egli scrisse: “Myoho-renge-kyo, volume uno” e così per ogni volume fino al volume otto.
Quando calò la sera e fece ritorno a casa, si disse sospirando: «Ho violato le ultime volontà di mio padre e, poiché l’ordine del re non mi lasciava scelta, ho trascritto un sutra buddista e ho agito in maniera non filiale. Le divinità del cielo e della terra saranno sicuramente in collera con me e mi considereranno un cattivo figlio!».
Così dicendo, si addormentò. Nel sogno gli apparve una grande luce chiara come il sole del mattino e vide un essere celeste che stava in piedi nel suo cortile accompagnato da innumerevoli seguaci. Sospesi sulla testa dell’essere celeste stavano sessantaquattro Budda. I-lung giunse le mani e disse: «Chi sarà mai quest’essere celeste?».
L’essere replicò: «Sono tuo padre, Wu-lung. Per aver offeso gli insegnamenti del Budda, la mia lingua si spaccò in otto pezzi, dai miei cinque organi di senso sgorgò sangue, la mia testa si ruppe in sette parti e io caddi nell’inferno di incessante sofferenza. I terribili tormenti che ho patito al momento della morte sono stati insopportabili, ma le sofferenze che seguirono quando mi trovai nell’inferno di incessante sofferenza furono cento, mille, milioni di volte peggiori! Il dolore che una persona proverebbe nel mondo umano se gli scalzassero le unghie con un coltello spuntato o gli tagliassero la testa con una sega, se fosse costretta a camminare sui carboni ardenti e fosse rinchiusa in una gabbia di spine, non sarebbe niente in confronto ai miei dolori. Desideravo intensamente trovare un modo per informarti della mia condizione, ma non riuscivo a pensarne alcuno. Non so dire quanto ho rimpianto di aver lasciato come mie ultime volontà sul letto di morte l’ordine di non trascrivere mai i sutra buddisti! Ma era troppo tardi per i rimorsi e, per quanto mi disprezzassi per ciò che avevo fatto o maledicessi la mia lingua, era tutto inutile.
«Poi ieri mattina il singolo carattere myo, con cui ha inizio il titolo del Sutra del Loto, giunse librandosi nell’aria sopra quel calderone che è l’inferno di incessante sofferenza e lì si trasformò in un Budda Shakyamuni color dell’oro. Questo Budda possedeva le trentadue caratteristiche maggiori e il suo volto era come la luna piena. Egli disse a voce alta: “Persino coloro che hanno distrutto un numero di buone cause sufficiente a riempire l’intero regno dei fenomeni, se ascoltano anche un’unica volta il Sutra del Loto, non mancheranno di ottenere l’illuminazione”.
«Poi da quest’unico carattere myo cominciò a cadere una fitta pioggia che spense le fiamme dell’inferno di incessante sofferenza. Re Yama chinò la testa coronata in segno di rispetto, i guardiani dell’inferno gettarono i loro bastoni e rimasero sugli attenti e tutti i peccatori dell’inferno si guardarono intorno stupefatti, chiedendosi cosa fosse successo.
«Poi nell’aria apparve il carattere ho che subì la stessa trasformazione, seguito dal carattere ren, dal carattere ge e dal carattere kyo. In questo modo apparvero sessantaquattro caratteri26 che diventarono sessantaquattro Budda. I sessantaquattro Budda apparsi nell’inferno di incessante sofferenza furono come sessantaquattro soli e lune che sorgono nel cielo. Poi dal cielo scese l’amrita, la dolce rugiada, e cadde sui condannati.
«I condannati chiesero ai Budda perché stessero accadendo questi meravigliosi eventi e i sessantaquattro Budda risposero così: “I nostri corpi dorati non vengono dal legno di sandalo, né dalle montagne preziose. Essi derivano dagli otto caratteri moltiplicati per otto, i sessantaquattro caratteri che compongono i titoli degli otto volumi del Sutra del Loto, trascritti da I-lung, il figlio di Wu-lung che si trova qui nell’inferno di incessante sofferenza. La mano di I-lung è parte del corpo generato da Wu-lung ed è come se i caratteri scritti da quella mano fossero stati scritti dallo stesso Wu-lung”.
«Dopo che i Budda ebbero parlato così, i condannati all’inferno di incessante sofferenza dissero: “Quando eravamo nel mondo di saha anche noi avevamo figli, mogli e seguito. Ci siamo chiesti come mai nessuno di loro avesse eseguito cerimonie religiose per il nostro riposo e abbiamo pensato che forse, anche se le avevano fatte, l’effetto delle loro azioni meritorie era troppo debole per raggiungerci fin qui. A nulla sono valsi i nostri lamenti. Sono trascorsi un giorno, due giorni, un anno, due anni, mezzo kalpa, un intero kalpa e ora infine abbiamo incontrato un buon amico in grado di salvarci”. Così anche noi siamo diventati seguaci [del Budda] e ora stiamo per ascendere al cielo dei trentatré dèi. Sono venuto a porgerti i miei rispetti prima di andare». Così parlò l’essere celeste.
Nel sogno I-lung era pieno di gioia. Dopo la separazione dal padre si era chiesto in quale mondo lo avrebbe rivisto. Ma ora poteva vedere la figura di suo padre e incontrare anche i Budda. Poi i sessantaquattro Budda annunciarono: «Noi non serviamo un maestro in particolare. Tu sarai il nostro signore, da oggi in poi ti proteggeremo come se fossi un nostro genitore. Sii diligente. Quando la tua vita giungerà al termine verremo sicuramente per condurti nella corte interna del cielo Tushita». Questa fu la loro promessa.
I-lung, colmo di timore riverenziale, pronunciò il seguente giuramento: «Da oggi in poi non trascriverò più nemmeno un singolo carattere delle scritture non buddiste». Era simile al giuramento del Bodhisattva Vasubandhu che fece voto di non recitare mai più i sutra hinayana o a Nichiren quando dichiarò che non avrebbe mai più recitato il nome del Budda Amida.
I-lung, dopo essersi risvegliato dal sogno, riferì al sovrano ciò che era accaduto e questi proclamò: «La cerimonia buddista è ora completa. Scrivi una preghiera che descriva gli eventi che si sono verificati». I-lung fece come gli era stato ordinato e i cinesi e i giapponesi giunsero a prendere fede nel Sutra del Loto. Questi eventi sono descritti nell’opera cinese intitolata Il Sutra del Loto e le sue tradizioni.
Questi sono i benefici che derivano dalla trascrizione del sutra, ma, fra le cinque pratiche, la pratica di trascrivere il sutra produce i minori benefici; molto maggiori, incommensurabili e illimitati, saranno i benefici che derivano dalla lettura e recitazione del sutra.
Per quanto riguarda i benefici acquisiti da te che hai condotto i riti funebri recitando per tredici anni ogni mattina la sezione in versi del capitolo “Durata della vita”, essi «possono essere compresi e condivisi solo tra Budda»27.
Il Sutra del Loto rappresenta l’ossatura e il midollo di tutti i sacri insegnamenti della vita del Budda e la sezione in versi del capitolo “Durata della vita” rappresenta l’anima dei ventotto capitoli del sutra. I vari Budda delle tre esistenze considerano il capitolo “Durata della vita” come la loro stessa vita e i bodhisattva delle dieci direzioni ne considerano la sezione in versi come i propri occhi.
Ma non sta a me descrivere i benefici che derivano dalla sezione in versi del capitolo “Durata della vita”. Farò piuttosto riferimento al capitolo successivo, “Distinzioni dei benefici”, che li tratta diffusamente. Esso afferma che le persone che divennero Budda dopo aver udito la suddetta sezione in versi sono numerose quanto i granelli di polvere di un sistema minore o maggiore di mondi. Inoltre, coloro che ottennero l’illuminazione ascoltando i sei capitoli, dal capitolo “Re della Medicina” in poi, erano quelli che erano rimasti non illuminati dopo [aver ascoltato] la sezione in versi del capitolo “Durata della vita”. E, nei quaranta volumi del Sutra del Nirvana, il Budda spiega ancora una volta i benefici della sezione in versi ai cinquantadue tipi di esseri che si erano radunati.
È chiaro che i grandi bodhisattva, gli esseri celesti e gli altri, numerosi come i granelli di polvere dei mondi delle dieci direzioni, che si radunarono come nuvole in occasione della predicazione [del sutra della Ghirlanda di fiori] nel luogo dell’illuminazione, i vari santi presenti alla predicazione del Sutra della Grande raccolta e dell’Ampio Sutra della Saggezza e i milleduecento e più onorati che ascoltarono il Sutra di Mahavairochana e il Sutra della Corona di diamanti – erano persone che nel passato avevano ascoltato la sezione in versi del capitolo “Durata della vita” del Sutra del Loto, ma a causa della debolezza della loro fede non erano riusciti a ottenere l’illuminazione, nemmeno dopo periodi di tempo di lunghezza incalcolabile – pari a tanti kalpa quanti i granelli di polvere di un sistema maggiore di mondi o a tanti kalpa quanti i granelli di polvere di innumerevoli sistemi maggiori di mondi. Però, quando incontrarono il Budda Shakyamuni, i benefici del Sutra del Loto si erano sviluppati ed essi poterono ottenere l’illuminazione attraverso i sutra predicati prima del Sutra del Loto senza dover aspettare l’assemblea sul Picco dell’Aquila.
Di conseguenza tutti i Budda delle dieci direzioni conseguirono la Buddità con la sezione in versi del capitolo “Durata della vita” come maestro. Questa sezione in versi è come un padre o una madre per tutte le persone del mondo.
Una persona che abbraccia il capitolo “Durata della vita” del Sutra del Loto sostiene la vita di tutti i Budda. Come potrebbe un Budda abbandonare una persona che abbraccia il sutra con il quale egli ha ottenuto l’illuminazione? Se un Budda l’abbandonasse, sarebbe come abbandonare se stesso.
Supponiamo che una donna abbia generato tremila illustri guerrieri, del calibro di Tamura o Toshihito28: chi si inimica una donna simile, avrà quei tremila generali come nemici. Allo stesso modo, chiunque tratti da nemica una persona che abbraccia la sezione in versi del capitolo “Durata della vita” del Sutra del Loto sta inimicandosi tutti i Budda delle tre esistenze.
Tutti i caratteri che compongono il Sutra del Loto sono dei Budda viventi, ma con i nostri occhi di persone comuni li vediamo come caratteri. È come l’esempio del fiume Gange: gli spiriti affamati vedono le acque del fiume come fuoco, gli esseri umani come acqua e gli esseri celesti come amrita. L’acqua è sempre la stessa, ma ciascun essere la vede in modo differente, secondo gli effetti del proprio karma.
Così è per i caratteri del Sutra del Loto: un cieco non li vede affatto, l’occhio della persona comune li vede di colore nero, le persone dei due veicoli li vedono come “vuoto”, i bodhisattva vedono in essi vari colori, mentre una persona in cui sono pienamente maturati i semi della Buddità li vede come Budda. Il sutra dichiara: «Chi lo sostiene, starà sostenendo il corpo del Budda»29. E T’ien-t’ai afferma: «Questo Sutra del Loto della Legge meravigliosa davanti al quale chino il capo, ha una custodia, otto rotoli, ventotto capitoli e 69.384 caratteri; ogni suo singolo carattere è il vero Budda che predicò la Legge a beneficio degli esseri viventi»30.
Alla luce di questo, possiamo dire che ogni mattina il prete Horen [quando recita la sezione in versi del capitolo “Durata della vita”] emette dalla bocca caratteri color dell’oro. Questi caratteri sono cinquecentodieci, ciascuno di essi si trasforma in un sole e ciascun sole si trasforma in un Tathagata Shakyamuni. Essi emanano grandi raggi di luce che penetrano la terra e splendono sui tre cattivi sentieri e sulla grande fortezza dell’inferno di incessante sofferenza. Essi splendono anche verso est, ovest, nord e sud e in basso e in alto fino a salire al regno dove non esiste più né pensiero né assenza di pensiero31. Essi visitano il regno in cui dimora il tuo defunto padre, ovunque possa essere, e gli parlano.
«Chi pensi che siamo? Siamo i caratteri della sezione in versi del capitolo “Durata della vita” del Sutra del Loto che tuo figlio Horen recita ogni mattina. Questi caratteri saranno i tuoi occhi, i tuoi orecchi, i tuoi piedi e le tue mani!». Così si rivolgono premurosamente a lui.
In quel momento il tuo defunto padre dirà: «Mio figlio Horen non è un figlio, ma un buon amico» e si volgerà a rendere omaggio in direzione del mondo di saha; perché il tuo è un atto di vera devozione filiale.
Noi parliamo di abbracciare il Sutra del Loto. Ma, anche se il sutra è uno solo, la maniera in cui lo abbracciamo può variare da un periodo al successivo. Ci sono epoche in cui una persona consegue la Buddità strappandosi letteralmente la carne per offrirla al suo maestro, oppure offre al maestro il proprio corpo come giaciglio, o addirittura come legna da ardere. In altri tempi ancora, una persona può sopportare colpi di bastone per amore del sutra o praticare le austerità religiose oppure osservare vari precetti. E ci sono tempi in cui, anche facendo tutte le cose sopra descritte, non si consegue la Buddità. Non è qualcosa di fisso, dipende dall’epoca.
Per questo il Gran Maestro T’ien-t’ai dichiara che si dovrebbe usare il metodo che «si accorda con il tempo»32. E il Gran Maestro Chang-an dice: «Dovreste compiere le scelte più appropriate e non aderire unicamente all’uno o all’altro»33.
Domanda: In quali epoche bisogna offrire il proprio corpo e in quali si devono osservare i precetti?
Risposta: Una persona sapiente è quella che comprende il tempo e diffonde il Sutra del Loto in accordo con il tempo; questo è il compito più importante. Se una persona ha la gola secca, ciò di cui ha bisogno è l’acqua, non gli serviranno archi e frecce, armi e bastoni. Se una persona è nuda desidera una veste, non ha bisogno di acqua. Da questi esempi puoi arguire quale sia il principio generale.
Se un grande demone si adoperasse a diffondere gli insegnamenti del Sutra del Loto, dovremmo offrirgli il nostro corpo in elemosina; sarebbe inutile donargli altro cibo o vestiario.
Se un cattivo sovrano volesse distruggere gli insegnamenti del Sutra del Loto, non bisognerebbe obbedirgli, anche a costo della propria vita. E se dei preti eminenti che osservano i precetti e praticano le austerità, sembrano diffondere gli insegnamenti del Sutra del Loto, ma in realtà li stravolgono, bisogna capire quale sia la verità e rimproverarli.
Il Sutra del Loto afferma: «Senza curarci dei nostri corpi o delle nostre vite, avremo a cuore solo la via suprema»34. E il Sutra del Nirvana afferma: «Per esempio, un inviato del re […] preferirebbe perdere la vita, piuttosto che nascondere anche una sola parola del suo sovrano». Il Gran Maestro Chang-an commenta: «“[Un inviato del re… preferirebbe] perdere la vita, piuttosto che nascondere anche una sola parola del suo sovrano” significa che il corpo è insignificante mentre la Legge è suprema. Si dovrebbe dare la vita per propagare la Legge»35.
A giudicare dalle apparenze, al momento io, Nichiren, sono l’uomo più irragionevole di tutto il Giappone. Tra tutte le centinaia, migliaia, decine di migliaia o milioni di persone delle quattro categorie di credenti, nelle sessantasei province e nelle due isole esterne36 del nostro paese, io sono detestato dall’intera popolazione, sia di alta che di bassa estrazione sociale. Nei settecento anni e più trascorsi dall’introduzione del Buddismo in Giappone, non è esistita una persona che sia stata tanto odiata a causa del Sutra del Loto, né ho mai udito che sia esistita in India o in Cina e non credo nemmeno che avrebbe potuto esistere. Così io sono l’uomo più irragionevole di Jambudvipa.
A causa di questo, temendo l’autorità del governo e preoccupati degli scherni del volgo, nemmeno i miei parenti osano farmi visita, per non parlare degli estranei. Anche persone che sono state aiutate da me, non solo in questioni religiose ma anche in affari secolari, timorose degli occhi degli altri, per porre fine alle chiacchiere fanno mostra di condannarmi, anche se in cuor loro non lo pensano.
Parecchie volte ho incontrato difficoltà e due volte sono incorso nell’ira delle autorità. Non sono stato punito soltanto io, ma anche alcune persone a me legate. Sono state condannate dalle autorità, o private delle terre e licenziate dai propri signori, oppure sono state abbandonate dai genitori e dai fratelli. Come conseguenza, sono stato abbandonato da coloro che mi avevano seguito e al momento non ho seguaci.
In particolare, nel caso della più recente punizione del governo, dovevo essere giustiziato e invece, per qualche ragione sconosciuta, mi hanno esiliato nella provincia insulare di Sado. La maggior parte di coloro che vengono esiliati in quella provincia muore, pochi sopravvivono. E quando infine riuscii a raggiungere il luogo del mio esilio, venni trattato come se avessi commesso un crimine peggiore dell’assassinio o del tradimento.
Da quando lasciai Kamakura per Sado, sembrava che dovessi affrontare un numero di potenti nemici ogni giorno più grande: le persone che incontravo erano tutte sostenitrici del Nembutsu e, mentre attraversavo i campi e le montagne, udendo il fruscio dell’erba e degli alberi agitati dal vento lungo la strada, pensavo che fossero i miei nemici che stavano per attaccarmi.
Finalmente raggiunsi la provincia di Sado e, conformemente alla natura di quella terra settentrionale, trovai un vento particolarmente forte in inverno, neve alta, vesti leggere e cibo scarso. Compresi allora come un albero di mandarino, sradicato e trapiantato in una sede differente, potesse diventare in maniera naturale un albero di arancio trifogliato37.
La mia dimora era una capanna di paglia in rovina in mezzo a un fitto campo di eulalia e ginerio dove venivano seppelliti i cadaveri. La pioggia filtrava all’interno e i muri non proteggevano dal vento. L’unico suono che giorno e notte giungeva ai miei orecchi era il sibilo del vento accanto al mio cuscino e ogni mattina la vista che si presentava ai miei occhi era quella della neve che seppelliva le strade vicine e lontane. Mi sentivo come se fossi passato attraverso il regno degli spiriti affamati e fossi caduto da vivo in uno degli inferni freddi38. Feci la stessa esperienza di Su Wu che fu tenuto prigioniero per diciannove giorni nella terra dei barbari del nord e si nutrì di neve per mantenersi in vita o di Li Ling che abitò sei anni in una caverna nella roccia, coperto solo da un mantello di paglia.
Poi capitò che la condanna all’esilio fosse condonata, ma mi resi conto che neanche Kamakura era un luogo sicuro per me e che non era il caso di rimanerci per qualche tempo. Così ho nascosto il mio corpo e dato pace alla mia mente tra questi pini e montagne rocciose. Ma, a parte la terra per nutrirmi e l’erba per coprirmi, non ho modo di procurarmi altro cibo e vestiario. Mi chiedo quali sentimenti ti abbiano spinto a farti strada in un luogo simile per venire a visitarmi.
Forse gli spiriti dei miei defunti genitori sono entrati in te? O si tratta di un dono dell’Onorato dal Mondo di Grande Illuminazione? Non riesco a trattenere le lacrime!
Domanda: Hai parlato del grande terremoto dell’era Shoka e della grande cometa dell’era Bun’ei39, e hai detto che il nostro paese dovrà affrontare la rivolta interna e l’invasione straniera perché non ha prestato ascolto al Sutra del Loto. Posso chiedertene le ragioni?
Risposta: Calamità celesti e strani fenomeni sulla terra come questi due non si trovano nei tremila o più volumi delle scritture non buddiste. Nelle Tre cronache, nei Cinque canoni e in Cronache dello storico vengono descritte grandi comete e grandi terremoti, ma si tratta di comete con code lunghe uno o due piedi, dieci o venti, al massimo cinquanta o sessanta piedi, nessuna ha una coda che abbraccia il cielo intero. Lo stesso vale per l’intensità dei terremoti descritti in queste opere. Ed esaminando le scritture buddiste troviamo che durante l’intero periodo trascorso dalla morte del Budda non si sono mai verificati presagi simili a questi.
Nemmeno in India quando il re Pushyamitra spazzò via gli insegnamenti buddisti dalle cinque regioni, bruciò templi e pagode nei sedici grandi stati e tagliò la testa a monaci e monache, si verificarono simili presagi. In Cina, quando l’imperatore dell’era Hui-ch’ang40 abolì più di 4.600 templi e monasteri e costrinse 260.500 monaci e monache a fare ritorno alla vita secolare, non ci furono manifestazioni di questo tipo. Nel nostro paese, dopo l’introduzione del Buddismo durante il regno dell’imperatore Kimmei, Moriya si oppose al Buddismo, il prete Kiyomori bruciò i sette maggiori templi di Nara e i preti del Monte Hiei ridussero in cenere il tempio Onjo, ma nemmeno allora apparvero comete così grandi.
Mi parve essenziale che le persone sapessero di un evento ancor più importante che si sarebbe verificato in questo nostro mondo di Jambudvipa, e scrissi un trattato dal titolo Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese e lo sottoposi a Sua signoria il prete laico del Saimyo-ji. In quell’opera affermavo (e qui lo riassumo): «Questo grande presagio [il grande terremoto] è un segno che il nostro paese sta per essere distrutto da un altro paese. Ciò accadrà perché i preti Zen, Nembutsu e di altre scuole stanno cercando di distruggere il Sutra del Loto. A meno che le teste di questi preti non vengano tagliate e gettate sulla spiaggia di Yui a Kamakura41, il paese verrà sicuramente distrutto».
In seguito, quando apparve la grande cometa dell’era Bun’ei, ebbi in mano la conferma del disastro e mi convinsi sempre più.
Il dodicesimo giorno del nono mese dell’ottavo anno dell’era Bun’ei (1271), quando incorsi nell’ira delle autorità, ripetei il mio avvertimento con queste parole: «Io sono il pilastro del Giappone. Se perdete me, il paese è perduto!». A quel tempo sapevo che era improbabile che il mio consiglio fosse seguito, ma volli darlo comunque perché fosse ricordato nel futuro.
Ancora, l’ottavo giorno del quarto mese dello scorso anno (1274), quando fui interrogato da Hei no Saemon-no-jo, egli mi chiese quando le forze mongole avrebbero invaso il Giappone. Replicai che nei sutra non erano chiaramente indicati né il mese né l’anno ma, poiché in quei giorni gli occhi del cielo erano così pieni di collera, sicuramente sarebbe accaduto entro l’anno.
La gente può chiedersi come mai io conosca queste cose. Io sono una persona di poco conto, ma sto adoperandomi per diffondere l’insegnamento del Sutra del Loto. Quando il sovrano, i ministri e il popolo di un paese si dimostrano ostili al devoto del Sutra del Loto, allora gli dèi della terra e del cielo e gli dèi che erano presenti alla predicazione del Sutra del Loto e avevano giurato di proteggere il suo devoto cominceranno gli uni ad agitarsi furiosi e gli altri a emettere raggi di luce per minacciare il paese. E se, nonostante tutte le rimostranze, il sovrano e i ministri non presteranno ascolto a questi ammonimenti, alla fine gli dèi si impossesseranno degli esseri umani, causando la rivolta all’interno del paese e l’attacco dall’esterno.
Domanda: Che prova puoi addurre per queste affermazioni?
Risposta: Un sutra afferma: «Dato che gli uomini malvagi sono rispettati e prediletti mentre gli uomini buoni sono sottoposti a punizioni, le stelle e le costellazioni, i venti e le piogge non si presentano nelle stagioni giuste »42.
In effetti, il cielo e la terra sono lo specchio del paese. Nel nostro paese si stanno verificando calamità nel cielo e strani fenomeni sulla terra, quindi il sovrano dello stato dev’essere colpevole di qualche errore. La situazione è chiaramente riflessa come in uno specchio, dunque è inutile discuterne. Se il sovrano fosse colpevole soltanto di piccoli errori, lo specchio celeste mostrerebbe solo piccole calamità. Ma poiché stiamo assistendo a grandi calamità, significa che il sovrano sta commettendo grandi errori.
Il Sutra dei Re benevolenti parla di innumerevoli disastri minori, di ventinove disastri medi e di sette disastri maggiori. Uno dei nomi di questo sutra è dei Re benevolenti, ma un altro è Specchio del cielo e della terra. E tale sutra può essere usato come uno “specchio del cielo e della terra” in cui cogliere un nitido riflesso del sovrano del paese. Inoltre il sutra afferma: «Dopo che i santi si saranno allontanati accadranno sicuramente i sette disastri».
Da ciò si deve capire che nel nostro paese esiste un grande santo. E si dovrebbe capire anche che il sovrano del paese non ha fede in questo santo.
Domanda: Nelle epoche precedenti, quando vennero distrutti i templi buddisti, perché non apparvero presagi simili a quelli che vediamo adesso?
Risposta: I presagi che appaiono sono grandi o piccoli a seconda che gli errori che li causano siano gravi o trascurabili. I presagi apparsi in questa occasione danno molto da pensare. Infatti non si sono verificati soltanto una o due volte, non solo in una o due occasioni, ma diventano sempre più frequenti col passare del tempo. Da ciò dovresti capire che gli errori che il sovrano del paese sta commettendo sono più seri di quelli commessi dai sovrani delle epoche precedenti e che per un sovrano è un errore più grave trattar male un santo piuttosto che uccidere un gran numero di persone comuni, di ministri o i suoi stessi genitori.
Attualmente, in Giappone, il sovrano, i ministri e il popolo stanno commettendo gravi colpe, mai viste in India, Cina o altrove nell’intero continente di Jambudvipa per i 2.220 anni e più trascorsi dalla morte del Budda. È come se tutte le persone dei mondi delle dieci direzioni colpevoli di commettere qualcuno dei cinque peccati capitali si fossero radunate in un unico luogo.
Tutti i preti di questo paese sono stati posseduti dagli spiriti di Devadatta e di Kokalika e il sovrano del paese è la reincarnazione di re Ajatashatru o di re Virudhaka. Quanto ai ministri e al popolo, è come se uomini malvagi come i ministri Varshakara e Chandrakirti, o come Sunakshatra e Girika, si fossero radunati e fossero diventati il popolo del Giappone.
Nei tempi antichi, quando due o tre persone si rendevano colpevoli di uno qualsiasi dei cinque peccati capitali o di cattiva condotta filiale, la terra si spalancava sotto di loro per inghiottirle. Ma ora il paese intero è pieno di persone simili. Così tutta la terra su cui poggia il Giappone dovrebbe spalancarsi in un istante e l’intero paese cadere nell’inferno di incessante sofferenza. Non avrebbe senso che si aprisse per inghiottire soltanto una o due persone.
Per esempio, una persona anziana può strapparsi qualche capello bianco qua e là, ma quando diventa veramente vecchia, tutta la sua testa sarà bianca e non servirà più cercare di strapparsi i capelli uno a uno. L’unica cosa da fare è rasare la testa in un colpo solo.
Domanda: Tu sostieni dunque che queste calamità celesti e questi strani fenomeni sulla terra sorgono perché non si dà ascolto al devoto del Sutra del Loto. Ma l’ottavo volume del Sutra del Loto afferma: «Si spacchi la testa in sette pezzi»43 e il quinto volume afferma: «Se la gente parlerà male di lui o lo ingiurierà, le loro bocche verranno serrate e fermate»44. Perché allora, nonostante ti abbiano insultato e trattato con ostilità da molti anni, queste cose non sono accadute?
Risposta: Come risposta permettimi di chiederti a mia volta se a coloro che calunniarono, maledirono e picchiarono il Bodhisattva Mai Sprezzante venne serrata la bocca e si spaccò la testa.
Domanda: [No, non accadde]. Ma in tal caso non c’è forse una contraddizione nel testo del sutra?
Risposta: Ci sono due tipi di persone che dimostrano ostilità nei confronti del Sutra del Loto. Al primo tipo appartengono le persone che hanno coltivato le radici del bene nelle esistenze precedenti e che nella presente esistenza ricercano un legame con il Buddismo; esse nutrono il desiderio dell’illuminazione e sono in grado di conseguire la Buddità. Sono queste le persone a cui viene serrata la bocca o a cui si spacca la testa.
All’altro tipo appartengono le persone che hanno offeso la Legge nelle esistenze precedenti, che la offendono nella vita presente e che esistenza dopo esistenza continuano a creare un karma che le condanna all’inferno di incessante sofferenza. A queste persone, anche se ci maledicono, la bocca non verrà serrata. Sono come carcerati che sono stati condannati a morte: se mentre sono in carcere commettono qualche cattiva azione, non riceveranno un’altra punizione oltre alla sentenza di morte che è già stata comminata. Le persone che invece saranno un giorno rilasciate, se commettono una cattiva azione mentre sono in carcere, saranno punite.
Domanda: Dato che si tratta di un punto estremamente importante, posso chiederti di spiegarlo dettagliatamente?
Risposta: È spiegato nel Sutra del Nirvana e nel Sutra del Loto.
Nichiren